IL MOMENTO DECISIVO

Dr. Dugin, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescente tensione nelle relazioni tra Stati Uniti, Unione Europea e Russia. Alcuni affermano che questa ricorda "l'era della guerra fredda". Lei condivide la stessa opinione o c'è qualcosa di più?

«La guerra fredda è stata lo scontro tra due campi ideologici. Ora non c'è più una chiara distinzione nel campo dell'ideologia, ma piuttosto tra due versioni della stessa democrazia liberale: avanzata nel caso degli Stati Uniti e dell'Ue e in via di sviluppo nel caso della Russia. Di conseguenza si potrebbe presumere che la tensione debba ridursi notevolmente. Ma non è ciò che accade. Quindi  dobbiamo cercare la ragione delle crescenti tensioni in altri campi oltre l'ideologia. La più probabile delle ragioni della "nuova guerra fredda" è questa volta geopolitica.

Ma è legittimo chiedersi se la guerra fredda ideologica tra capitalismo e socialismo non fosse in realtà il momento di un contesto storicamente molto più ampio, la Grande Guerra dei Continenti.

Questa Grande Guerra dei Continenti è la base della comprensione geopolitica della storia: potenza del Mare contro potenza della Terra, Eurasia contro Atlantica. Se concordiamo sul questo, tutto diventa logico e chiaro. C'è la battaglia eterna tra due tipi di civiltà: la civiltà dinamica del Mare (progressista, mercantile) e la civiltà statica della Terra (conservatrice, eroica): Cartagine contro Roma, Atene contro Sparta.

Quindi la nuova escalation è il risultato della ripresa della Russia dopo il micidiale colpo che ha ricevuto negli anni '90. Il ritorno della potenza di Terra, la nuova ascesa dell'Eurasia, è il fatto principale che spiega questa nuova guerra fredda. Essa è, in realtà, la vecchia guerra fredda, la guerra fredda "eterna". Negli anni '90 ci fu la parvenza di una vittoria definitiva della potenza del Mare - da qui la globalizzazione e l'unipolarismo. Ma ora possiamo constatare che fu solo un momento, una possibilità che poteva verificarsi. Il recupero di potere da parte della Russia, così come la resistenza della Cina, del mondo islamico e l'ondata di populismo in Occidente dimostrano che questa possibilità è persa. Le élite globaliste sono sulla difensiva. Il drago è ferito ma è ancora lì. Cerca di contrattaccare e questa è la causa principale delle nuove ostilità.»

Qual è la sua opinione sugli eventi recenti che si sono verificati in Medio Oriente? Vede qualche possibilità che le cose trovino un equilibrio o stiamo andando verso un conflitto totale tra tutti gli attori in campo?

«Vedo la regione del Medio Oriente come il campo principale in cui sono in gioco l'architettura del mondo futuro e il nuovo equilibrio dei poteri. Non è un gioco caotico del "tutti contro tutti", è un episodio decisivo della Grande Guerra dei Continenti. Da un lato ci sono la Russia, l'Iran e in parte la Turchia (sempre più lontana dagli Stati Uniti) con il sostegno discreto della Cina. Questo è il campo multipolare, il blocco eurasiatico. Dall'altro lato ci sono gli Stati Uniti d'America e i loro mandatari - i paesi della NATO, Israele e l'Arabia Saudita. Essi rappresentano il polo globalista, le forze dell'unipolarità. Non era esattamente quello che Trump aveva promesso ai suoi elettori (egli aveva promesso piuttosto di interrompere gli interventi e di ritirare le truppe dal Medio Oriente), ma la classica agenda neoconservatrice. Trump è preso in ostaggio dai neocon. Potrebbe essere questo il prezzo dell'accordo politico: Trump ha lasciato la politica estera ai neocon e in cambio ha ottenuto un certo sostegno nelle sue riforme interne.

Ma il Medio Oriente è lo spazio di maggiore importanza. Se vince l'Eurasia ci sarà un ordine mondiale multipolare e il momento unipolare sarà concluso una volta per tutte (almeno per molto tempo). Se invece gli atlantisti riusciranno a vincere, guadagneranno più tempo, ritardando la loro inevitabile caduta. Questo drago ferito sopravvivrà per un po' più di tempo.

Ma comunque il Medio Oriente è cruciale. È qui che si decide il destino dell'umanità.»

In questi ultimi mesi abbiamo visto un «cambio di linea» della Russia verso la Turchia da uno scontro diretto a un pieno sostegno a tutti i livelli. Quali sono secondo lei gli aspetti e le caratteristiche di questa nuova situazione tra i due paesi?

«È il problema chiave del multipolarismo. La Turchia è respinta dal sistema unipolare ed è destinata a essere divisa. Di conseguenza può sopravvivere solo nel campo eurasiatico.

La Turchia è entrata nella NATO in circostanze storiche speciali, quando era un passo ragionevole di fronte all'eventuale aggressione di Stalin. La decisione era basata su freddi calcoli. Negli anni '90 del XX secolo e specialmente nel 2000 la situazione è cambiata radicalmente. La Russia non rappresenta più una minaccia esistenziale per la Turchia, invece gli Stati Uniti e la NATO in generale sono diventati il problema. Con la politica degli Stati Uniti in Medio Oriente e la loro strategia per quanto riguarda i curdi, la Turchia come stato nazionale è condannata.

Quindi la Turchia e la Russia hanno tutti gli argomenti razionali a favore per essere alleati.

 

È ovvio che in entrambi i paesi la lobby atlantista è molto influente. Essa cerca di sabotare questo processo: l'abbattimento dell'aereo russo, l'assassinio del nostro ambasciatore e altre provocazioni sono state preparate per distruggere questa alleanza. Quando gli atlantisti capirono che non potevano fermarlo, cercarono di rovesciare Erdogan nel colpo di stato di luglio 2016.

 

In quel momento cruciale la Russia diede alla Turchia un sostegno delicato ma decisivo.»

Negli ultimi anni, le relazioni tra Grecia e Russia hanno registrato molti "saliscendi". A che punto si trova questa relazione ora, secondo lei?

«La Grecia è un paese fraterno ortodosso. I russi sono eredi di Bisanzio e della cultura greca, siamo discendenti di civiltà dei greci. Il Monte Athos è ancora la capitale santa della nostra spiritualità. Quindi culturalmente siamo grandi amici.

Dal punto di vista geopolitico, la Grecia non è un paese sovrano in quanto è totalmente controllata dall'Ue e dai globalisti. I populisti di sinistra di Syriza hanno cercato di spezzare questa schiavitù, ma hanno fallito nonostante l'enorme sostegno popolare. I populisti di destra sono marginalizzati e repressi dall'élite globalista che ne impedisce così la naturale crescita. Quindi la Grecia come paese è preso in ostaggio dall'Ue, non è libera. Non è un soggetto della geopolitica, ma un oggetto. La Russia aiuterebbe la Grecia a liberarsi dall'occupazione atlantica, ma il compito principale dovrebbe essere svolto dai greci stessi.

Pertanto le relazioni tra i due paesi sono una cosa e le relazioni tra i loro cittadini un'altra.

Le prime sono condizionate dalla lealtà alla NATO e dal controllo dell'Ue. Quindi non possono essere buone, perché riflettono non la volontà greca, ma la posizione consolidata della potenza del Mare. Le seconde invece sono abbastanza buone, perché i russi amano i greci e siamo in debito con la cultura greca per la nostra identità cristiano-ortodossa, la grammatica, la lingua e lo stile spirituale. Ma la vera Grecia per noi è la Grecia del popolo e non delle élite. È il Monte Athos - la nostra amata Sacra Montagna - di San Cosmas d'Etolia, San Paisios del Monte Athos e Geronda Efraim di Vatopedi.»

È solo da poche settimane che Vladimir Putin è stato rieletto presidente della Russia con una significativa percentuale di voti a suo favore. Tuttavia ci sono voci, anche all'interno della Russia, che sottolineano il suo fallimento nel togliere la Russia dall'isolamento e garantire ai cittadini semplici una vita migliore. Qual è la sua opinione sulla situazione interna della Russia e cosa pensa che i cittadini russi si aspettino dalla leadership del loro paese negli anni a venire?

«Ho scritto un libro specifico su Putin: Putin contro Putin. Lì spiego l'essenziale dualità di Putin. Egli ha un doppio aspetto. Da una parte ha salvato la Russia dal declino che sembrava inevitabile e ha ripristinato la sovranità e l'indipendenza dello Stato russo. Pertanto egli è un eroe e la nostra gente capisce bene che per la nostra grandezza siamo obbligati a pagare un caro prezzo. Quindi non ci sono critiche a Putin per la Crimea o le sanzioni. Tutto ciò rappresenta piuttosto il motivo per supportarlo ancor di più. Egli è in sostanza sostenuto dai russi proprio per le stesse ragioni per cui l'Occidente (la potenza del Mare, i globalisti) lo odia.

 

D'altra parte Putin è circondato da liberali, (li chiamiamo la sesta colonna) che gli rimangono fedeli personalmente ma che cercano di imporre alla società politiche suicide. È la seconda faccia di Putin, che è bifronte proprio come l'aquila imperiale bizantina e russa. Il livello di giustizia sociale nella Russia attuale è pressoché nullo, la corruzione è selvaggia e florida, la vita spirituale e la cultura sono in uno stato di profonda depressione. E questa è la fonte di preoccupazione per l'altro lato di Putin.

 

Quindi siamo saldi e uniti a Putin di fronte ai suoi nemici all'estero, che lo odiano proprio per quello per cui noi lo amiamo, ma non siamo contenti del suo affidarsi ai liberali nel governo e altrove.»

 

Grazie Dr. Dugin per questa intervista.

 

Traduzione di Donato Mancuso