PER UNA DECOSTRUZIONE DELLA DEMOCRAZIA

Presentiamo, per gentile concessione dell’editore, un ampio estratto del libro del filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin “Platonismo politico”, recentemente pubblicato per i tipi di AGA Editrice e ordinabile al seguente indirizzo: http://www.orionlibri.net/negozio/platonismo-politico/. Traduzione di Donato Mancuso. Curatore dell’opera: Maurizio Murelli. Con prefazione di Francesco La Manno e introduzione di Andrea Scarabelli. 

 

La democrazia oggi non può essere discussa obiettivamente. Essa non è un concetto neutrale: dietro la «democrazia», intesa come regime politico e corrispondente sistema di valori, si cela l’Occidente, l’Europa e gli Stati Uniti. Per costoro la «democrazia» rappresenta una forma di culto laico o uno strumento di dogmatica politica, per cui, per essere pienamente accettati nella società occidentale, è necessario essere da principio «per» la democrazia. Chi la mette in discussione cade fuori dal campo della correttezza politica. […]

 

È allora opportuno ricordare che la democrazia non è un concetto autoevidente. Essa può essere accettata o respinta, istituita o demolita. Sono esistite società splendide senza democrazia e società detestabili con la democrazia, ma anche l’esatto contrario. La democrazia è un progetto umano, una costruzione, un programma, non un destino. Può essere scartata o accolta. […] Elevarla al rango di dogma e negare le sue alternative chiude alla possibilità stessa del libero dibattito filosofico. […]

 

I fondamenti metafisici della democrazia: le ipotesi del Parmenide

 

Passiamo ai fondamenti metafisici della democrazia. Per far questo ci baseremo sul dialogo platonico del Parmenide. È prassi distinguere in esso due tesi e otto ipotesi. La prima tesi afferma l’Uno. Seguono quattro ipotesi (i neoplatonici ne aggiungono una quinta, ma in questo momento non è dirimente). La prima tesi sull’Uno e le quattro ipotesi che ne derivano possono essere applicate alla descrizione di una repubblica basata sulla gerarchia, derivante dall’idea, dal principio superiore. Il mondo edificato sull’affermazione dell’Uno è costruito dall’alto verso il basso, dall’Uno ai molti. Lo stesso vale anche per la repubblica, che riproduce la struttura dell’universo. A capo di tale repubblica vi sono il monarca e i sacerdoti, in qualità di servitori dell’Uno. Tale monarchia sacra è allo stesso tempo un modello del cosmo e una base per l’ordinamento della repubblica. La tesi sull’Uno, e le ipotesi che ne derivano, ci descrivono uno spettro di modelli politici appartenenti alla società tradizionale, dove predominano i princìpi di integrità e di autorità, la natura sacrale del potere e la legge divina. Il sociologo Louis Dumont ha definito tale approccio basato sulla prima tesi e le quattro ipotesi «olismo metodologico», in quanto la concezione della società si basa sul convincimento nella sua natura organica e integrale.

 

La seconda tesi del Parmenide, e le seconde quattro ipotesi, scaturiscono dall’affermazione dei Molti, all’infuori dell’Uno. Qui, alla base della visione del mondo non giace l’unità ma la pluralità, l’atomismo e il gioco dei frammenti. Tale prospettiva conduce ad una visione atomistica del cosmo (la teoria di Democrito) e alla giustificazione di regimi politici di tipo appunto «democratico», cioè costruiti non verso il basso dall’alto, ma verso l’alto dal basso, non sulla base della transizione dell’Uno nei molti, ma nella direzione opposta. Platone stesso considerava l’atomismo di Leucippo e Democrito un insegnamento «eretico» e, secondo alcune fonti, incoraggiava persino a bruciarne i libri nella sua Accademia. Nella concezione platonica del mondo, la società costruita sul principio dei Molti (non-Uno) può essere considerata alla stessa stregua di una «eresia politica».

 

Ad interessarci ora è proprio questa seconda tesi del Parmenide, e le quattro ipotesi che ne derivano. Tenendo conto delle prime quattro, facenti riferimento al cosmo monarchico, è prassi indicare queste seconde quattro come la V, VI, VII e VIII ipotesi del Parmenide. Esaminandole attentamente, giungeremo a quattro diversi tipi di democrazia, facilmente rintracciabili nella teoria e nella prassi nel mondo circostante.

 

Le ipotesi del Parmenide e le tipologie di democrazia

 

La quinta ipotesi del Parmenide si basa sull’asserto che, sebbene l’Uno non esista mentre i Molti esistono, l’Uno può essere pensato, realizzato, attraverso relazioni in seno ai Molti. Questo può essere interpretato semplicisticamente come segue: pur partendo da una pluralità di individui atomizzati, essi possono creare qualcosa di intero, integrale, che nondimeno sarebbe composito, costruito collettivamente. Nella filosofia politica un classico esempio della quinta ipotesi è rappresentato dal socialismo o socialdemocrazia (comunismo, nella forma più estrema), una teoria che propone di assemblare partendo da individui separati una società solidale, «integrale», ma integrale artificialmente, che in questo caso sarà primaria in relazione all’individuo, formerà l’individuo e lo educherà. […]  Lo slogan di questo approccio può essere il noto motto: Ex pluribus unum. Oltre che alla socialdemocrazia, lo stesso principio si applica alla forma politica dello Stato di Hobbes, il suo «Leviatano». Hobbes stesso non elabora nulla di particolarmente accurato relativamente alla forma del regime politico della Repubblica (o Stato) limitandosi ad affermare che questo viene a costituirsi attraverso un contratto sociale di persone impegnate a prevenire la altrimenti inevitabile guerra di tutti contro tutti. Tale principio – l’Uno come prodotto dell’accordo dei Molti – si trova dunque alla base anche delle moderne teorie della Repubblica (o dello Stato). […]

 

La sesta ipotesi afferma che i Molti esistono e che invece l’Uno non esiste né in sé né nelle loro relazioni. Questa negazione della costruzione dell’Uno (artificiale, collettiva e meccanica) costituisce l’essenza di un altro tipo di democrazia, la democrazia liberale. Ciò che distingue la democrazia liberale è la contestazione sia della proposta di creazione di un modello normativo di società avanzata dai socialisti e socialdemocratici, sia (nel lungo periodo) l’esistenza stessa della Repubblica (o Stato). Non si dovrebbe affatto realizzare l’Uno a partire dai Molti (ex pluribus unum); questo non è assolutamente necessario. I Molti possono pienamente rimanere i Molti, e l’individuo atomizzato può godere pienamente della sua totale libertà; così, la negazione dell’Uno da parte dei Molti ci porta al liberalismo.

 

La settima ipotesi del Parmenide afferma che i Molti esistono, e attraverso le relazioni in seno ad essi, generano altri Molti. In altre parole, atomi separati, frammenti, possono sostanziare l’esistenza di altri atomi, altri frammenti, attraverso relazioni che hanno luogo tra loro. Questo ci conduce a modelli sociali e politici basati sul dialogo e sulla comunicazione. In questo caso non vi è l’Uno costituito da un contratto sociale, ma piuttosto una pluralità di atomi che costruisce un’altra pluralità di atomi, che è dunque dotata di essere; nasce così il problema dell’«Altro», del dialogo con l’Altro e delle relazioni con l’Altro, che rappresenta oggi il centro di un problema filosofico cruciale. «L’Altro» (sostantivo) e «l’altro» (aggettivo) emergono dalle relazioni in seno ai Molti. Questo modello di «democrazia» può essere chiamato «democrazia della comprensione» o «democrazia del dialogo». Essa può benissimo essere liberale, cioè in contrasto con il socialismo, e non riconoscere la società come un Uno costruito. Al posto della società, può esservi una rete di comunicazione, strutturata in funzione delle traiettorie spontanee di liberi dialoghi fra singoli individui nell’ambito della «società aperta». Questo è precisamente il modello della «società civile». È qualcosa di simile al modo in cui i rappresentanti della scuola di sociologia di Chicago immaginano lo stato delle cose (Mead in particolare, con il suo interazionismo simbolico).

 

Infine, l’ottava ipotesi, la più «bestiale». Essa asserisce che l’Uno non esiste, ma i Molti non creano «altri» Molti, né li costruiscono attraverso il processo di relazioni in seno ad essi. Questo ci porta ad una forma estrema di liberalismo, ripudiando del tutto la figura dell’«Altro». Nella filosofia politica ciò corrisponde all’«oggettivismo» di Ayn Rand e Alan Greenspan, la forma più estrema di individualismo disumanizzato (comune a molti liberali russi). A questo si collega il concetto di «individuo sovrano» di De Sade, studiato da Bataille e Blanchot. In questa ipotesi vi è solo «il singolare» e la sua proprietà privata; tutto il resto non solo non esiste, ma non viene neanche costruito artificialmente.

 

È significativo che Platone abbia sottolineato che queste ultime quattro ipotesi siano speculative e che i Molti non possano esistere senza l’Uno. In altri termini, la prima tesi contiene la verità mentre la seconda è falsa, si basata solo su un gioco speculativo dell’intelletto.

 

Il passaggio dalla società tradizionale alla società moderna, alla Modernità e alle repubbliche democratiche e modernizzate è da un punto di vista filosofico il passaggio dalla prima tesi di Platone alla seconda tesi, dalle prime quattro ipotesi alle seconde quattro. […] Proprio questo rifiuto dell’Uno, e il riconoscimento del primato dei Molti, costituisce […] il postulato principale della Modernità. Nella Postmodernità contemporanea questo approccio non viene affatto contestato. La Postmodernità rappresenta anzi una versione ipertrofica e stravagante delle ultime ipotesi del Parmenide, dell’ottava in particolare.

 

Platonismo politico

 

Le ipotesi platoniche ci aiutano a decodificare la filosofia politica contemporanea. In ultima analisi, tutte e otto le ipotesi possono essere considerate modelli pienamente razionali del mondo e della società e se ci si allontana dalle suggestioni ipnotiche del progresso, si può effettuare una scelta pienamente consapevole a favore di una qualsiasi di queste ipotesi. Questo significa che possiamo scegliere la democrazia, e selezionare una qualunque delle sue versioni, sostenendo la seconda tesi, oppure possiamo scegliere la non-democrazia, sostenendo la prima tesi e riconoscendo l’Uno. […]

 

Tutti gli avversari della democrazia vengono istantaneamente iscritti alla categoria di persone che professano un’ideologia il cui nome stesso è diventato da tempo un improperio e un insulto; una tecnica utilizzata sempre più da ipnotisti senza scrupoli. Anziché adoperare questa parola, divenuta odiosa e priva ormai di senso, che non voglio nemmeno pronunciare in questo saggio, sarebbe meglio denominarci «platonisti». Ebbene sì, noi siamo i latori del platonismo politico. Costruiamo la nostra concezione del mondo e della società a partire dalla prima tesi del Parmenide e dalle prime quattro ipotesi. […] Per noi platonisti la democrazia è una falsa dottrina; essa è costruita su un mondo che non esiste e su una società che non può esistere. Se così è, il platonista giunge dinanzi ad un’altra questione da dirimere: la democrazia, con le sue false pretese, nasconde sotto di sé qualcosa d’altro, ma che in ogni caso è qualcosa di terribile, ingiusto e malsano, per esempio un’oligarchia occulta o una tirannia mascherata, ma questo sarà l’argomento di un altro saggio.