Esploratori dello spirito eurasiatico/Scontro di civiltа o sinergia euro-islamica?
Schede primarie
Esploratori dello spirito eurasiatico
Intervista a Claudio Mutti a cura di Davide D'Amario
D. - Il suo nuovo libro, Esploratori del Continente (Effepi 2011) ci presenta una galleria di filosofi, orientalisti e storici delle religioni che con la loro attivitа hanno posto in evidenza, come recita il sottotitolo del libro stesso, "l'unitа dell'Eurasia". Qual и lo scopo di questa sua indagine?
R. - Affermando che dai "medaglioni" contenuti in questo libro emerge chiara l'unitа del Continente eurasiatico, lei ha individuato correttamente lo scopo del libro. Proseguendo un tentativo giа iniziato da tempo e documentato da libri come Imperium e L'unitа dell'Eurasia, ho cercato di mostrare come la varietа delle forme di cultura nate e fiorite nel nostro Continente manifesti una vera e propria continuitа geoculturale, dall'Irlanda al Giappone. Con Esploratori del Continente il tentativo si articola attraverso i profili di personalitа intellettuali che hanno operato in diversi campi: nella filosofia, nell'orientalistica, nella storia delle religioni e nella storia dell'arte.
D. - La prima figura che incontriamo и quella del grande Inattuale. E' stata la passione di Nietzsche per un'Europa unita e forte ad indurla a collocare il "medaglione" di Nietzsche in posizione introduttiva?
R. - Nemico sia delle astrazioni mondialistiche sia del "carnevale nazionalista", Friedrich Nietzsche и senza dubbio una figura esemplare di quella razza d'uomini che egli stesso definiva come "buoni Europei". Tuttavia l'orizzonte geoculturale del grande Inattuale non era imprigionato fra l'Atlantico e gli Urali, tant'и vero fin dalla Nascita della tragedia egli afferma la complementaritа dell'Europa e dell'Asia, mentre in Al di lа del bene e del male possiamo leggere che l'Europa non и se non una "penisoletta avanzata" dell'Asia. Se in un libro uscito in Francia parecchi anni fa mi ero soffermato in particolare sull'interesse di Nietzsche per l'Islam ("religione affermativa" da lui contrapposta al cristianesimo), adesso ho completato il giro d'orizzonte effettuato da Nietzsche sul paesaggio spirituale eurasiatico, mostrando come nella sua opera si manifestino influenze provenienti dalla Persia e dall'India.
D. - Nel libro sono presenti le figure di due studiosi italiani: Italo Pizzi e Giuseppe Tucci. E' vero che l'interesse manifestato da Tucci per il Giappone non fu puramente accademico?
R. - Negli anni Trenta il professor Tucci si fece promotore di numerose iniziative intese ad allacciare saldi legami culturali tra l'Italia e il Giappone, dove fu accolto con tutti gli onori riservati ad una personalitа ufficiale: fu ricevuto dall'Imperatore, parlт in Senato, lesse alla radio un messaggio del Duce. D'altronde le attivitа culturali di Tucci non furono mai "puramente accademiche", poichй egli intese la cultura come una forza spirituale che agisce in tutti i campi dell'esistenza umana. A riprova di ciт, mi limito a ricordare il suo rapporto d'amicizia con Subhas Chandra Bose: Tucci lo aiutт in tutti i modi possibili per agevolare la sua ricerca di un sostegno italiano alla lotta di liberazione dell'India.
D. - Che significato ha il rapporto di Martin Heidegger con l'Iran, al quale lei ha dedicato il capitolo conclusivo del libro?
R. - Finora era noto l'interesse di Heidegger per il buddhismo e per lo Zen in particolare, interesse ampiamente ricambiato da parte degli studiosi giapponesi. Bisogna perт notare che un interesse intenso e vivace per l'opera di Heidegger si и diffuso nella Repubblica Islamica dell'Iran, dove nel 2005 l'Universitа di Tehran ha celebrato un convegno internazionale sul tema "Heidegger e il futuro della filosofia in Oriente e in Occidente". Le origini della fortuna di Heidegger in Iran risalgono al 1980, quando un ex allievo persiano di Heidegger, Ahmed Fardid, assunse un ruolo eminente nel Consiglio Supremo per la Rivoluzione Culturale Islamica, diventando il punto di riferimento di una corrente intellettuale che si richiamava esplicitamente al pensiero heideggeriano. Vale la pena di dire che la corrente heideggeriana, che negli ambienti universitari si contrappone a quella "popperiana" dei cosiddetti riformisti, annovera tra i propri sostenitori anche l'attuale presidente Mahmud Ahmadinejad
Scontro di civiltа o sinergia euro-islamica?
D. - L’analogia tra i “Fedeli d’Amore” e il Tasawwuf, insieme alla poesia persiana – indicata da Italo Pizzi come da Luigi Valli – и un caso esemplare non solo della corrispondenza, ma anche dell’enorme influenza che l’Islam ha avuto sulla nostra civiltа?
R. - Mi fa piacere che Lei citi, oltre a Luigi Valli, anche il mio concittadino Italo Pizzi, al quale ho voluto dedicare un capitolo di un mio libro recente, Esploratori del Continente. In una memoria presentata alla R. Accademia delle Scienze di Torino, il Pizzi illustrт, centovent’anni fa, Le somiglianze e le relazioni tra la poesia persiana e la nostra nel Medio Evo; oltre a ciт, egli attribuм un'origine persiana al romanzo di Tristano e Isotta, rilevando le analogie tra la pazzia di Tristano e quella del giovane Qays nelle opere di Nezвmо e di Giвmо. Che l’Islam abbia esercitato un’influenza enorme sulla civiltа europea, e non solo nell’ambito della poesia, и un dato di fatto, del quale dovrebbero prendere atto coloro i quali biascicano di continuo la formuletta ideologica delle “radici giudaico-cristiane” dell’Europa. Le piщ antiche radici dell’Europa sono greche; e l’Islam, oltre a fornire un suo proprio apporto allo sviluppo della nostra civiltа, ha anche riconsegnato all’Europa buona parte dell’ereditа greca.
D. - Le Crociate, seppur tra lotte e spargimenti di sangue, stabilirono strettissimi rapporti tra l’Occidente e il mondo arabo-persiano. Eppure proiettiamo sulle guerre dell’antichitа l’ombra della guerra totale contemporanea.
R. - Le Crociate, che senza alcun dubbio produssero l’effetto da Lei ricordato, furono anche die hцhere Seerдuberei: “pirateria di grado superiore”, per riprendere l’espressione di Nietzsche, che ad esse contrapponeva l’esemplare politica di “pace e amicizia con l’Islam” perseguita da Federico II di Svevia. Perciт, se и inevitabile che nel mondo musulmano gli odierni pirati occidentali vengano visti come “i nuovi crociati”, и anche vero che lo scontro odierno non presenta certamente i risvolti positivi che si possono individuare nelle Crociate vere e proprie. A quell’epoca infatti, come pare abbia detto un pontefice del secolo scorso, si trattт in fin dei conti di “una lite in famiglia”, ossia di uno scontro fra due civiltа animate entrambe da ideali religiosi. Oggi invece, assistiamo ad un evento alquanto diverso: al tentativo della barbarie americana di estendere e di consolidare la propria egemonia su aree che erano rimaste relativamente immuni.
D. - Nell’Occidente secolarizzato и rimasta tuttavia la concezione unilineare del Cristianesimo. Quali sono le conseguenze?
R. - Se interroghiamo l’etimologia, l’Occidente и la terra del tramonto, della caduta, sicchй la secolarizzazione si inscrive fatalmente nel suo destino. Infatti la storia e il progresso, in cui l’uomo occidentale e secolarizzato и inevitabilmente immerso, sono esattamente, per citare Mircea Eliade, “una caduta che implica l’abbandono definitivo del paradiso degli archetipi e della ripetizione”. Effettivamente il cristianesimo ha uno stretto rapporto con tutto ciт, in quanto si tratta della religione dell’uomo storico, che ha scoperto la libertа individuale ed ha sostituito il tempo continuo a quello ciclico.
D. - La definizione di Islam moderato e laico и assurda e paradossale come lo и il tentativo di modernizzare l’eterno?
R. - L’espressione “Islam moderato” costituisce una tautologia, perchй lo spirito islamico и fondamentalmente improntato, come diceva giustamente il Bausani, all’ideale della mesotes, ossia, per dirla alla latina, del modus in rebus. La tautologia in questione, bovinamente accettata dal pubblico semicolto della televisione e delle gazzette, и stata coniata dai fautori dello “scontro di civiltа”, i quali hanno intrapreso – e con un certo successo – il tentativo di arruolare truppe ausiliarie musulmane nello schieramento occidentale. Traducendo dalla neolingua occidentalista, risulta che “Islam moderato” и quello dei musulmani made in USA, compresi i tagliagole che in Libia hanno collaborato con la NATO e i terroristi che stanno tentando di sovvertire l’ordinamento politico siriano per conto dell’Occidente. Se l’”Islam moderato” и una tautologia, l’”Islam laico” и un ossimoro, poichй, mentre il laicismo propugna la totale autonomia dello Stato nei confronti della religione, l’Islam sostiene esattamente il contrario. A questo proposito, и interessante osservare che i “laici”, nel loro desiderio di trovare il laicismo anche dove non c’и, indicano esempi di “Islam laico” in paesi musulmani come la Libia, dove spesso era Gheddafi in persona a guidare la preghiera collettiva, o come la Siria, la cui Costituzione stabilisce che “fonte della legge и la teologia islamica”!
D. - Sfatiamo un altro mito che vuole l’Islam feroce e parossistico? L’Islam и, invece, la religione dell’equilibrio.
R. - In un celebre versetto coranico (II, 43) Dio si rivolge ai Credenti con queste parole: "Wa kadha^lika ja'alna^kum ummatan wasatan". Lo si potrebbe tradurre in questo modo: "Cosм abbiamo fatto di voi una comunitа dell'aureo mezzo". Infatti l'aggettivo wasat, che significa "mediano", indica il punto egualmente lontano dai due estremi, sicchй i Credenti sono designati come la comunitа del giusto mezzo e dell'equilibrio. Per realizzare questo ideale di giustizia, nella misura in cui ciт и realisticamente possibile, l'Islam si propone di guidare i bisogni, le inclinazioni e i desideri degli uomini mantenendoli entro i limiti della legge divina. In tal modo, sulla solida base di questo equilibrio, l'uomo puт costruire la sua fortezza spirituale, da cui contemplare l'Assoluto.
D. - L’espansione dell’Islam in Europa dagli anni Trenta a oggi и dovuta al fatto che questa sia la forma piщ adatta o custodire la Tradizione primordiale?
R. - In effetti la rivelazione coranica si presenta come ultima e definitiva nell’attuale ciclo di umanitа e come essenzialmente riassuntiva delle rivelazioni precedenti; ciт conferisce all’Islam un grado di universalitа che lo rende accessibile a uomini di diversa origine geografica, etnica e culturale. D’altronde, se la civiltа islamica и stata storicamente l’intermediaria naturale tra l’Oriente e l’Europa, ciт si spiega non solo con la presenza dell’Islam in un’area geografica contigua all’Europa ed anche parzialmente interna all’Europa stessa (Spagna, Sicilia, Balcani), ma pure col fatto che tra le forme spirituali non cristiane quella islamica и la meno lontana, per le sue caratteristiche, dalla mentalitа tradizionale europea. Indicare gli anni Trenta come momento iniziale dell’espansione dell’Islam in Europa mi induce a pensare che si attribuisca una certa importanza all’influenza esercitata dall’opera di Guйnon e ai conseguenti ricollegamenti di gruppi di Europei ai centri spirituali del mondo musulmano. Questo fenomeno ha avuto certamente il suo peso, ma non bisogna dimenticare il contributo che altre cause ed altri fattori hanno dato alla diffusione dell’Islam (in primo luogo, gli “spostamenti etnici” previsti proprio da Guйnon).
D. - Frithjof Schuon scrive che il mondo и infelice perchй gli uomini vivono al di sotto delle loro possibilitа. Possibilitа, quindi, spirituali, non materiali…
R. - Visto che mi cita Schuon, mi consentirа di rispondere con una citazione dello stesso autore: “Poichй viviamo sotto tutti gli aspetti in un tale guscio (Schuon allude al “guscio” della relativitа esistenziale), abbiamo bisogno, per sapere chi siamo e dove andiamo, di quello strappo cosmico che и la Rivelazione”.
(Intervista raccolta da Fiorenza Licitra per "La Voce del Ribelle", 17 gennaio 2012)
Solidarietа euro-islamica contro il mondialismo
Osservando gli avvenimenti che hanno luogo nell'Europa occidentale, assistiamo tra l'altro al paradosso per cui certi gruppi nazionalisti, che si dichiarano antimondialisti, si attestano su posizioni di ostilitа nei confronti degli immigrati musulmani. Non и assurdo questo antagonismo di forze antimondialiste?
C.M. Da parte dei gruppi di cui Lei parla viene dichiarata l'intenzione
di difendere la specificitа europea contro elementi etnici e culturali
che rappresenterebbero qualcosa di alieno. Perт sм и anche potuto
scoprire, grazie alla recente pubblicazione di alcuni documenti di
origine statunitense, che alcune centrali dello spionaggio americano
hanno manovrato certi, ambienti xenofobi tedeschi. Inoltre, sempre
in Germania, circola la notizia secondo cui la vecchia "Stasi" della
Repubblica Democratica, sotto la direzione dell'ebreo Markus Wolf,
sarebbe passata al servizio degli USA e agirebbe in seno ai movimenti
xenofobi. Ciт si spiega facilmente con il progetto americano di destabilizzare
la Germania e di creare una perenne conflittualitа tra Europei ed
immigrati, soprattutto gl'immigrati musulmani. Quanto ai cosiddetti
nazionalisti europei, se veramente avessero in vista la costruzione
di una grande Europa continentale (l'unica possibilitа geopolitica
per far fallire ogni disegno di egemonia mondiale americana), dovrebbero
considerare le prefigurazioni storiche dell'Impero europeo, a cominciare
dall'Impero Romano. Ebbene, l'Impero Romano inglobт entro i propri
confini l'odierno Nordafrica e fece entrare nel Senato, fin dai tempi
di Claudio, esponenti di famiglie nordafricane, finchй, con Settimio
Severo, Roma ebbe addirittura un imperatore d'origine africana, e
non certo dei peggiori. In una prospettiva geopolitica di tipo imperiale,
nel quadro di un'Europa che non sia la misera Europa della CEE, ma
l'Europa disegnata dalla geografia da Dublino a Vladivostok e dal
Mar Glaciale Artico ai limiti del Sahara, i popoli nordafricani fanno
parte della famiglia dei popoli dell'Impero, sicchй l'immigrazione
nordafricana in Francia o in Italia и, a rigore, una migrazione interna.
Il che non vuol dire, ovviamente, che i fenomeni di sradicamento e
di miscuglio culturale debbano essere incoraggiati
La tendenza storica attuale, tuttavia, sembra
dirigersi in un senso opposto a quello della formazione di grandi
spazi imperiali. Sia in Europa occidentale sia nell' ex-Urss prevale
una tendenza alla regionalizzazione che si manifesta talora in forme
tragiche, come nell'ex-Jugoslavia o nell'Asia centrale.
C.M. C'и chi pensa che la frammentazione regionalista corrisponda
a una rinascita del sentimento d'appartenenza e ad un rinvigorimento
delle identitа culturali ed etniche, dunque che si tratti di una tendenza
contrapposta a quella dell'omologazione mondialista. Ciт puт essere
vero solo per quanto concerne le pie intenzioni dei regionalisti e,
in genere, dei fautori delle forme odieme di tribalismo. Nella realtа,
se vuole conservarsi e svilupparsi, ogni cultura specifica deve disporre
di un potere politico che la difenda e la salvaguardi. Ora, nй la
Croazia nй il Tagikistan, presi da soli, hanno la potenza necessaria
per difendere la propria specificitа. Se nel secolo scorso le dimensioni
richieste perchй uno Stato europeo fosse indipendente erano quelle
della Francia, della Spagna, dell'Italia, oggi i soli stati che possono
essere indipendenti e svolgere una loro funzione storica sono gli
Stati a dimensione continentale, cioи quegli Stati che dispongono
di un territorio con una superficie di qualche milione di chilometri
quadrati, di una demografia calcolabile in centinaia di milioni, di
ricchezze naturali sufficienti, di tecnologia sviluppata. Ora, questo
non и il caso nи della Croazia nи del Tagikistan nи di tutti i popoli
di cui si sente parlare da qualche anno a questa parte. Ma non и neanche
il caso della Germania da sola o della Russia da sola. Se i singoli
popoli del grande spazio compreso tra Dublino e Vladivostok vogliono
tutelare le loro specificitа, devono rinunciare all'utopia (favorita
dal nemico mondialista) dello Stato a base etnica, regionale e nazionale.
Devono prevalere criteri di geopolitica, di civiltа comune e di avvenire
comune. Croati e Tagiki, se non vogliono scomparire nel melting pot
mondialista, devono aggregarsi con gli altri popoli del grande spazio
di cui fanno parte. Altrimenti saranno indipendenti cosм come lo era,
nel secolo scorso, il Ducato di Parma. Lм i miei avi erano sudditi
di una duchessa locale, ma quella duchessa era la figlia dell'imperatore
d'Austria e la moglie di Napoleone.
In tutto questo vi и sempre stato, per noi,
qualcosa di tragico, perchй un grande Stato continentale и anche una
grande burocrazia, e la burocrazia и una sorta di mondialismo interno.
C.M. Il problema, infatti, consiste nel non confondere
l'imperium con il dominium, nel mantenere al livello strettamente
necessario la forza centripeta e nel non assegnare allo Stato ciт
che и di competenza della persona, della famiglia, della comunitа
culturale. Tale esigenza non comporta necessariamente, perт, una soluzione
di tipo confederale. Anzi, nel caso in cui l'Europa (Russia compresa)
arrivasse ad unificarsi, una soluzione confederale sarebbe suicida,
perchй la confederazione conserverebbe i germi della dissoluzione.
L'esempio migliore и quello dell'URSS: lo Stato sovietico ha conservato
e istituzionalizzato quelle fessure interne (i confini tra i vari
Stati federati) che alla fine si sono allargate. Il crollo dell'URSS
и cominciato proprio da queste fessure: con la secessione delle repubbliche
baltiche. A parte questo rischio estremo, uno Stato che al proprio
interno mantenesse diversi Stati, ciascuno con una propria legislazione,
sarebbe caotico. Immaginiamo, nel caso ipotetico di un'Europa confederata
e non unitaria, che un italiano sposato con una francese debba divorziare
davanti ad un tribunale tedesco. Quanti codici civili si scontrerebbero
in un processo del genere?
Questa prospettiva di unitа continentale
и ostacolata, in Russia e nell'ex Unione Sovietica, dal timore dell'Islam.
Timore per la sua esuberante demografia e per il suo dinamismo che,
si dice, potrebbero dar luogo ad una islamizzazione di tutta questa
grande area. Alcuni pensano che questa eventualitа rappresenterebbe
un pericolo piщ grave del mondialismo stesso. Che cosa risponderebbe
Lei a chi manifesta tali timori?
C.M. Come in ogni dilemma, i corni sono due. O i Russi
si fanno colonizzare dal mondialismo, e in questo caso perderanno
inevitabilmente la loro specificitа culturale, religiosa ed anche
etnica, nonchй la stessa dimensione umana, o scelgono la solidarietа
con l'Islam, da parte del quale non hanno nulla da temere. И sufficiente
che guardino la storia dell'Islam. Quando l'Islam ha dovuto governare
regioni abitate da comunitа cristiane, queste comunitа hanno tratto
vantaggio dal vivere in un quadro politico islamico. (Ecco la distinzione
tra imperium e dominium!). I cristiani orientali, che hanno vissuto
per secoli come sudditi di un'autoritа politica islamica, hanno salvaguardato
la loro specificitа mille volte meglio che non i cristiani occidentali.
Le due diverse condizioni sono sotto gli occhi di tutti. D'altronde
fu proprio un Russo e un Ortodosso, il pensatore tradizionalista Konstantin
Leont'ev, ad affermare che i Russi devono unirsi ai Musulmani perchй
l'Islam rappresenta un potente e benefico ancoraggio contro le tendenze
antitradizionali.
da "Aurora", anno V, n° 5, Maggio 1993