INTRODUZIONE A NOOMACHÌA. LEZIONE 10. LA NOOMACHÌA NEL XXI SECOLO

L’ultima lezione di questo corso introduttivo alla Noomachìa [1] sarà dedicata dall’analisi noologica della situazione attuale.

Oggi stiamo vivendo il passaggio dalla Modernità alla Postmodernità. Abbiamo identificato la Modernità come la vendetta del Logos di Cibele. Ora, potremmo chiederci quale sia il Logos della Postmodernità, quale tipo di struttura noologica rappresenti.

Il Logos della Postmodernità rappresenta in un certo senso il completamento della rivoluzione cibeliana, che viene portata alla sua logica conclusione. Non dovremmo dunque essere ingannati dal discorso antimodernista della Postmodernità. Essa non è in realtà alternativa alla Modernità ma ne rappresenta piuttosto una sorta di distillato, dacché il postmodernismo si basa sull’idea che la Modernità non sia «sufficientemente moderna». Quest’idea si inizia a fare largo con la Scuola di Francoforte, il cui intento era di «illuminare l’illuminismo su se stesso» [2]. L’Illuminismo non è in realtà illuminato, occorre dunque purificare la Modernità depurandola di tutti i resti di ciò che costituiva la Tradizione. In senso filosofico, si tratta di raggiungere la pura immanenza.

Tutto nella Modernità, secondo i postmodernisti, è eccessivamente inquinato dal premoderno. Ad esempio, la ragione umana è stata una delle parole d’ordine nella lotta contro il mito, la teocrazia, la Chiesa, ecc. La lotta per l’affermazione della Modernità è stata condotta in suo nome. Ma i postmodernisti hanno rilevato come dopo la vittoria della ragione umana, la nuova condizione illuministica presenti una sorta di «fascismo filosofico» dal momento che la ragione sin dall’inizio viene concepita come strumento di dominio. L’illuminismo si rapporta alle cose come il dittatore agli uomini, e la sua natura totalitaria consiste nella volontà di potenza che lo guida e che lo spinge a cancellare tutto ciò che esula dalla dimensione questa volta del «razionale». Così, se alla base della Modernità giace l’idea di liberare la ragione umana dall’incanto del mito, ora, per i postmodernisti, si tratta di liberare l’essere umano dalla ragione stessa poiché essa è in un certo senso dittatoriale – la ragione predice cosa va fatto, genera sistemi radicalmente iniqui basati su classificazioni gerarchiche, e così via.

Con la Postmodernità, dunque, si passa alla fase seguente di questo processo di liberazione: non la liberazione della ragione, ma la liberazione dalla ragione.

Ecco dunque la rivoluzione «schizofrenica» anti-edipica di Gilles Deleuze e Felix Guattari [3]. Già con Freud la ragione veniva messa in discussione – quella di Freud può essere in effetti vista come una rivoluzione moderna che introduce in qualche modo alla postmodernità – descrivendo il funzionamento della mente, della ragione, attraverso le spinte del subconscio. Deleuze e Guattari, in uno spirito puramente postmodernista, affermano però che si tratta una comprensione maschile del funzionamento del subconscio. Per loro il complesso di Edipo è il risultato una forma di proiezione maschile; essi dunque propongono di creare una psicanalisi femminista che non sia affetta da una qualche paranoia, concetto tipicamente maschile del desiderio irrazionale. L’idea è di portare alle estreme conseguenze l’irrazionalismo. Essi individuano due tipi di sistemi psicologici: paranoico e schizofrenico. Mentre il sistema paranoico è gerarchico – la ragione è paranoica secondo Deleuze e Guattari –, la schizofrenia, la scissione interiore di sé, è sostanzialmente femminista, egualitaria. Occorre pertanto promuovere attitudini schizofreniche come normative per la società. Ciò rappresenta anche la lotta contro la mente. In tal senso, i differenti organi andrebbero liberati dalla sua dittatura, da questa forma di «hitlerismo» della mente.

Il postmodernismo, da questo punto di vista, rappresenta la lotta contro ogni forma di gerarchia verticale, non solo in senso tradizionale ma anche a livello individuale. Se inizialmente viene condotta una lotta contro ogni costruzione sovraindividuale per l’affermazione completa dell’individuo, ora abbiamo la decostruzione dell’individuo stesso, il quale in termini noologici è considerato eccessivamente «apollineo». In ottica postmoderna, l’uomo stesso costituisce una struttura verticale in cui la mente gode di una posizione privilegiata; occorre dunque rovesciare questa gerarchia affermando la totale libertà degli organi e considerare il corpo non come il reame della ragione ma come una sorta di «assemblea parlamentarle» degli organi, per cui le decisioni non vengono più dettate dalla ragione. Secondo un’idea più radicale ancora, gli organi stessi sarebbero totalitari poiché essi si caratterizzano per una forma particolare e una specifica funzione meccanica. Dovremmo dunque prendere in considerazione il concetto di «corpo senza organi». Il corpo dovrebbe esistere senza alcuna forma, non dovrebbe avere alcuno stato organico. E questo possiamo raggiungerlo durante l’esistenza virtuale nella rete, emigrando in uno spazio bidimensionale. Arriviamo così al concetto di «rizoma», una struttura diffusiva, reticolare, che si espande non verticalmente ma orizzontalmente, pensata per sostituire l’individuo. Nella concezione dell’umanità rizomatica reticolare le interazioni non avvengono tra individui ma tra organi, in una modalità completamente schizofrenica. Assistiamo alla dissipazione della nostra personalità in «avatar», dei quali possiamo cambiare nome, genere, età, qualsiasi cosa. I ruoli sociali e le relazioni vengono così distribuiti e dissipati attraverso la rete.

Una tale società rappresenta un passo successivo rispetto all’era moderna. Essa non si basa sull’individualismo ma, in un certo senso, sul «dividualismo». È una nuova fase immanentista e materialistica. Ma questa volta si tratta di un materialismo non legato all’oggetto materiale bensì a qualcosa ad esso sottostante. Réne Guénon lo chiama «mondo infracorporale». Un mondo che nella concezione religiosa tradizionale è popolato da esseri del sottosuolo. L’idea è dunque di trasformare l’uomo in un’assemblea di demoni [4], di aprire alla possibilità che spiriti materiali vivano attraverso di noi, che si rivelino in noi e agiscano liberamente, in una sorta di «parlamento di organi» e macchine desideranti distribuiti attraverso la rete.

Ciò rappresenta la distruzione di ogni forma verticale, compresa quella propria del primo modello capitalistico. Qui la prima teoria politica subisce una mutazione. Il liberalismo classico diventa post-liberalismo: al centro non c’è più l’individuo ma un essere dividuale – l’individuo, così come l’atomo, non è più considerato indivisibile, anche se lo si continua a chiamare «individuo». Questa trasformazione va di pari passo con la mondializzazione. La mondializzazione distrugge ogni tipo di società, inclusa la Modernità stessa. Essa abolisce ogni confine nazionale nello spirito di un puro cosmopolitismo per cui non vi sono razze né etnie e chiunque può vivere in ogni punto dello spazio. Oggi questa libertà riguarda l’individuo ma domani si estenderà alle strutture reticolari. Vorrei, a questo punto, farvi notare come la libertà venga sempre più declamata, eppure contestualmente diventiamo sempre meno liberi. Il politicamente corretto da questo punto di vista rappresenta un vero e proprio totalitarismo che ci impone come pensare e non ammette posizioni critiche verso il «progresso», additando come criminale fascista chiunque osi mettere in discussione i processi in atto. La censura dei miei libri da parte di Amazon [5] è emblematica: nel «mondo libero» chiunque può esprimersi, ad eccezione di chi mette seriamente in discussione lo status quo. In altre parole, si può scegliere di essere un liberale di sinistra, di destra o di centro, purché si rimanga nell’alveo del liberalismo, o meglio del post-liberalismo.

La propaganda del totalitarismo liberale non è razionale ed è sganciata dai fatti reali, dacché tutto oggi è virtuale – ad esempio, le fantomatiche «ingerenze russe» nelle elezioni americane sono virtuali, non sono state dimostrate e sono indimostrabili, ma ciò ai fini della propaganda liberale non ha alcuna importanza; anche le mie interviste nei media occidentali vengono costantemente manipolate dacché il mondo virtuale occidentale mostra solo i frammenti che si conformano a ciò che la propaganda si aspetta che io dica, cioè all’immagine artificiale che è stata costruita di me.

Metafisicamente, ha luogo un passaggio dal reale al virtuale. Nella Postmodernità, la ragione umana è sostituita dall’intelligenza artificiale, le normali relazioni umane dalla rete, e quel che nel paradigma della Modernità era denominato «realtà» lascia il posto alla virtualità, la quale tuttavia non è solo il riflesso della realtà. Certo, essa segna la traslazione dal reale al digitale, ma il processo non si esaurisce qui. Successivamente, ciò che è stato trasposto nella virtualità viene elaborato, migliorato, perfezionato, quindi emulato nella realtà. Di conseguenza, il virtuale acquisisce un’esistenza autonoma, a cui la realtà è subordinata. Si pensi alla stampante 3D, attraverso cui il virtuale si riversa nel reale, viene «stampato», oppure alla moneta dematerializzata (carte di credito, ecc.), bit digitali trasferibili istantaneamente in tutto il mondo che predeterminano la produzione reale, o ancora alla propria personalità virtuale sui social network e alle relazioni tra profili diversi, da cui la vita «offline» dipende e di cui essa stessa diventa un’emulazione. In un futuro prossimo, oltre a costituire la nostra immagine virtuale, potremo anche ricreare il nostro corpo. Non manca molto ormai; del resto, già oggi è possibile migliorare il proprio corpo con correzioni artificiali e finanche stampare tridimensionalmente differenti organi. Anche in questo caso, si tratta dell’emulazione di un corpo virtuale. In questo processo si perde il significato stesso dell’individuo. Veniamo trasformati in una sequenza di numeri e calcoli, svaniamo nel virtuale, per poi riapparire nella realtà come emulazione la virtualità. In altri termini, non è la realtà ad essere normativa per la virtualità, ma piuttosto il contrario. Il virtuale è preminente, e diviene la base dell’emulazione nel reale. La fase successiva di questo passaggio al virtuale è la possibilità che si emulino chimere che nella realtà non esistono; si pensi ad esempio ai cyborg. In un futuro non lontano si potrà «stampare» qualcosa che non è il riflesso della realtà ma che è il prodotto di una fantasia puramente virtuale.

Oggi siamo sottoposti ad un processo di crescente virtualizzazione. L’intelligenza artificiale è il limite oltre il quale non esisteranno più individui separati ma una rete neurale artificiale distribuita su più dispositivi, capace di creare e immaginare qualcosa di nuovo. Vi sono due tipi di intelligenze artificiali: debole e forte. L’intelligenza artificiale debole è già in essere, e consta di una serie di database della conoscenza umana digitalizzata accessibili istantaneamente e permanentemente; questa intelligenza artificiale debole in cui siamo già immersi può elaborare calcoli al nostro posto, effettuare confronti, trasmissione di elementi semantici, traduzioni sempre più accurate, e così via. Vi è poi un’intelligenza artificiale forte. La sua comparsa è prevista tra il 2020 e il 2025. Non manca dunque molto a quello che viene definito «momento della singolarità», in cui farà il suo ingresso un’intelligenza artificiale forte che sarà completamente paragonabile all’intelligenza umana. Non si tratta di un sistema operativo programmato ma di una rete neurale basata su algoritmi matematici capace di creare qualcosa di assolutamente indipendente dagli input iniziali dell’operatore attraverso una forma di elaborazione autosviluppante. La rete neurale artificiale più semplice dipende dall’operatore, ma sviluppandosi le reti neurali diventeranno progressivamente indipendenti da esso, potendo arrivare a conclusioni che non erano pianificate da quest’ultimo. L’intelligenza artificiale non va dunque intesa come una macchina ma piuttosto come un’emulazione della ragione umana, che pertanto, per poter essere riproducibile, viene essa stessa considerata come qualcosa di «artificiale» e materialistico – da qui il cognitivismo, lo studio scientifico dei processi congnitivi. L’intelligenza artificiale forte viene studiata da tempo dalle grandi compagnie tecnologiche come Google, Microsoft, ecc., che vi hanno investito miliardi e vi è una tendenza nella filosofia moderna denominata «accelerazionismo», che sostanzialmente ci invita ad accelerare il movimento verso questa singolarità e di raggiungerla il più presto possibile.

Il momento della singolarità segnerà il passaggio storico verso un’era in cui non esisterà più solo la ragione umana sulla Terra ma apparirà qualcos’altro di paragonabile ad essa. Un nuovo stadio dell’evoluzione umana, che porterà alla nascita di esseri post-umani. Con la Postmodernità facciamo ingresso nell’era del post-umanesimo. Se la Modernità fa derivare l’uomo dall’animale, concependolo come ultimo step di un processo evolutivo, il momento della singolarità rappresenta il passaggio successivo. Dopo l’animale e l’uomo, compare il post-uomo. L’ultima frontiera della Postmodernità è l’ottenimento dell’immortalità. Ma l’immortalità è propria delle macchine, per cui nel momento in cui fisicamente diventeremo immortali, smetteremo di essere umani.

Una parte di coloro che si indignano di fronte a tutto ciò, afferma la necessità di difendere la primazia della realtà sulla virtualità. Il problema è che ciò è in effetti impossibile, dacché la «realtà» è un lascito della Modernità. Nel mondo della Tradizione, del Logos apollineo, è il mondo delle idee ad esistere – idee, spiriti, dèi, qualcosa di celeste o divino che esiste in quanto argomento ontologico fondante per la realtà. Detto altrimenti, la realtà ottiene il suo essere dal fatto di essere creata da Dio; la creazione è dunque la spiegazione ontologica della realtà. Nel passaggio dal Logos di Apollo con la sua base spirituale della realtà, alla Modernità, accettiamo la ragione, l’uomo, la natura, il mondo in quanto tali, senza Autore, e così facendo recidiamo il legame con la base metafisica dell’esistenza. Sono le idee eterne delle cose ad esistere realmente. Rinnegando questo fondamento ontologico, le cose intese come realtà in quanto tale in ultima istanza non sono reali. Esse rappresentano già un’emulazione, un simulacro. La realtà della Modernità è già in qualche modo virtuale. Pertanto, in termini metafisici, non possiamo difendere la realtà senza prima salvare la spiritualità, il fondamento metafisico pre-reale della realtà. Ecco perché il passaggio dal reale al virtuale non solo è possibile ma è anche una conseguenza logica e la difesa fuori tempo massimo della realtà della Modernità è inefficace. Al contrario di quanto potrebbe sembrare, la Postmodernità non rappresenta nulla di nuovo ma piuttosto la conclusione di questo processo iniziato con l’avvento dell’era moderna.

Occorre infatti riconoscere che la Postmodernità non costituisce qualcosa di assolutamente nuovo in relazione alla Modernità ma piuttosto il suo stadio finale. Come abbiamo già affermato all’inizio di questa lezione, la Postmodernità rappresenta l’assolutizzazione del dominio del Logos di Cebele, il quale si espande durante la Modernità e in era Postmoderna consolida il suo predominio. In senso escatologico cristiano, la Postmodernità è il regno della «donna ammantata di porpora».

Il femminismo postmoderno è un diretto prodotto di questa totale affermazione della Grande Madre. Due parole sul femminismo. Vi sono diverse forme di femminismo. Il femminismo moderno ad esempio è già diverso dal femminismo postmoderno. Tuttavia, per comprendere meglio ciò con cui abbiamo a che fare oggi, vorrei focalizzarmi sul confronto con ciò che io definisco «femminismo Ècate», dal nome della divinità greca Ἑκάτη (Ècate). Per alcuni il nome di questa dea deriverebbe dal termine greco che sta per «desiderio, volere». Essa viene infatti descritta da Esiodo nella sua Teogonia come divinità benevola che realizza i desideri di coloro che hanno il suo favore. Scrive Esiodo:

 

«Ed anche adesso, quando qualcuno degli uomini in terra

fa sacrifizi, e placa, secondo le usanze, i Celesti,

Ecate invoca per nome. E onore accompagna un mortale,

quando la Dea le sue preghiere benevole intende;

e gli concede prosperità: ché ben grande è sua possa.» [6]

[Teogonia 416-420]

E poi ancora:

«Ecate qui, la Diva, si mostra, ed a quelli che vuole,

volonterosa gloria concede, concede vittoria:

dove giustizia si parte, vicino ai re giusti ella siede:

anche allorché negli agoni contendono gli uomini, giova:

ché anche presso a loro si reca la Diva e li assiste,

e chi di gagliardia prevalse, di forza, il bel premio

agevolmente guadagna, ricopre i suoi figli di gloria.

Ai cavalieri anche sa, quando vuole, recare assistenza.

E a chi nel glauco mare travaglia, e tra lira dei flutti

Ecate invoca, e lEsosigèo che profondo rimbomba,

la celeberrima Dea, facilmente concede ogni preda,

agevolmente, e, dopo scovata, se vuole, la toglie.

Moltiplicare il bestiame nei chiusi ella può con Ermète.

Le mandre dei giovenchi, le greggi gremite di capre,

le mandrïe lanose di pecore, ovessa lo voglia,

da pochi a molti capi, da molti riduce a ben pochi.»

[Teogonia 432-447]

Esiodo dipinge Ècate come dispensatrice di saggezza, coraggio, vittoria in battaglia e bestiame. Nel suo significato originario, dunque, si tratta di una divinità dai caratteri turanici. Ècate rappresenta un archetipo femminile di tipo turanico. Successivamente, essa è stata associata a Persefone o Demetra e collocata nel reame della notte e del sottosuolo, ma originariamente Ècate non era una divinità ctonica bensì una figura femminile celestiale. Il «femminismo Ècate» designa la dignità della donna che riflette valori patriarcali – si pensi ad Atena, divinità greca saggia come i sacerdoti (prima casta) e coraggiosa, eroica come i guerrieri (seconda casta). Potremmo definirlo un femminismo indoeuropeo anti-cibeliano, poiché rappresenta se vogliamo il ritorno al principio femminile solare indoeuropeo dalla forma deviata del patriarcato materialistico. Il «femminismo Ècate» è in definitiva volto al ripristino della dignità della donna come amica è alleata dell’uomo indoeuropeo.

Ebbene, il femminismo postmoderno è diametralmente opposto a quest’ultimo: esso è assolutamente cibeliano e anti-indoeuropeo. Non rappresenta il principio della liberazione della donna, ma piuttosto la totale distruzione dell’uomo, distruzione che ha inizio per l’appunto con la Modernità – nei limiti materialistici imposti all’uomo, nel discredito a cui sono stati sottoposti sacerdoti e guerrieri parallelamente all’ascesa del tipo borghese, si ravvisa già la vittoria del matriarcato. La pretesa delle donne di acquisire il pieno potere, seguendo la metafisica deleuziana, non è qualcosa di completamente nuovo ma rappresenta il compimento di questo processo. Il potere di Cibele in era postmoderna è aperto e manifesto.

Un’ultima osservazione riguardante il femminismo. Tradizionalmente, la donna può aspirare alla felicità. Essa può essere raggiunta o meno; la donna può incontrare l’uomo giusto, avere bei bambini, costruire una famiglia retta ed essere felice, oppure no. Il femminismo implica la rinuncia a questa aspettativa di felicità; esso si rivolge alle donne nei termini seguenti: «quanto vi è stato finora prospettato è mera illusione, la felicità femminile non esiste poiché in realtà si tratta di un imbroglio del patriarcato finalizzato a tenervi soggiogate; dovete abbandonare questa prospettiva perché non sarete mai felici, per contro potete ottenere il potere». Così, la problematica felicità femminile cede il posto alla non-problematica lotta per il potere. Una lotta che si può dire abbia avuto già successo. Noi non ci troviamo infatti agli albori del femminismo ma nella fase conclusiva di questa lotta femminista per il potere. Nella tradizione indiana il principio maschile è sapienza senza potenza – pura luce del pensiero –, mentre la potenza è femminile. La liberazione della potenza dalla sapienza, lo sprigionarsi di una potenza ctonica assoluta e cieca, è ciò che sta accadendo con il femminismo odierno. La donna perde così se stessa, la sua natura e il suo contenuto, ma parallelamente assistiamo all’emasculazione e alla scomparsa dell’uomo. Anche gli uomini perdono la loro posizione, il loro archetipo. Inoltre, l’idea del riconoscimento dell’omosessualità come norma nella società occidentale pone fine all’equilibrio tra i due generi o poli. In sostanza, assistiamo alla piena vittoria di Cibele. Vittoria non solo implicita come nella Modernità, ma oggi esplicita.

La Russia in tutto ciò che ruolo ha? Essa è oggi una società conservatrice che cerca di ritardare i processi descritti poc’anzi, pertanto non rappresenta un’alternativa ai processi in atto poiché cerca solo di rallentarlo ma non ne mette in discussione la direzione. Possiamo dire che costituisce una potenza anti-accelerazionista. La nostra società, il nostro Presidente, il nostro governo, dicono semplicemente «non così in fretta». Questo è puro conservatorismo. Non c’è la proposta di procedere in un’altro senso, di ripristinare il Logos apollineo. Si tratta di una reazione irresponsabile ma allo stesso tempo istintiva contro la Postmodernità. È inerzia pura. La formulazione più radicale e coraggiosa del Logos russo è oggi la timida difesa della realtà di fronte alla virtualità da parte di materialisti e modernisti che non vogliono effettuare l’ultimo passo nella direzione postmoderna. Vi è un forte sentimento tradizionalista nel popolo e vi sono nella nostra Chiesa dei gruppi radicali che protestano contro lo status quo avendo come punto di riferimento gli antichi starets, ma essi sono assolutamente marginali e minoritari e non hanno influenza sulla società, anzi sono considerati completamente folli dacché anche noi viviamo sotto il dominio di Cibele. La nostra società è archeomodernista: non accetta la Postmodernità, ma non ha la volontà, il desiderio e la capacità di far rivivere il Logos premoderno. Mi rendo conto che quanto sto dicendo possa sorprendervi. In effetti, dall’esterno la Russia viene percepita come una potenza rivoluzionario-conservatrice che lotta contro l’Occidente e tutto ciò che esso rappresenta. In realtà, la questione è più complicata. La Russia ha grandi possibilità, poiché il nostro Dasein – basato su un Logos più dionisiaco che apollineo – e il nostro popolo sono latori della missione catecontica. Tuttavia, la nostra identità è stata lungamente imprigionata, soffocata, e questa galera dello spirito non ha inizio con il liberalismo degli anni Novanta ma ben prima, con il periodo della dominazione comunista assolutamente cibeliana, e prima ancora con il tardo zarismo modernista e occidentalista.

La Russia come Logos, come popolo, come Dasein, come orizzonte esistenziale è oggi in pericolo e non possiamo escluderne la scomparsa, ma il futuro è aperto. E come disse lo scrittore e pensatore politico italiano Curzio Malaparte, «nulla è perduto finché tutto non è perduto». Tutti gli identitari però dovrebbero sapere che la Russia continua a lottare, che non è ancora formalmente stata sconfitta perché il nostro popolo è, esiste, ma che abbiamo ancora grandi problemi con il Logos russo poiché non siamo ancora riusciti del tutto a riprendere la strada per la creazione della filosofia russa drammaticamente interrotta dal comunismo, pertanto non abbiamo ancora raggiunto il luogo in cui ha inizio la vera filosofia. Stiamo lottando per arrivarci, ma a causa dell’ingente danno subito nell’ultimo secolo non siamo ancora in grado di far ripartire questo processo. Il popolo russo per la maggior parte si trova ancora in uno stato di sonno moderno/conservatore. Speriamo di poterci risvegliare presto.

In conclusione, qual è il problema della Postmodernità? Il problema della Postmodernità è il problema di Dioniso. Oggi non possiamo in alcun modo fare appello direttamente al Logos di Apollo, poiché esso è il Sole diurno e con la sera della Modernità è tramontato, è sparito dal nostro orizzonte, ci è diventato inaccessibile. Giunti nella notte della Postmodernità, ci rimane solo la figura di Dioniso, il Sole di Mezzanotte [7]. Esso risplende nella notte ma non appartiene ad essa. È il Logos nascosto che si trova all’inferno, ma che non si identifica con esso. Sta nel mondo di Cibele ma non ne è parte. Quando l’oblio dell’Essere è totale, questo diventa la sola forma di opposizione possibile. Dal punto di vista metodologico e metafisico, è ciò che io chiamo Soggetto Radicale [8]. Il Soggetto Radicale è il soggetto che si trova al centro della notte differenziandosi da quest’ultima, e appare proprio quando ci avviciniamo al culmine assoluto di questa notte. Si fa centrale qui la questione del doppio nero di Dioniso, qualcosa di titanico che imita Dioniso. Il problema è dunque come distinguere Dioniso dal suo doppio. In senso religioso, si tratta del problema dell’Anticristo: l’Anticristo non è «la donna ammantata di porpora», non è Cibele di per sé, ma una creazione proveniente dall’Abisso che si finge Cristo – in realtà, l’Anticristo non è simmetrico a Cristo ma piuttosto al Soggetto Radicale. Quello dell’Anticristo, del simulacro, del doppio di Dioniso è il problema cruciale della Postmodernità. Ho per l’appunto intitolato uno dei miei libri Il Soggetto Radicale e il suo doppio [8], un altro modo per denominare il problema di Dioniso e del suo doppio. Occorre indagare questo problema a fondo, individuando il punto che si trova nella notte senza appartenergli ed evitando di confonderlo con la sua parodia che esiste in sua prossimità.

Siamo così giunti al termine dell’ultima lezione di questo corso introduttivo alla Noomachìa. Ciò di cui abbiamo appena discusso è la spiegazione metafisica per sommi capi della Noomachìa nel XXI secolo. Al termine di questo corso, possiamo domandarci dove si trova la Serbia in questo momento della Noomachìa. Questa è una questione aperta e non possiamo rispondere astrattamente. Spetta al popolo serbo, così come agli altri, decidere il proprio posto. Ma è importante sottolineare che questa decisione sarà possibile solo fino a quando giungeremo al «momento della singolarità». Abbiamo quindi un tempo molto limitato a nostra disposizione. Finché esiste il Dasein, la scelta è sempre possibile. Ma quando saremo irreversibilmente rimpiazzati dall’intelligenza artificiale e privati della nostra mortalità, condizione di esistenza del Dasein secondo Heidegger, smetteremo di essere ciò che siamo e perderemo irreversibilmente la possibilità della decisione. Oggi abbiamo ancora un piccolo lasso di tempo dinanzi a noi, ma ciò a cui stiamo andando incontro è molto più terribile e orribile della tortura, di una catastrofe, della morte stessa. È la fine del Dasein umano per come lo conosciamo.

 

[1] Di seguito, l’indice di tutte le lezioni precedenti del corso introduttivo alla Noomachìa:

• Lezione 1. Noologia https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-1-noologia-la-disciplina-filosofica-delle-strutture

• Lezione 2. Geosofia https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-2-geosofia

• Lezione 3. Il Logos della civiltà indoeuropea https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-3-il-logos-della-civilta-indoeuropea

• Lezione 4. Il Logos di Cibele https://www.geopolitica.ru/it/article/il-logos-di-cibele

• Lezione 5. Il Logos di Dioniso https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-5-il-logos-di-dioniso

• Lezione 6. La civiltà europea https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-6-la-civilta-europea

• Lezione 7. Il Logos cristiano https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-7-il-logos-cristiano

• Lezione 8. Analisi noologica della Modernità https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-8-analisi-noologica-della-modernita

• Lezione 9. Il Logos serbo https://www.geopolitica.ru/it/article/introduzione-noomachia-lezione-9-il-logos-serbo

 

[2] Carlo Galli, Introduzione a M.Horkheimer-T.W.Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino 1997, p. IX. [NdT]

 

[3] Gilles  Deleuze,  Félix  Guattari,  Lanti-Edipo:  capitalismo  e  schizofrenia, Fabbri, Milano  2014. [NdT]

 

[4] Cfr. Aleksandr Dugin, Il Sole di Mezzanotte. Aurora del Soggetto Radicale, AGA Editrice, 2019: «Secondo Réne Guénon, il mondo della Tradizione, che noi difendiamo, amiamo e sosteniamo, coincide con la fase in cui l’Uovo del Mondo è aperto dall’alto e il principio divino interagisce fluidamente con il mondo terreno. […] Guénon paragona materialismo e Illuminismo (i Tempi Nuovi) alla chiusura dell’Uovo del Mondo dall’alto. […] Alla fine del XX secolo inizia una terza fase, in cui l’Uovo del Mondo si apre dal basso. Il postmoderno corrisponde esattamente a questo stadio. […] Quando l’Uovo del Mondo è aperto, l’uomo è più-che-uomo, portatore do Divino, una coppa aperta della Divinità; nell’epoca della sua chiusura, è il soggetto di una “tragedia ottimistica”, dotato di una gamma di sentimenti e la morte come destino esistenziale – ma resta pur sempre un uomo. È destinato a essere sostituto da qualcosa di più terribile, dal post-uomo – orinatoio del demonio, campo di battaglia delle orde di Gog e Magog. L’uomo (o, meglio, il post-uomo) non contiene più Dio ma un complesso diabolico, una legione di demoni, ognuno dei quali intona una propria melodia, del tutto slegata dalle altre; in questa cacofonia di urla, lamenti e stridori casuali nasce la civiltà globale, il nuovo ordine mondiale.» [NdT]

 

[5] Valerio Benedetti, Dugin censurato da Amazon: Troppo politicamente scorretto”, Il Primato Nazionale, 8 febbraio 2019 https://www.ilprimatonazionale.it/approfondimenti/dugin-censurato-da-amazon-104039/ [NdT]

 

[6] Esiodo, Ettore Romagnoli (traduzione di), I poemi, Nicola Zanichelli Editore, Bologna 1929. [NdT]

 

[7] Cfr. Aleksandr Dugin, Il Sole di Mezzanotte. Aurora del Soggetto Radicale, op.cit.: «La postmodernità è la Mezzanotte. La modernità corrisponde alla sera, al tramonto del Sole: vi sono ancora residui del mondo tradizionale, della luce, della soggettività, della razionalità e dell’interezza. Esistono famiglie, società, Stati e uomini. Nella postmodernità tutto ciò viene soppiantato da dividui, cyborg, ed entità post-umane. Al posto della realtà c’è la virtualità; al posto dell’intelligenza, l’Intelligenza Artificiale; al posto dell’uomo, il post-uomo; al posto del razionalismo moderno, la schizofrenia di Deleuze e Guattari. È una società liquida (Baumann) in cui tutto si dissolve. In realtà, non è nemmeno una società, ma una distruzione caotica delle strutture che sprigiona una gran quantità di energia, subito dissolta in un processo entropico. È un’ininterrotta caduta verso il basso. Il Sole di Mezzanotte sorge solo al culmine di questo processo discendente. […]  Il giorno è Apollo – verticalità, razionalità; qui vige un ordine preciso, le cose sono ben definite. Quando scende la notte, l’ordine si dilegua. Entriamo così in un luogo  senza luce, in cui il Sole non domina più. […] Il Sole di Mezzanotte è più essenziale e profondo di quello diurno. Quest’ultimo può esistere solo di giorno, seduto sul suo trono; al crepuscolo, muore. Il Sole di Mezzanotte, invece, sopravvive alla morte. Non coincide con il Sole diurno ma, per così dire, brilla occultamente al suo interno, sopravvivendo anche alla sua negazione.» [NdT]

 

[8] Cfr. Aleksandr Dugin, Radikal’nyj sub’ekt i ego dubl’ (Il Soggetto Radicale e il suo doppio), Evrazijskoe dvizhenie, Mosca 2009. Trad. italiana: Soggetto Radicale – Teoria e fenomenologia, AGA Editrice, 2019: «È  un  soggetto  che  non  perde  la  propria soggettività,  né  quando  è  sostenuto  dalle  condizioni  assolute  dell’esistenza e  del  mondo,  né  in  condizioni  diametralmente  opposte.  Il  Soggetto  Radicale è  una  fiamma  che  arde  sia  quando  il  fuoco  è  acceso,  sia  quando  è  spento. Nemmeno  quando  la  fiamma  è  estinta  egli  cessa  di  ardere. […] Il  Soggetto  Radicale  è  vincitore  di  Dio,  ma  anche  del nulla,  nel senso  che,  pur  provocando  l’arrivo  della  Fine  dei  Tempi,  non  vi  s’identifica. Pur  facendo  formalmente  parte  dei  collettivi  demoniaci  di  cui  è  saturo  il mondo  prima  dell’apocalisse  prossima  ventura,  il  Soggetto  Radicale  mantiene  una  differenza ontologica  fondamentale,  radicale  e  terribile.  È  un  uomo differenziato (Evola),  un  uomo  integrale.» [NdT]

 

Trascrizione e traduzione a cura di Donato Mancuso