DAL CUORE D’AMERICA A QUELLO D’EURASIA

DAL CUORE D’AMERICA A QUELLO D’EURASIA

Aspetti geopolitici della crisi mondiale

"…giuro a Dio che l'America non vivrà in pace finché la pace non regnerà in Palestina e finché tutto l'esercito degli infedeli non avrà lasciato la terra di Mohammad, la pace sia con Lui "

Dal proclama di Osama bin Laden, dopo l'aggressione americana all'Afghanistan.

E’ passato quasi un mese dall’azione dei martiri-suicidi contro le “Torri gemelle” e il Pentagono; 

cioè contro il cuore economico e quello militare strategico degli Stati Uniti d’America ed  è alfine scattata la promessa risposta contro i presunti finanziatori e mandanti della più clamorosa operazione contro la superpotenza imperialista. 
L’attacco americano all’Afghanistan, richiesto a gran voce dall’opinione pubblica americana e voluta dal governo per placare la sete di sangue e vendetta degli sconvolti cittadini in piena isteria nazional-sciovinista, comincia comunque a delinearsi chiaramente, se non nelle sue linee e metodologie direttive d’attacco,  perlomeno nei suoi obiettivi strategici e geopolitici a medio e lungo termine.  
Il paradosso dell’operazione consiste semmai nel fatto che la più grande potenza militare e atomica della storia, dotata di bombardieri “invisibili”, missili a guida laser, satelliti e ogni tipo di arma di distruzione di massa, non abbia obiettivi definiti da colpire, salvo l'aeroporto , contro uno dei paesi più poveri e disastrati della Terra, già ridotto ad un cumulo di macerie da 22 anni di guerre interne ed esterne, nonché da un rifiuto della moderna tecnologia delle comunicazioni che proprio nel contesto attuale si rivela provvidenziale per il paese degli integralisti talebani. 
L’intervento americano, definito dopo vari ripensamenti “libertà infinita”, tradisce già dal nome le sue vere intenzioni: interventi politico-militari, di intelligence (in pratica assassini e sabotaggi coperti dal segreto militare) nonché economico-finanziari e diplomatici, per isolare e colpire volta a volta QUALUNQUE STATO OD ORGANIZZAZIONE che gli USA, a loro insindacabile giudizio, riterranno e indicheranno come “terrorista”! 
In pratica la prosecuzione della politica di “poliziotti del mondo” già sperimentata contro il Libano, il Sudan, la Libia, l’Iraq, la Serbia e via elencando , solo per limitarci agli ultimi anni. 
Con l’aggravante che ora “la guerra del Bene contro il Male”- per usare la sbrigativa ma efficace formula di Bush/figlio- potrà sempre giustificare ogni infamia commessa come una “giusta ritorsione contro il terrorismo internazionale, in difesa della civiltà, dell’occidente cristiano” ecc…ecc… 
 E inoltre le vittime di domani sono costrette fin da oggi ad avallare ogni iniziativa statunitense, pena ritrovarsi subito sulla lista nera stilata da Washington e che già comprende, guarda caso, i movimenti di resistenza palestinese come Hamas, la Jiadh islamica, il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina,  Hezbollah “il Partito di Dio”  libanese, ma anche l’ETA, l’IRA, il PKK, i curdi e via elencando.

Il quotidiano israeliano Yediot Aharonot ha sintetizzato benissimo la tesi del Nuovo Imperialismo americano-sionista: “A partire da oggi il mondo sarà diviso tra chi sostiene il terrorismo – non facendo alcuna differenza tra una persona che lancia un aereo contro il WTC e chi si rende artefice di un attentato suicida a Tel Aviv – e chi vi si oppone”. 

Le nuvole passeggere ed i piccoli contrasti tra Bush e Sharon sono solo sui tempi e sugli obiettivi primari, dettati dagli interessi geopolitici del “Grande e del piccolo Satana”, per usare la caustica espressione di Komeini; il quale aveva messo a suo tempo sull’avviso i suoi correligionari sul ruolo dell’ “ISLAM AMERICANO”, quello dei sauditi, degli emirati, dei giordani, e di tutti quei governi imposti dalla superpotenza per soggiogare e dividere i popoli dell’Islam autentico. 
E proprio l’Iran, assieme all’Iraq suo antagonista nell’area,  è certamente uno degli obiettivi futuri della penetrazione americana nel cuore dell’Eurasia, trovandosi in tale ipotesi accerchiato ad ovest dall’alleanza turco-sionista (quale ultima propaggine orientale e mediterranea della NATO) ed a est dall’intervento americano in un Afghanistan soggiogato e riallineato con gli occidentali, come il Pakistan del generale golpista Musharraf prono ai diktat di Washington. 
Per non parlare di Arafat arrivato a versare il sangue palestinese per un posto alla tavola del presunto vincitore.

Obiettivi privilegiati: i presunti impianti nucleari di Teheran e Bagdad. 
Una “bomba atomica islamica”, oltre quella del Pakistan, toglierebbe ad Israele la sicurezza matematica di poter annichilire, in caso di attacco ai suoi danni, tutto il Medio Oriente arabo e islamico con le sue duecento atomiche e tutti gli altri strumenti bellici d’annientamento di massa. 
Per gli USA inoltre sarebbe il riscatto dopo un ventennio della ignominia degli ostaggi americani dell’ambasciata di Teheran e della cacciata dello Scià. 
Ma l’obiettivo geostrategico a lungo termine resta comunque il colosso russo, ancora in ginocchio e con un governo che sembra non aver ancor chiari i termini geopolitici della lotta per il dominio mondiale assoluto.  
Si può dire che con un intervento in Afghanistan, appoggiando l’Alleanza del Nord con la tacita connivenza di Islamabad, gli USA ripercorrano al contrario la via che portò i russi ad occupare il paese nel ’79, approfittando della Rivoluzione komeinista nel vicino Iran. 
Allora l’obiettivo strategico militare (fallito) di Mosca era quello di arrivare, passando sul Belucistan pakistano, all’Oceano Indiano, ai mari aperti, ad un passo dal Golfo Persico e dal mare di Oman, spezzando l’accerchiamento della potenza marittima USA all’Eurasia con  un controaccerchiamento da sud, verso la penisola arabica e l’alleato Corno d’Africa a ovest e l’alleata Indocina ad est.  
Le conseguenze di quel fallimento hanno determinato l’inizio della fine per l’URSS.

Oggi gli Stati Uniti sono al contrattacco sulla stessa direttrice, ma in senso inverso: passare sull’Afghanistan, per arrivare ad ovest al confine iraniano e penetrare a nord nel ventre molle d’Eurasia, istallando basi militari e di controllo nei paesi della CSI, avendo la Cina ad est e la Russia siberiana a nord: cioè proprio il retroterra logistico della grande potenza terrestre, quello che il geopolitico inglese McKinder definì l’Hearthland  [nome della rivista geopolitica di lingua inglese collegata all’italiana Limes], cioè “il Cuore della Terra”, accerchiato dal Rimland, esterno ed interno, cioè la fascia tra l’oceano e la massa continentale, dove sta appunto per iniziare la penetrazione della talassocrazia americana. 
Se si osserva una carta geografica si noterà che l’Uzbekistan, il paese di Islam (!) Karimov, che ha offerto aeroporti e basi alle truppe americane, è quello che confina, oltre che con l’Afghanistan, con tutti gli stati turcofoni asiatici dell’ex-URSS (escluso l’Azerbajgian) ed è anche il più popoloso e relativamente forte. Il “signore della guerra” Dostum, dato per morto,  è uzbeko come Massud era tagiko. Inoltre in tutti questi paesi ex-sovietici persiste una forte resistenza islamica ai rispettivi governi, che vede in Kabul un punto di riferimento. 

Un vento islamico fondamentalista che arriva al Xinjiang cinese, al Kasmir conteso tra le due potenze atomiche India e Pakistan e potrebbe estendersi al Turkmenistan, al Kirghizistan  ed allo stesso  Kazakistan. La guerriglia di ispirazione saudita, favorita fino ad ieri anche da Washington insanguina del resto il Caucaso da anni con la guerra in Cecenia. 
In questo puzzle infuocato, ognuno dei presenti ha motivi di strategia regionale, contenziosi e conflitti incrociati che passano all’interno dei confini dei singoli stati, i quali furono disegnati dai colonialisti  russi e inglesi proprio per protrarre i conflitti, assicurandosi possibilità di intervento nell’area. 
Non dimentichiamo che l’Afghanistan è un coacervo di etnie, di popoli diversi mai veramente unificatisi in uno “stato nazionale”.  
Esso rappresentava un VUOTO GEOPOLITICO, un cuscinetto di interposizione tra l’Impero Russo degli Zar e quello Britannico delle Indie prolungantesi fino al “dito di Vakhan” sul Pamir, che lo porta a confinare con la Cina. 
 Approfittando dello shock mondiale per gli attacchi kamikaze di New York e Washington, l’Amministrazione USA, i falchi della Casa Bianca e del Pentagono ferito ma non annientato, cercano di rovesciare la situazione mondiale a loro favorevole in un controllo totale dell’Eurasia, la naturale concorrente del continente americano: ancora una volta il Mare contro la Terra!

Una partita appena iniziata e tutta da giocare comunque , molto più difficile da vincere sul terreno che non sulle mappe militari degli strateghi americani.  
Bin Laden e i Talibani sono solo lo spauracchio mediatico di una strategia a vasto raggio certo pianificata ben prima degli attacchi al cuore imperiale mondialista. 
Del resto, comunque vada a finire, il Che Guevara Islamico ha già vinto la sua guerra all'imperialismo americano-sionista. 
Gli americani, mobilitando i governi di tutto il mondo contro di lui, hanno diviso il pianeta tra i filo occidentalisti loro amici e le masse oppresse, i "diseredati della Terra" non solo islamici o arabi, che vedono un eroe in questo miliardario asceta che ha rinunciato al benessere, agli agi, forse domani alla vita stessa per sostenere la causa dei perseguitati, degli oppressi, degli umili, dalla Palestina all'Iraq, dall' Afghanistan alla sua stessa patria sacra, l'Arabia Saudita. 
Si pensi solo, per fare un paragone …blasfemo, al "nostro" miliardario nostrano che ha speso miliardi per andare al potere al solo scopo di difendere i suoi interessi privati in barba alla giustizia e modificando le leggi!

Se cadrà come martire il nome di Osama bin Laden passerà alla Storia e alla Leggenda e mille e milla Osama prenderanno il suo posto. 
Ancora una volta gli USA perderanno nella vittoria, dando un ulteriore colpo di vanga alla fossa in cui si sepelliranno da loro stessi.

In ogni caso sarà tutto interesse degli strateghi di Washington allungare il conflitto più a lungo possibile; anzi possibilmente lasciando sopravvivere sacche di resistenza, per poter giustificare il mantenimento delle basi in centro Asia. Proprio come con l'Iraq: colpire la popolazione innocente, tenere il paese sotto tutela,  ma preservare Saddam Hussein come monito e spauracchio per i vicini.

Un collasso immediato dell'Afganistan favorirebbe soltanto i suoi vicini,  alleati infidi ed occasionali dell'America. 
Men che mai è auspicabile per gli imperialisti una spartizione del paese su base etnica e religiosa. 
Una vittoria poi dell'Alleanza del Nord aprirebbe ulteriori scenari bellici col Pakistan e con i Pastun d'ogni credo, riportando in gioco Russia e Iran!

Gli Stati Uniti d'America possono sopravvivere solo procrastinando all'infinito le guerre: "libertà infinita" appunto, di uccidere e depredare. 
Le potenze regionali dell’area sono coinvolte in questo gioco al massacro e cercano di trarne tutti i vantaggi immediati del caso, senza rendersi ben conto di quale sia la VERA posta in gioco che, in caso di successo, le vedrà tutte soccombere all’imperialismo ultimo arrivato. 
Per inciso l’occupazione del paese montuoso permetterà alle multinazionali petrolifere a stelle e strisce di aprire gasdotti e oleodotti per portare le ricchezze energetiche dell’area del Caspio verso sud, all’Oceano Indiano, evitando l’Iran e la Russia e l’inquieto mondo arabo mediorientale. 
In particolare la Russia (ma anche la Cina, già impegnata con gli USA e Taiwan all’altro estremo dell’Asia) conta di approfittare della situazione per eliminare la piaga ancora aperta della Cecenia, una guerra che ha regalato a Putin il potere a Mosca. 
Ma solo alcuni generali del Kremlino sembrano rendersi conto che l’appoggio americano contro Basaev e soci rischia di trasformarsi in un boomerang nell’area geopolitica del centro Asia, ben più pericoloso e determinante.  
Per schiacciare la pulce cecena Mosca si affida allo scorpione americano. 

Cina ed Iran sono certo più cauti e consapevoli del rischio; Teheran ha saggiamente rifiutato ogni collaborazione contro l’Afghanistan, un paese pur nemico dello sciismo e dell’Iran, 
proprio per evitare l’accerchiamento. 
Siamo solo all’inizio, ma certamente nei mesi e negli anni a venire si decideranno nel Vecchio Mondo classico i destini del pianeta e il dominio o meno degli USA sul globo. 
Una cosa è certa: l'attacco a New York e Washington è da porre storicamente sullo stesso piano dell'attentato di Sarajevo del '14 o della presa di Danzica del '39: E' L'INIZIO DELLA III GUERRA MONDIALE. 
Certo i tempi non saranno così stretti e successivi; passeranno probabilmente ancora anni  (forse anche 7 o 10), ma…CI SIAMO.

E l’Italia, e l’Europa in tutto questo? Qual è e quale dovrebbe essere il nostro ruolo di paesi eurasiatici e mediterranei? 
In Italia il governo reazionario Berlusconi-Fini-Bossi alimenta l’isteria antislamica e antiaraba collegandola al problema immigratorio (altro effetto perverso della globalizzazione mondialista capitalista ed americanocentrica), per allinearsi all’imperialismo statunitense. 
Anzi, in un’orgia di servilismo, il capo del governo desideroso di fare “il primo della classe”, più “realista del re”, finisce per danneggiare lo stesso Bush intento per ora ad ingraziarsi i governi arabi collaborazionisti contro i loro rispettivi popoli certamente antiamericani. 
Proprio come l’ultra destra sionista del boia  Sharon che, al contrario, fa il suo gioco spregiudicato per i propri interessi.

Il nostro interesse al contrario sarebbe  quello di favorire la pace, di avere rapporti di buon vicinato con i dirimpettai del nordafrica e del medioriente.  
L’interesse di tutta l’Europa è esattamente il contrario di quello degli USA.  
E la NATO, presentata da sempre come garanzia della nostra libertà è oggi più che mai fattore di guerra e di pericolo per gli europei. 
Ma tutto questo avrebbe un senso se l’Europa fosse uno stato unitario, libero, sovrano. 
Essendo al contrario da oltre 50 anni una colonia degli Stati Uniti d’America il nostro destino è quello del vaso di coccio tra i vasi di ferro; essere schiacciati nel grande conflitto geopolitico, strategico ed economico continentale e planetario del Terzo Millennio cominciato …"così bene"! 
Usati come carne da cannone nella guerra contro i poveri del mondo a maggior gloria del capitale. 
Nello scontro tra il “cuore dell’America” e quello dell’Eurasia noi rappresentiamo e sempre più rappresenteremo al più il …buco del culo del mondo!  
 

9 ottobre 2001