IL TERZO TOTALITARISMO

In scienze politiche, il concetto di totalitarismo è sotteso alle ideologie comuniste e fasciste, che proclamano apertamente la superiorità del tutto (la classe e la società nel comunismo e nel socialismo; lo stato nel fascismo; la razza nel nazional-socialismo) sul dominio privato (l’individuo).

Ad esse si contrappone l’ideologia liberale, ideologia in cui, al contrario, il privato (l’individuo) è collocato al di sopra del tutto (come se questo tutto non possa essere compreso). Il liberalismo quindi combatte i totalitarismi in generale, inclusi quelli del comunismo e del fascismo. Ma, così facendo, il termine “totalitarismo” rivela il suo legame con l’ideologia liberale — né i comunisti né i fascisti sarebbero d’accordo con il termine. Pertanto, chiunque usi la parola “totalitarismo” è un liberale, indipendentemente dal suo livello di consapevolezza.

A prima vista, l’immagine è perfettamente chiara e non lascia spazio ad equivoci: il comunismo è il primo totalitarismo, il fascismo è il secondo. E il liberalismo è la loro antitesi, negando il tutto e collocando il privato al di sopra di esso. Se ci fermiamo qui, possiamo riconoscere che l’Era Moderna ha sviluppato solo due ideologie totalitarie: il comunismo (il socialismo) e il fascismo (il nazismo), con le loro varianti e sfumature. Ma il liberalismo, che come teoria politica è apparsa prima delle altre due ed è durata più a lungo di queste, non potrebbe essere chiamato totalitario. Quindi l’espressione “terzo totalitarismo”, che suggerisce una estensione della nomenclatura delle ideologie totalitarie, includendo il liberalismo, non avrebbe senso.

Tuttavia, il tema del “terzo totalitarismo” potrebbe apparire nel contesto della sociologia classica francese (la scuola di Dürkheim) e nella filosofia postmoderna. La sociologia di Dürkheim sostiene che i contenuti della coscienza individuale si formano interamente sulla base della coscienza collettiva. In altre parole, la natura totalitaria di qualunque società, anche di quella individualistica e liberale, non può essere annullata. Pertanto, lo stesso fatto di dichiarare che l’individuo è il più alto valore e la misura di tutte le cose (liberalismo) è una proiezione della società, cioè una forma di influenza totalitaria e di induzione ideologica. L’individuo è un concetto sociale: senza la società, l’essere umano isolato non sa se egli è o no un individuo, e se l’individualismo è o no il più alto valore. L’individuo impara che egli è un individuo, una persona privata solo in una società dove l’ideologia liberale domina e diventa una funzione dell’ambiente sociale. Perciò, chi nega la realtà sociale e afferma l’individuo, ha in sé anche una natura sociale. Di conseguenza, il liberalismo è un’ideologia totalitaria che mette in evidenza, attraverso i metodi classici della propaganda totalitaria, che l’individuo è il valore più alto.

Questo è l’inizio di una critica sociologica della società borghese, non una critica socialista, ma una critica da un punto di vista sociologico, anche se spesso in Francia e in Occidente il socialismo e la sociologia si sono avvicinati l’un l’altro quasi al punto di identificarsi completamente (per esempio, nel lavoro di Pierre Bourdieu). In questo senso, il carattere totalitario del liberalismo è scientificamente provato e il termine “terzo totalitarismo” acquisisce una logica e una coerenza, anzichè essere uno scandaloso paradosso. Da qui, una serie di concetti sociologici, come ad esempio la “folla solitaria” (la foule solitaire — David Riesman) e altri.

La società liberale, opponendosi alle società di massa del socialismo e del fascismo, è diventata essa stessa una società massificata, standardizzata e stereotipata. Più l’uomo aspira ad essere qualcosa di extra-ordinario, di unico nel contesto del paradigma liberale, più egli diventa simile a tutti gli altri. Ciò che il liberalismo porta con sé è esattamente la standardizzazione e l’omogeneizzazione del mondo, che è la distruzione di tutte le forme di diversità e differenziazione.

Dall’altra parte, c’è la filosofia postmoderna. Nello spirito della ricerca di una radicale immanenza — caratteristica di tutta la Modernità — i postmodernisti sollevano la questione della figura dell’individuo. Secondo il loro punto di vista, individuo è sinonimo di totalitarismo, ma trasposto a livello micro. L’individuo è un micro-totalitarismo che proietta a un livello individuale e sub-individuale un apparato di repressione sul quale è costruito il totalitarismo normale. In uno spirito freudiano, i postmodernisti, vedendo la ragione come strumento per la repressione, l’alienazione e anche come proiezione, la identificano con lo Stato totalitario, che reprime la libertà dei cittadini imponendo su di loro il proprio punto di vista. L’individuo è quindi un concetto, una proiezione della distruzione e della violenza di una società totalitaria al suo livello più basso. I desideri e la forza creativa dell’individuo sono costantemente cancellati. Più di tutto, i postmodernisti credono che il totalitarismo sociale — il fascismo e il comunismo — semplicemente nasca dalla rigida struttura gerarchica totalitaria dell’individuo razionale. In tal modo, il concetto di totalitarismo liberale come “terzo totalitarismo” acquista un senso e diventa del tutto legittimo.

Quindi, il liberalismo è un’ideologia totalitaria e violenta, un mezzo per la repressione politica diretta e indiretta, per la pressione educativa e la feroce propaganda, che si autoproclama come non totalitaria, celando la sua vera natura. Questo è un fatto scientifico. Il concetto di terzo totalitarismo è del tutto coerente con la natura del liberalismo come concetto politico.

La Quarta Teoria Politica accetta pienamente questa nozione, in quanto permette di vedere il quadro completo che unifica tutte e tre le teorie politiche classiche della Modernità: a) liberalismo, b) comunismo e c) nazionalismo (fascismo). Tutte e tre sono totalitarie, sebbene in modo diverso. Allo stesso tempo, la Quarta Teoria Politica denuncia il carattere razzista di tutte e tre le teorie: il razzismo biologico dei nazisti, il razzismo di classe di Marx (evoluzione e progressismo universale) e il razzismo di civiltà, culturale e coloniale dei liberali (che era esplicito fino a metà del XX secolo e poi è diventato subliminale: vedi John Hobson in “The Eurocentric Conception of World Politics”). La Quarta Teoria Politica respinge tutti i tipi di totalitarismo: comunista, fascista e liberale. Il terzo totalitarismo (quello di tipo liberale) oggi è il più pericoloso, in quanto è quello che governa. Combatterlo è il compito principale.

La Quarta Teoria Politica offre una comprensione totalmente nuova del tutto e delle sue parti, al di fuori del contesto delle tre ideologie politiche della Modernità. Questa comprensione può essere chiamata un Mit-sein esistenziale. Ma in questa comprensione esistenziale dell’Essere (Dasein), non c’è l’esistenza atomizzata (la parte, l’individuo), né la somma degli individui (totalitarismo). Nella Quarta Teoria Politica, essere con gli altri significa esistere, costituire una presenza: una presenza viva di fronte alla morte. Noi stiamo insieme solo quando ci troviamo ad affrontare la nostra morte. La morte è sempre profondamente personale e, allo stesso tempo, in lei c’è qualcosa di universale, qualcosa che colpisce tutti. Pertanto, è necessario per noi parlare non di totalitarismo (una concezione meccanica che collega le parti e il tutto), bensì di un olismo esistenziale e organico. Il suo nome è il Popolo. Dasein existiert völkisch. Contro il “terzo totalitarismo”. Per un essere-per-la-morte. Mit-sein. Noi siamo il Popolo.

Traduttore: Donato Mancuso