Il fenomeno del gramscismo di destra: l’esperienza della Nouvelle Droite

Il fenomeno del gramscismo di destra: l’esperienza della Nouvelle Droite

La Nouvelle Droite (dal francese, Nuova Destra) è un insieme di movimenti intellettuali apparsi nel 1968 come reazione alla crisi ideologica e al rafforzamento dell’egemonia liberale in Europa. Nel 1968, i movimenti classici di “destra” erano infarciti di motivazioni ideologiche liberali, come l’adozione del capitalismo, i sentimenti filoamericani e lo statalismo. A sua volta, anche il programma di “sinistra”, il cui nucleo era costituito dall’opposizione al capitalismo [1], risentiva delle influenze liberali. L’egualitarismo, l’individualismo, la negazione delle differenze tra le culture e l’universalismo rendevano i movimenti di “sinistra” alleati e partner della dottrina liberale.

L’insieme degli intellettuali della Nuova Destra si impegnò nello studio dell’identità europea, una ricerca che si differenziava dagli analoghi contemporanei soprattutto perché non si considerava un movimento “di sinistra” o “di destra”. I principali ideologi del movimento parlavano della necessità di superare lo scisma politico artificiale e di passare a una nuova dottrina, che fosse un mix delle migliori idee dei movimenti intellettuali “di sinistra” e “di destra”. Come ha osservato Guillaume Faye in una conferenza del Gruppo di Ricerca e Studio per la Civiltà Europea (G.R.E.C.E.): “La nostra società non è più ispirata dal rinnovamento della sua ideologia. Questa ideologia è oggi al suo “culmine” – e quindi all’inizio del tramonto, le idee morte sono diventate canoni morali, sistemi di abitudini, tabù ideologici, che non entusiasmano più” [2].

Il titolo stesso di Nuova Destra risale al 1979, quando era impossibile non notare l’influenza del “Gruppo di Ricerca e Studio per la Civiltà Europea” (G.R.E.C.E.) sulla cultura politica e sulla vita intellettuale della Francia. Tale “etichetta” apparve nell’estate del 1979 prima nei media francesi e poi in quelli europei e persino americani – in una sola estate furono pubblicate più di 500 pubblicazioni, il cui obiettivo principale era abbastanza ovvio: diminuire l’influenza delle idee di de Benoist e dei suoi sostenitori. Una simile campagna mediatica non ha fatto altro che rafforzare le posizioni del movimento, che ha così iniziato ad apparire anche in altri Paesi europei. La Nuova Destra ha compiuto l’opera colossale di compilare un insieme unificato (enciclopedia) dei migliori pensatori europei (da Platone a Nietzsche, da Lorenz a Jünger). Hanno aperto la Francia alle idee dei rivoluzionari conservatori, dei nazional-bolscevichi, dei filosofi del “Nuovo Inizio” e di altri fenomenologi, sociologi, antropologi sociali ed etnologi che hanno contribuito notevolmente allo sviluppo della cultura europea. Tra i loro ispiratori vi erano Ersnt Niekisch, Ernst Jünger, Arthur Moeller van den Bruck, Oswald Spengler, Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger, Claude Lévi-Strauss, Arnold Gehlen, Jean Thiriart, Louis Dumont e Pierre-Joseph Proudhon.

Un complesso ripensamento della civiltà europea e la creazione di un fronte di “contro-egemonia” che affrontasse l’universalismo, il globalismo e l’egualitarismo portati avanti dall’agenda liberale attraverso un’ideologia alternativa e in qualche modo simmetrica, e anche attraverso la ricostruzione della cultura europea in tutta la sua diversità, divennero i compiti principali della Nuova Destra. Il movimento prese inizialmente forma attorno al “Gruppo di Ricerca e Studio per la Civiltà Europea” (G.R.E.C.E.) e alla “Nuova Scuola” (Nouvelle École).

Nel 1973, la Nuova Destra lanciò l’iconica rivista Elements, che divenne una nuova piattaforma per l’incontro di intellettuali che si prefiggevano il compito di far rivivere la cultura europea secondo i principi dell’olismo, dell’antiliberismo, della tradizione e dell’anticapitalismo. Nel 1988, la Nuova Destra lanciò la pubblicazione a stampa Krisis, una rivista di “idee e dibattiti”. A differenza di molte altre pubblicazioni politiche francesi dell’epoca, le edizioni cartacee della Nuova Destra si proclamavano piattaforme in cui veniva superata l’opposizione tra “destra e sinistra”. Come scrive de Benoist nel libro Les Idées à l’endroit, la Nuova Destra ha praticamente “ribaltato il tavolo delle idee” esistenti all’epoca, uscendo dal campo del classico confronto tra “sinistra” e “destra”.

Un aspetto importante dell’attività della Nuova Destra fu lo sviluppo di una teoria del “gramscianesimo di destra”. Basandosi sulle opere di Antonio Gramsci, Alain de Benoist critica l’egemonia ideologica e culturale del liberalismo e dichiara la necessità di creare un’alternativa fondata sui valori della civiltà europea – olismo, tradizione, percezione pluriversale del mondo, identità continentale dell’Europa – e di sostituire gli astratti “diritti umani” con i “diritti dei popoli”. De Benoist ha osservato che: “In un certo senso, e se ci atteniamo solo agli aspetti metodologici della teoria del potere della cultura (pouvoir culturel), alcune opinioni di Gramsci sono praticamente profetiche” [3].

Uno dei convegni del G.R.E.C.E. (il XVI colloque national), svoltosi il 29 novembre 1981 al Palais des Congrès di Versailles, è stato dedicato al tema del “gramscianesimo di destra”. All’apertura della conferenza del G.R.E.C.E. sul “gramscianesimo di destra”, il professor M. Vayof della Nancy-Université ha sottolineato: “Essere gramsciani per noi significa ammettere l’importanza della teoria del potere culturale: non stiamo parlando di preparare il dominio di qualche partito politico, piuttosto, vogliamo trasformare la mentalità per sostenere un nuovo sistema di valori, dove la traduzione politica [area politica] non ci interessa affatto” [4]. Anche Alain de Benoist, storico delle idee e ideologo capo del G.R.E.C.E., ha osservato che i processi politici cambiano sempre, mentre la “maggioranza ideologica” rimane la stessa”: “Ora possiamo parlare di un consenso, piuttosto che di una contraddizione tra maggioranza politica, ideologica e sociologica. Tale consenso rappresenta il principale stato di cose” [5]. Dal punto di vista di de Benoist, l’ideologia di “sinistra”, infarcita di tendenze liberali (individualismo, priorità del settore economico su tutti gli altri), ha creato un clima in cui non è possibile alcuno sviluppo politico. Per de Benoist, è importante sottolineare il fatto che dietro la facciata delle idee di “sinistra” degli ultimi decenni si nasconde lo stesso liberalismo (ideologia e cultura liberale) e la “società dei consumi”. L’obiettivo del gramscianesimo di destra è quello di uscire dal sistema di egemonia liberale attraverso lo sviluppo di codici culturali e metapolitici alternativi. De Benoist descrive questa via d’uscita dalla cultura “universalista” con categorie esistenziali: “Siamo a mezzanotte, siamo al meridiano primo del nichilismo attivo. <Partecipare alla nostra impresa non significa scegliere un clan contro un altro. Significa scendere dal filobus che non fa altro che attraversare i poli opposti di una stessa ideologia, con o senza fermate” [6]. De Benoist osserva che si tratta di “cambiare l’universo”, “dare al mondo il suo colore, alla memoria – le sue misure, ai popoli – la loro opportunità storica e il loro destino di essere” [7]. Per la Nuova Destra, le idee diventano armi. Come ha osservato Guillaume Faye:

“Gli intellettuali isolati, neutrali, non in guerra, non hanno mai segnato la storia con la loro impronta”. Il G.R.E.C.E. e tutto il nostro movimento non intende affatto dare ideologia ai liberali o ai conservatori, così come alle “sinistre”, ma vuole portare nella società, in tutta la sua complessità, la forza delle diverse idee. Eseguire un “gramscianesimo di destra” significa diffondere un sistema di valori che:

– funzionerà a lungo

– conterrà formule concorrenti;

– sarà introdotto attraverso una strategia metapolitica;

– si collocherà al di fuori delle istituzioni politiche.

G.R.E.C.E. diffonde anche una visione del mondo (che può essere espressa attraverso l’azione in ambito culturale o in ambito puramente intellettuale) attraverso la costruzione di un corpus teorico, che non è mai completo, ma sempre in divenire. Tale corpus presuppone l’inclusione in esso di molte discipline, dalla biologia alla filosofia” [8].

Anche nel suo intervento alla conferenza del G.R.E.C.E. sul gramscismo di destra, ha sottolineato che “il corpus ideologico [G.R.E.C.E.] è radicalmente aperto, è in costante evoluzione, unisce nuove discipline, accetta nuove idee, è in costante interazione con la realtà”.

Il “gramscianesimo di destra” rivela così il dominio del liberalismo nel campo della cultura e sostiene la costruzione di una contro-egemonia. Per la Nuova Destra, le posizioni della “destra” in relazione all’egemonia liberale nella cultura non sono adatte, poiché la “destra” si astiene dall’impegnarsi nella guerra delle idee. De Benoist considera quest’ultimo un errore fatale (cesarismo), nella misura in cui perdere e lasciare la cultura al liberalismo porta a trasformare inevitabilmente qualsiasi politica in una politica liberale. Ma de Benoist considera inefficace anche l’opposizione “di sinistra” alla cultura liberale. Il capitalismo, sia nello spazio intellettuale di “destra” che in quello di “sinistra”, diventa una sorta di codice a cui si può resistere solo con un codice alternativo.

Nel posizionare e descrivere questo “gramscianesimo di destra”, è importante anche l'”indipendenza dalle ideologie”. I rappresentanti della Nuova Destra hanno formulato l’idea che le ideologie della Modernità, che sono state in stretta opposizione e in stato di lotta, siano un fenomeno esclusivo della cultura occidentale. La posizione del gramscianesimo di destra si basa sull’idea di costruire un “territorio libero da ideologie”. Questo territorio rifiuterebbe l'”individualismo”, l’egualitarismo e il concetto di diritti umani astratti (che la Nuova Destra interpreta come una contraffazione della dottrina liberale).

Il gramscianesimo di destra è quindi concepito come un territorio di metapolitica al di là dell’influenza dell’egemonia, cioè dell’autorità della cultura liberale con i suoi algoritmi, pratiche e istituzioni. Lo stesso Gramsci considerava il comunismo come un’alternativa all’egemonia o alla contro-egemonia, soprattutto nella sua versione attiva leninista, dove la politica precede l’economia e la cultura la politica. La G.R.E.C.E., invece, attribuisce il comunismo contemporaneo all’egemonia, cioè lo interpreta come una versione estremamente “di sinistra” dello stesso liberalismo.

E allora la tesi del gramscianesimo di destra acquista tutto il suo significato: è un invito a creare una nuova versione di contro-egemonia che metta in discussione l’intera teologia politica dei tempi moderni. Da Gramsci, però, la Nuova Destra ha preso innanzitutto la tesi che la fonte del potere va cercata proprio nella cultura, nel patto storico che l’intellettuale liberamente conclude con questa o quella dominante storica.

De Benoist si schiera dalla parte del Lavoro contro il Capitale (in questo è un gramsciano coerente), ma interpreta il principio del Lavoro (Arbeit) piuttosto nello spirito di Ernst Jünger e del suo Operaio (der Arbeiter). Anche in questo caso, non si tratta di nazionalismo come un’altra versione della stessa cultura capitalista (e, quindi, di un’altra versione della stessa egemonia), ma di andare oltre i confini della Modernità nel suo complesso, in un territorio ancora sconosciuto – al di là di “destra” e “sinistra”.

Pertanto, “gramscianesimo di destra” è solo un nome convenzionale. Non è tanto “di destra” quanto “non di sinistra”, cioè non riconosce nel comunismo una contro-egemonia adeguata, ma non è nemmeno “di destra” in senso convenzionale, poiché rifiuta il capitalismo e il nazionalismo. Più tardi, il sociologo francese Alain Soral, che ha continuato questa linea, chiamerà questa sintesi contro-egemonica “Lavoro di sinistra + Valori di destra”.

Ciò si riflette in modo più completo nella Quarta Teoria Politica, alla quale de Benoist è arrivato già negli anni 2000. Qui, come in Gramsci, si pone un’antitesi all’egemonia (compresa la sua interpretazione da parte dello stesso Gramsci come capitalismo internazionale – imperialista) e si riconosce il primato della cultura. Ma il marxismo – almeno nella sua versione dogmatica – viene scartato e inizia una libera ricerca di studi filosofici, sociologici e antropologici che non rientrano nei criteri classici e che possono venire a costituire la base di una nuova topologia metapolitica.

In 40 anni, la Nuova Destra ha fatto molta strada nello sviluppo della sua teoria metapolitica e delle relative strategie. Ad oggi, l’apparato concettuale e gli algoritmi teorici da loro sviluppati sono i più adeguati all’interpretazione di fenomeni come il populismo europeo, la crisi del globalismo e l’emergere del multipolarismo. Ciò è sempre più riconosciuto non solo dalla “destra”, ma anche dalla “sinistra”, come il comunista italiano Massimo Cacciari, i sociologi francesi Serge Latouche e K.-M. Mishea e l’intellettuale di sinistra Chantal Mouffe.

Riferimenti

[1] Pour un gramscisme de droite. Acte du XVIe colloque national du GRECE. Parigi: Le Labyrinthe, 1982. P. 72.

[2] A. de Benoist, Les Idées à l’endroit. Parigi: Edizioni Libres Hallier, 1979. P. 258. [

3] Per un gramscismo di destra. Acte du XVIe colloque national du GRECE. Paris: Le Labyrinthe, 1982. P. 7.

[4] Ibid. P. 11.

[5] Ibid. P. 21.

[6] Ibidem.

[7] Ibid.

[8] Ibid.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini