Eurasianism

il neoeurasiatismo in dieci antitesi

Secondo Dugin il neoeurasiatismo si articola in dieci antitesi:

1 Spazio VS tempo
2 Pluralismo inclusivista VS universalismo esclusivista
3 “Le” civiltà VS “la” civiltà
4 Integrazione regionale VS globalizzazione globale
5 Non-modernità (tradizione e postmodernità) VS la modernità
6 Persona VS individuo
7 Multipolarità VS unipolarità e non-polarità (“società aperta”)
8 Non-liberalismo VS liberalismo
9 Anticapitalismo VS capitalismo
10 Relativizzazione dell’Occidente VS Occidente quale paradigma normativo.

"TERRA VERDE" : L'AMERICA

Nel proseguire il tema che abbiamo iniziato a trattare negli articoli Continente Russia e L'inconscio dell'Eurasia, vorremmo adesso studiare nelle sue linee generali la missione del continente americano dal punto di vista della geografia sacra. Il ruolo degli Stati Uniti, l'ultima superpotenza rimasta ormai al mondo, appare oggi centrale nella geopolitica globale. A partire dalla fine dei XIX secolo, un continente marginale, che sino ad allora aveva rappresentato null'altro che una provincia secondaria del Vecchio Mondo, dell'Europa, diviene progressivamente un gigante politicamente e culturalmente autonomo, finché, dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si propongono come universale modello paradigmatico tanto per gli stessi paesi, europei quanto per l'Asia. Il significato dell'America cresce incessantemente, si diffonde un insieme di criteri intellettuali, culturali. psicologici e persino filosofici collegati all'America che va ben al di là dei suo influsso economico e militare. Diviene evidente l'esistenza di una «America mitologica», di una «America come concetto», di una «America come idea dell'America». E noi siamo profondamente convinti che, se una simile «idea dell'America» ha potuto radicarsi nella coscienza geopolitica universale ed entrarvi come qualcosa di «neo-sacrale», devono esservi state delle importanti ragioni, connesse con l'inconscio collettivo dell'umanità, e con quella segreta geografia continentale che affonda le sue radici nei millenni ed il cui ricordo continua a vivere negli archetipi psichici. Il presente articolo si prefigge precisamente di esaminare il significato profondo dell'America come «continente interiore». 

ULISSE, ALESSANDRO E L'EURASIA

Qualche tempo fa rileggevo il canto XXVI dell'Inferno di Dante (il celebre canto di Ulisse).  Come probabilmente ricorderete, a un certo punto l'Ulisse dantesco rievoca il discorso con cui egli esortò i suoi compagni di navigazione a varcare le Colonne d'Ercole:  "O frati, dissi, che per cento milia - perigli siete giunti all'occidente (...)".  
Sforzandomi di intravedere qualcosa di quel senso allegorico che, per espressa dichiarazione di Dante, si trova celato dietro il senso letterale, ho azzardato questa congettura:  l'Occidente evocato da Ulisse nell'"orazion picciola" probabilmente non si esaurisce nell'accezione spaziale e geografica della parola "Occidente", che designa il luogo del "Sole che muore" (Sol occidens), il luogo  in cui termina il cosmo umano e inizia il "mondo sanza gente", il regno della tenebra e della morte.  
E' invece probabile che l'Occidente dantesco, data la polivalenza del simbolo, indichi anche una fase temporale, cosicché un senso ulteriore del discorso di Ulisse sarebbe che i suoi compagni, in quanto "vecchi e tardi", sono giunti "a l'occidente" della loro vita, cioè in prossimità della morte.  
E siccome essi rappresentano l'umanità europea, come non intendere, simultaneamente, che l'Europa doveva arrivare  -  e vi sarebbe effettivamente arrivata proprio all'epoca di Dante, agli inizi del Trecento  -  in prossimità di quella fase storico-culturale che, secondo quanto ha detto René Guénon, "ha rappresentato in realtà la morte di molte cose"?

CONTINENTE RUSSIA

 «I continenti hanno un significato simbolico che è legato tanto a stereotipi culturali che a esperienze vissute: l'Europa non ha lo stesso significato per un Europeo che vi vive, per un Americano che la visita, per un Africano che se ne emancipa, per un Australiano, ecc. Tuttavia gli stereotipi continentali non sono rimasti puri e semplici prodotti culturali, scaturiti da una conoscenza più o meno vera, da un'emotività più o meno viva, da una conoscenza più o meno netta: essi sono penetrati fino nell'inconscio con un'enorme carica di affettività e ne riemergono tramite i sogni o le reazioni spontanee, spesso apparentati a un razzismo che resterebbe altrimenti ignoto. Allora il continente non rappresenta più, in realtà, una delle cinque parti dei globo, ma un mondo di rappresentazioni, di passioni e di desideri; per esempio, il dottor Verne ha ben mostrato, analizzando il sogno di una sua paziente, che l'Asia non era per lei il ricordo, il fine o il desiderio di un viaggio intercontinentale, ma che quel continente “rappresentava il ritorno al sacro, il mondo dell'assoluto, il mistero del trapasso, la via dell'unicità portatrice del messaggio del vero e del reale”. L'Asia diventava un continente interiore, come l'Africa, l'Oceania, l'Europa, la cui interpretazione simbolica varia da soggetto a soggetto. Questa dimensione interiore può collegarsi a qualunque luogo, città, paese, ecc., l'importante è sapere ciò che significano per ciascuno le immagini, le sensazioni, i sentimenti, i pregiudizi di cui è portatore e che costituiscono tutta la verità soggettiva del simbolo. La geografia integra nella sua totalità la geosociologia, la geocultura e anche la geopolitica». 
    Qui termina la spiegazione dei termine «continente» estrapolata dal Dizionario dei Simboli scritto da Jean Chevalier e Alain Gheerhrant. Ci permettiamo di riprodurre questa estesa citazione nella sua integrità, poiché il suo contenuto coincide in maniera impressionante con il tema dei presente lavoro, determinando dall'inizio il piano sul quale si svilupperà il nostro studio. 

L’INCONSCIO DELL’ EURASIA

Senza dubbio i pensatori russi più importanti di questo secolo e quelli che elaborarono i più importanti concetti circa il destino della Russia, furono i rappresentanti della scuola «eurasiatica», gli. ideologi appartenenti all'ala patriottico- radicale della prima emigrazione russa. La situazione geografica della Russia, che si estende tra l'Oriente e l'Occidente,  giocava per loro il ruolo principale. L'Eurasia per loro si riduce alla Rus sia, mentre il popolo (ethnos) della Russia (nel suo senso sovranazionale) è considerato come portatore del turanismo, psico-ideologia imperiale  nomade trasmessa ai Russi propriamente detti dalle tribù turco-mongole  dell'Orda d'Oro. Così che gli «eurasisti», a differenza dell'ala patriottica russa della prima guerra mondiale, non erano tanto  «bizantinisti», quanto «panturchisti».Non si tratta di un paradosso, giacché gran parte della nobiltà russa e, in particolare, molti ideologi della slavofilia dei secolo XIX erano esponenti di diversi popoli turchi. ben rappresentati nella élite di governo della Russia. Per molti eurasisti, RUSSIA-TURAN supponeva un concetto sovrapolitico, il cui valore si basava sulla sua missione geopolitica. Non è strano che alcuni eurasisti europei si unissero al nazionalsocialismo, che difendeva quasi identiche vedute geopolitiche (nonostante molte volte fossero di segno contrario). 
    Noi crediamo che la intuizione degli eurasisti era certa e che le radici delle loro teorie sono in realtà molto più profonde, arrivando fino alle epoche che non solo precedono Gengis-Khan ed i suoi successori, ma anche al periodo dell'apparizione degli stessi Slavi nelle terre russe. Ma da dove nasce quindi Russia-Turan? 

RIVOLTA CONTRO IL MONDIALISMO MODERNO

Un anno importante il 1934, in un decennio che rappresentò una svolta nei destini dell’Europa e dell’intero pianeta. 
In Germania Hitler da poco Cancelliere del Reich si apprestava a gettare le basi di una rinnovata potenza tedesca mitteleuropea, assetata di Lebensraum, che avrebbe incendiato da un capo all’altro il continente, 
quell’Europa che rappresentava ancora, geopoliticamente parlando, il motore della politica mondiale. 
In essa infatti risiedevano ancora i centri politico militari, economici ed intellettuali di piccole nazioni in possesso di grandissimi imperi coloniali: la Gran Bretagna, come sempre più rivolta agli oceani aperti che al retroterra continentale, la Francia che preparava nelle proprie scuole ed università quelle élites rivoluzionarie di Asia e d’Africa, le quali nella seconda metà del XX° secolo avrebbero guidato le lotte di liberazione nei rispettivi paesi proprio in nome della Libertè ed Egalitè (per la Fraternitè ci sarà sempre tempo..) degli “Immortali Principi” che avevano fatto potente Parigi e succube il mondo.

TEMPO DI CRISI ED EURASIATISMO

Ogni nostra azione scaturisce da ciò che precede e si intreccia con altre azioni che non dipendono da noi. Non vi è quindi relazione necessaria tra il nostro “pro-getto” e il prodotto del nostro agire. Anche se è inevitabile che vi siano eventi, “fatti”, «la loro successione e i loro esiti costituiscono una rete che trascende costantemente volontà, progetti e attese della soggettività “libera”» . D’altronde, è innegabile che vi siano delle decisioni che rendono più o meno probabile un determinato corso di eventi. Ed è pure evidente che vi sono tendenze oggettive e “connessioni di sistema” che favoriscono determinate scelte. Secondo Max Weber «quando l’esclusione ipotetica di alcune componenti causali reca ad un risultato radicalmente diverso da quello del processo reale, si deve concludere che esse hanno un’importanza essenziale nella determinazione delle conseguenze in questione». Talora, vi sono solo due possibilità che si dividono il campo e l’importanza di un evento storico è fondata sulla funzione decisiva che esso può aver esercitato riguardo a queste due possibilità, ma poiché le conseguenze che si ritiene derivino dall’esclusione ipotetica di certe componenti causali sono di varia natura, l’importanza di queste ultime può essere maggiore o minore, a seconda delle circostanze storiche prese in considerazione. Weber riconosce cioè che, sebbene un’azione non consegua necessariamente da una serie causale, una situazione storica è un “campo di possibilità” strutturato in modo tale che difficilmente non può prevalere una decisione in favore di una determinata possibilità.

LA “PROSPETTIVA EURASIATICA” DI FRANZ ALTHEIM

Il lettore italiano non specializzato ha potuto fare conoscenza con una parte della produzione di Franz Altheim (1898-1976) – latinista, storico del mondo antico, archeologo – soltanto agli inizi degli anni Sessanta, quando furono tradotti Der unbesiegte Gott1 e Gesicht vom Abend und Morgen: Von der Antike zum Mittelalter. Di questo studioso, infatti, negli anni precedenti in Italia era apparso ben poco. Eppure Franz Altheim, allievo di Walter F. Otto e sodale di Leo Frobenius e Károly (Karl) Kerényi, fu uno dei “primi e più autorevoli interpreti delle iscrizioni rupestri della Val Camonica, databili fra il IV e il I secolo a.C., ma attestanti la presenza di una cultura indoeuropea più antica”, sicché sarebbe stato normale che nel nostro paese venissero resi accessibili anche gli studi nei quali si trovano esposti i risultati delle sue ricerche su tali incisioni, documento della migrazione transalpina dei Latini: Vom Ursprung der Runen, Italien und die dorische Wanderung, Italien und Rom6, Geschichte der lateinischen Sprache.

GEOPOLITICA DEL NAZIONALCOMUNISMO ROMENO (Claudio Mutti)

Riportiamo qui di seguito il testo della relazione del direttore di “Eurasia”, Claudio Mutti, esposta in occasione della conferenza: “La fine dei Ceausescu e la caduta della Repubblica Socialista di Romania”
Assegnare alla Romania lo statuto di “paese atlantico” equivale dunque a falsificare l’identità geografica di questo paese ed a negarne la funzione naturale, al fine di formalizzarne il ruolo di postazione dell’Occidente atlantico sul margine sudorientale dell’area egemonizzata dagli Stati Uniti, avamposto statunitense in prossimità della Russia.
Alla collocazione atlantica e occidentale, imposta alla Romania dagl’interessi geostrategici statunitensi, la geografia e la storia contrappongono una ubicazione centrale, che è stata d’altronde sottolineata in vario modo dagli studiosi di geopolitica, romeni e non.
A definire lo spazio geografico romeno non è l’Oceano Atlantico; sono, invece, i Carpazi, il Danubio e il Mar Nero.

 

UN'IDEOLOGIA PER IL NUOVO SECOLO: L'EURASIATISMO

"Uno fantasma s'aggira per l'Europa": potrebbe forse cominciare cosi quest'articolo? Difficile dire se l'Eurasiatismo possa un domani ricoprire il medesimo ruolo rivestito dalle vecchie ideologie anti-borghesi nel XX secolo, commettere meno errori, macchiarsi di meno crimini e, soprattutto, aver maggiore fortuna.

Il XX Secolo e stato animato da un sorgere d'ideali, utopie e ideologie, quante mai se n'erano viste in alcun altro periodo della storia umana. Socialismo, Comunismo, Capitalismo, Fascismo, Nazionalsocialismo, ognuno d'essi elevato alla potenza delle sue innumerevoli varianti e sfumature, si sono affrontati in una lotta all'ultimo sangue. Una lotta per la quale non poteva esservi che un solo vincitore - e a questo sarebbe stato concesso di modellare il Mondo a propria immagine e somiglianza. Tutti sappiamo come e andata a finire: nel giro di pochi decenni le potenze capitaliste, Inghilterra e, soprattutto, Stati Uniti d'America, hanno surclassato e distrutto prima i Nazi-fascismi, poi i Social-comunismi. Ormai incontrastato, il Capitalismo sta disegnando una realta apocalittica, un mondo completamente asservito alle esigenze della borghesia e, soprattutto, del grande capitale; un mondo in cui il denaro e il solo dio onnipotente e misura di tutte le cose - uomo compreso; un mondo in cui le idee e le speranze non sono nulla, perche nulla e tutto cio che non porta ad un ricavo materiale. Questo mondo della piattezza e dell'avidita, del conformismo e della prevaricazione, dell'ingiustizia e della violenza, si sta imponendo su tutte le pur millenarie, ma materialmente deboli, realta tradizionali che ancora sopravvivono. Globalizzazione e Mondialismo: attraverso queste due mortali direttrici il Capitalismo sta realizzando il suo sogno non dissimulato di dominio del Mondo. 

L’Eurasia si farà e si sta già facendo

 

Alla vigilia della visita del Presidente degli USA in Russia, nell’arena internazionale si è verificato un importante evento, peraltro ampiamente trascurato di fronte al summit intercontinentale. La maggior parte dei mezzi di informazione ha dato solo un minimo spazio alla notizia della conversione del sistema di coordinamento esistente nell’ambito dell’Accordo sulla Sicurezza Collettiva della CSI in una organizzazione internazionale regionale, l’Organizzazione dell’Accordo sulla Sicurezza Collettiva. In realtà, si tratta di un passo il cui valore può essere difficilmente sottostimato. Ma, per quanto sia strano, all’evento non ha fatto seguito la pubblicazione di alcun serio materiale analitico sulla grande stampa russa.

Qual è l’aspetto geopolitico della questione? Per poter valutare con la dovuta chiarezza il significato di questa risoluzione è necessario spendere qualche parola riguardo alle precedenti soluzioni della questione.

 

PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA POLITICA EURASISTA

Nella Russia attuale esistono tre modelli basilari, reciprocamente in conflitto, di strategia per lo stato, sia per quanto riguarda la politica estera che quella interna. Questi tre modelli costituiscono il moderno sistema di coordinate politiche in cui si risolvono ogni decisione politica del governo russo, ogni passo internazionale, ogni serio problema sociale, economico o giuridico. Il primo modello rappresenta il cliché inerziale del periodo sovietico (principalmente tardo sovietico). In un modo o nell’altro esso ha posto le sue radici nella psicologia di alcuni sistemi organizzativi russi spingendoli, spesso inconsciamente, ad adottare tale o talaltra decisione sulla base delle precedenti. Questo modello è sostenuto con il “solido” argomento: “Si è lavorato prima e si lavorerà anche ora”. Esso riguarda non solo quei leader politici che sfruttano coscientemente la complessione nostalgica dei cittadini russi. Il riferimento al modello sovietico è molto più ampio e profondo delle strutture del KPFR [Partito Comunista della Federazione Russa], che ora si trova ai margini del potere esecutivo, lontano dai centri decisionali. Ovunque, politici e ufficiali, che in alcun modo si identificano formalmente con il comunismo, sono guidati da questo modello. E’ un effetto di educazione, esperienza di vita, formazione. Al fine di capire la sostanza dei processi che sottostanno alla politica russa, è necessario ammettere questo “sovietismo inconscio”. Il secondo modello è quello liberal-democratico, filoamericano. Esso ha iniziato a prendere forma con l’inizio della “perestroyka” ed è diventato una sorta di ideologia dominante nella prima metà degli anni ’90. Come regola, i cosiddetti liberal-riformisti e le forze politiche ad essi vicine si identificano con esso. Questo modello è basato sulla scelta, come sistema interpretativo, dell’apparato socio-politico americano, ricalcandolo sulla situazione russa e seguendo gli interessi nazionali Usa riguardo ai problemi internazionali. Un tale schema ha il vantaggio di permettere di appoggiarsi sul “presente straniero” completamente reale, contro il “passato nazionale” virtuale attorno al quale gravita il primo modello. Anche qui l’argomento è piuttosto semplice: “Si lavora per loro, si lavorerà anche per noi”. Qui è importante insistere che non stiamo semplicemente parlando di “esperienza straniera”, ma dell’orientamento verso gli USA, come punta avanzata del trionfante mondo occidentale capitalista. Questi due modelli (più le loro molteplici varianti) sono diffusamente rappresentati tra i politici russi. Dalla fine degli anni ’80 tutti i conflitti sulla visione del mondo, tutte le discussioni e le lotte politiche hanno luogo tra i portatori di questi due punti di vista. Il terzo modello è molto meno noto. Esso può essere definito come “eurasista”. Ci troviamo qui a trattare con procedimenti molto più complessi che non la semplice copiatura dell’esperienza sovietica o americana.

 

Tra Eurasia e Occidente

Il concetto di nazione è capitalista ed occidentale. Invece, il concetto di Euroasianismo si richiama a differenze culturali ed etniche, e non all’unificazione sulla base dell’individuo come contempla il nazionalismo. La nostra idea differisce dal nazionalismo perché noi difendiamo un pluralismo di valori. Noi stiamo difendendo idee, non la nostra comunità; idee, non la nostra società. Noi stiamo sfidando la postmodernità, ma non per conto della nazione russa da sola. La postmodernità è un abisso spalancato. La Russia è solo una parte di questo conflitto globale. È certamente una parte importante, ma non l’ultima meta. Per quelli di noi in Russia, noi non possiamo salvarla senza salvare il mondo allo stesso tempo. E parimenti, non possiamo salvare il mondo senza salvare la Russia. Non è solo un conflitto contro l’universalismo occidentale. È un conflitto contro tutti gli universalismi, anche quello islamico. Noi non possiamo accettare nessun desiderio di imporre alcun universalismo sopra gli altri – né occidentale, islamico, socialista, liberale o Russo. Non difendiamo né l’imperialismo russo né il revanscismo, ma piuttosto una visione globale e multipolare basata sulla dialettica delle civiltà. Quelli a cui ci opponiamo dicono che la molteplicità delle civiltà necessariamente implica uno scontro. Questa è un’affermazione falsa. La globalizzazione e l’egemonia americana causano un’intrusione sanguinosa e un innesco della violenza tra civiltà dove ci potrebbe essere pace, dialogo, o conflitto, a seconda delle circostanze storiche. Ma imporre un’egemonia nascosta implica conflitto e, inevitabilmente, peggiore nel futuro. Così loro dicono pace ma fanno la guerra. Noi difendiamo la giustizia – non pace o guerra, ma giustizia e dialogo e il diritto naturale di qualsiasi cultura a mantenere la sua identità e a perseguire ciò che vuole essere. Non solo storicamente, come nel multiculturalismo, ma anche nel futuro. Dobbiamo liberarci da questi pretendenti universalismi.

 

Programma del Movimento Politico-sociale EURASIA

 

  Le forme culturali della vita nazionale variano nei secoli. Ma l’idea di una società Buona e Giusta si è sempre conservata nei secoli come una costante. Carattere culturale dei russi è tradizionalmente l’aspirazione ad elevati ideali e una sorta di disprezzo per la sfera dei beni materiali. Un accentuato sentimento idealista ed una visione universale possono essere individuati nelle più diverse fasi della storia russa. L’ideale del sacrificio è stato inizialmente inteso in termini cristiani, quale particolare debito dei Russi verso la Tradizione Cristiana affidatagli. Nel periodo Sovietico il medesimo idealismo russo venne inteso in senso secolarizzato, in quanto etica dell’eroismo al servizio dei principi della giustizia sociale e dell’uguaglianza universale. E’ tipico il fatto che i conflitti fondamentali della storia russa non si siano sviluppati fra i sostenitori di sistemi idealisti e i pragmatici, ma quasi esclusivamente fra due campi idealisti, in vario modo e con varia intensità difensori di modelli idealistici, talora perfino utopistici, differentemente espressi e formulati. Lo stile culturale dei Russi attraversi l’intero corso della loro storia è caratterizzato da un ripensamento dinamico in chiave nazionale di elementi presi a prestito da diversi contesti culturali, dalla loro elaborazione creativa ed originale, dal loro abile inserimento entro un particolare contesto specificamente russo. La libertà nel creativo adattamento ed assimilazione di scale di valori, dottrine e simboli presi a prestito altrove rivela l’apertura dei Russi verso la varietà etnica che li circonda. Viceversa, la fedeltà alla propria origine nazionale, che ridà a quanto viene preso in prestito la forma irripetibile ed unica di un prodotto tipicamente russo, dimostra la costanza del tipo culturale, la sua specificità nazionale e stabilità.

La nostra conformazione idealista implica che l’insieme dei nostri ideali è anche l’insieme dei nostri fini. 

PIETRE MILIARI DELL’EURASISMO

Il valore principale dell’eurasismo è consistito in idee sorte nel profondo della tradizione della storia e della statualità russa. L’eurasismo ha guardato alla cultura russa non come ad una semplice componente della civiltà europea, ma come ad una civiltà originale, che riassume in sé le esperienze non soltanto dell’Occidente ma anche, in pari misura, dell’Oriente.

Il popolo russo, da questo punto di vista, non va collocato né fra i popoli europei né fra quelli asiatici; esso appartiene ad una comunità etnica eurasiatica pienamente originale. Tale originalità della cultura e statualità russe (che presentano al tempo stesso elementi europei ed asiatici) definisce anche lo specifico percorso storico della Russia, il suo programma nazional-statale, non coincidenti con la tradizione europeo-occidentale. 

L’EURASIA PRIMA DI TUTTO

  Nella nostra società russa* - particolarmente nella sfera sociale e politica – in questo principio del nuovo millennio si avverte una dolorosa carenza di idee. La maggioranza delle persone – inclusi amministratori, politici, scienziati, lavoratori – vengono guidate, nella vita come nelle scelte sociali, da un insieme di fattori temporanei, preoccupazioni casuali, richiami transitori ed effimeri. Stiamo rapidamente perdendo qualsiasi rappresentazione generale del senso della vita, della logica della storia, dei problemi dell’uomo, del destino del mondo. La scelta esistenziale e sociale è stata sostituita dall’advertising aggressivo.

In luogo di una sensata ed esauriente ideologia politica troviamo una efficiente (o inefficiente) attività di PR. L’esito della battaglia di idee è definito dal volume di investimenti in entertainment shows. Drammatici scontri fra popoli, culture e religioni sono trasformati in spettacoli ispirati da corporations transnazionali e holding petrolifere. Sangue, vita, spirito umano divengono astrazioni statistiche, spese di consumo, nel migliore dei casi demagogiche figure di discorso all’interno di dolciastre ed ambigue lamentele umanitarie, dietro cui si cela un doppio metro di valore.  
   Al posto dell’uniformità totalitaria, l’indifferenza totalitaria. La maggioranza dei partiti politici e dei movimenti sociali persegue fini puramente tattici. Mai, concretamente, è dato di incontrare un’ideologia esplicita e conseguente, capace di strappare gli uomini da uno stato di sonnacchiosa indifferenza, di restituire pienezza alla vita. 

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