INTERVENTO DI ALEKSANDR DUGIN ALLA CONFERENZA ONLINE "POLIS E IMPERO"

Evento registrato in data 16 luglio 2021, sul Canale YouTube di Idee&Azione:

https://www.youtube.com/@ideeazione5559

Trascrizione e abbellimento letterario a cura di René-Henri Manusardi.

PREMESSA

    Vi presentiamo con soddisfazione e gioia, il presente intervento del Prof. Aleksandr Dugin, di elevatissima qualità intellettuale, il quale enuclea e ci delucida – con la sua indiscutibile chiarezza di pensiero – riguardo le origini metafisiche e remote della Modernità, che dal punto di vista filosofico trovano inizio nella corrente propria del nominalismo medievale.

    Inestimabile poi per il suo ineguagliabile valore, che collega e salda il tradizionalismo duginiano erede di Evola e di Guénon con il pensiero controrivoluzionario europeo e mondiale degli ultimi due secoli, l’affermazione secondo cui la Modernità è rivoluzione antimetafisica. Affermazione violenta, nel tipico stile duginiano, la quale ribalta il presunto valore positivo e inappellabile del termine “rivoluzione” intesa quale lotta di popolo per il ritorno ad un ordine precedente violato – ma che in realtà rispecchia solo un attaccamento emotivo ed esistenziale di chi non vuole scollarsi da quel

    «(…) problema (…) che quasi tutto ciò che continuiamo a pensare appartiene al retaggio delle prime tre teorie politiche»[1],

    a favore, all'opposto, di una comprensione della “Rivoluzione” vista come la concretizzazione del piano satanico attualizzato nella Storia a partire dal tardo Medioevo e dal primo Rinascimento, teso alla sovversione e al rovesciamento dell’Ordine divino fondato sul Trono e sull’Altare, tema che affronteremo con energia in un prossimo imminente Articolo per il portale di Idee&Azione.

    Ci consoli nel frattempo la dichiarazione aristocratica controrivoluzionaria che Julius Evola enunciò come imputato durante il Processo ai F.A.R. nel 1951. Tale emblematica dichiarazione sia un incoraggiamento senza mezze misure, utile a tutti quegli appartenenti all’Ordinovismo, i quali in Continuità Ideale hanno deciso di transitare con fermezza dalla Terza Teoria Politica alla Quarta Teoria Politica, ma ancora fanno fatica ad uscire dalle coordinate ideologiche ed esistenziali del socialismo nazionalpopolare dell’Uomo Nuovo, a causa di una vernice culturale che quando ha anche un elevato spessore, resta però sempre lontana dai presupposti radicali della Tradizione, che attraverso il pensiero dell’Eurasiatismo e del magistero duginiano, oggi ci indica il nuovo inizio dell’Imperium geopolitico e multipolare per una Nuova Europa:

    «In realtà le posizioni che ho difeso e che difendo, da uomo indipendente – perché non sono mai stato iscritto a nessun partito, né al P.N.F. né al P.R.F., né al M.S.I. – non sono da dirsi «fasciste» bensì tradizionali e controrivoluzionarie. Nello stesso spirito di un Metternich, di un Bismarck o dei grandi filosofi cattolici del principio di autorità, De Maistre e Donoso Cortes, io nego tutto ciò che, direttamente o indirettamente, deriva dalla Rivoluzione francese e che secondo me ha per estrema conseguenza il bolscevismo, a ciò contrapponendo il “Mondo della Tradizione”. Tutto questo risulta nel modo più chiaro della mia opera fondamentale, rimessa alla Corte, “Rivolta contro il mondo moderno”, le due parti della quale si intitolano appunto “Il mondo della Tradizione” e “Genesi e volto del mondo moderno”. Nella prefazione, io indico proprio questo libro come la chiave per ben comprendere i miei scritti propriamente politici; e il critico inglese McGregor cosi parla di tale opera, nel giudizio riportato nella seconda edizione di essa: “Più che il capolavoro dello Spengler italiano chiamerei questo libro il baluardo dello spirito tradizionale e aristocratico europeo”. Questa mia posizione è ben nota, e non solo in Italia. Anche in un recentissimo libro dello storico svizzero A. Mohler («Die Konservative Revolution», Stuttgart, 1950, pp. 21, 241, 242), mi si fa l’onore di mettermi a fianco di Pareto e mi si considera come il principale esponente italiano della cosiddetta «rivoluzione conservatrice». Perciò, nei miei riguardi, di apologia di «idee proprie al fascismo» non è affatto il caso di parlare. I miei principi sono solo quelli che prima della Rivoluzione francese ogni persona ben nata considerava sani e normali». [2]

In nomine Domini. 22 Novembre 2023, nel giorno della Memoria di Santa Cecilia, vergine e martire

René-Henri Manusardi

PRIMA PARTE INTERVENTO

    Molte grazie, molte grazie a voi, a Lorenzo, a Giacomo Maria Prati per le parole (di elogio n.d.r.) che credo siano troppe. Perché io stesso pur essendo un rappresentante della Grande Tradizione, non sono nessuno individualmente, sono il continuatore della Grande Tradizione, una piccola parte della catena dei pensatori che erano molto più grandi di me, per questo sono il servitore della causa, niente più.

    Per parlare dell’argomento, credo che bisogna introdurre una differenziazione molto importante e molto attuale per comprendere i problemi differenti della politica, della filosofia, della cultura. Propongo, ho proposto, sto proponendo due termini, penso, molto importanti per comprendere tutto: internalità ed esternalità, interno ed esterno. Questi termini non corrispondono direttamente con le modalità eso- ed exo- dell’esoterismo di Guénon e di Evola. Questi due termini corrispondono piuttosto al modo di porre o situare il “centro”, ossia dove noi poniamo il “centro”.

    Possiamo porre il “centro” dentro di noi, all’interno di noi. E questa internalità assoluta coincide precisamente con il Soggetto Radicale o con l’intelletto attivo di Aristotele. Aristotele nel suo Trattato sull’Anima, ha spiegato molto bene che il centro assoluto dell’anima è l’intelletto attivo e ci sono anche altre parti dell’anima che sono le parti dell’intelletto passivo L’intelletto attivo con l’intelletto passivo formano l’unità dell’interiorità.

    Ma questo manca nella tradizione filosofica della Modernità. Precisamente, questa idea che dentro, nell’interiorità dell’anima, esiste qualcosa, una cosa che è più interiore e intima, più interiore dell’interiore stesso ed è trascendenza immanente in noi, dentro di noi, non fuori di noi. Questo esattamente è il centro dell’interiorità e l’elemento o la caratteristica centrale, essenziale, di questa internalità è la libertà assoluta.

    Quando noi poniamo questo centro nell’interiorità assoluta, non ci sono limiti, non c’è la necessità. E, uscendo da questa centralità intima, più interiore che l’interiore stesso, possiamo creare o sviluppare la visione spirituale e questa è l’internalità, cioè quando il punto centrale è l’intelletto attivo o Soggetto Radicale, totalmente libero, libero da tutte le limitazioni. Quando comincia a comunicare con l’intelletto passivo, con questa passività, appaiono aspetti di levitazione, ecc.

    Andando in questo senso dall’interiore verso l’esteriore, finalmente nella frontiera di questo cammino dall’interiore verso l’esteriore, nel limite appare il corpo. Ma il corpo, la materia, la materialità, non è esternalità, non è esterna ma è continuazione nella logica di questa internalità stessa. Il corpo è il concetto individuale, la materia è la cosa che esiste grazie a questa interiorità, a questo intelletto attivo e non da sé stessa.

    Questa è la visione dell’internalità, ma possiamo porre il centro ontologico fuori di noi, fuori dalla nostra anima, fuori dalla visione platonica e aristotelica, classica, cristiana, del Medioevo. Fuori, fuori dall’interiorità, qui comincia la Modernità, questa trasformazione del centro. Dove poniamo il centro dell’essere, fuori o dentro? È molto importante, c’è bisogno di porlo nell’intimità, nel centro dell’interiorità, non nella periferia. Osiamo sempre sbagliare nella differenza che intercorre tra intelletto attivo e intelletto passivo, ma l’intelletto attivo è interiore, è il centro dell’interiorità.

    Questo è il centro, l’essenza dell’essere, nell’internalità, ma la Modernità ha posto questo centro al di là, oltre questa anima, nell’esternalità che non esiste, nello spazio vuoto e illusorio, nella menzogna, nell’errore, fuori dall’ontologia dell’internalità. Questa, è una rivoluzione metafisica o meglio antimetafisica, quella cioè di trasformare il centro dell’essere fuori, oltre questa internalità.

    Ossia, dare a questo vuoto, a questo niente che sta fuori da tutta l’internalità, dargli le proprietà della realtà, di Dio, poiché tutto sta nell’esternalità, Questa esternalità ha una caratteristica essenziale: è necessità, tutto è necessario, tutto è limitato, tutto è definito nell’esternalità, perché questa esternalità è antonimo della libertà e sinonimo della schiavitù.

    Per questo, quando abbiamo la Polis come centro della nostra visione, del nostro interesse, dobbiamo dall’inizio definire che esistono due modi di capire, di concepire la Polis. Polis come esternalità, Polis esternale e Polis internale. La Tradizione classica, platonica, aristotelica, di Sant’Agostino, cristiana del Medioevo: tutte queste forme di cultura e di civiltà, riguardavano sempre la Polis sotto l’aspetto internale.

    Giacomo Maria Prati ha spiegato molto bene che la Polis significa essere bella, essere organizzata, essere non solo etica ma anche estetica e ontologica, perfetta come l’essere di Dio. La libertà, la bellezza, il Logos, sono le cose bellissime. La bellezza della Polis non è una caratteristica esteriore, la Polis è la bellezza, la Polis è grandezza, la Polis è trascendenza immanente, per questo è un cielo sulla terra, è il sacro dall’inizio, non è sacralizzata, è il sacro.

    Per questo costruire la Polis è costruire il mondo, è questo il mundus latino che era il centro di tutta la città. La creazione della città, della Polis è la creazione del kosmos, è libertà assoluta dei costruttori della Polis, perché plasmavano come creatori di Polis come il Logos, come gli dei, come esseri radicalmente liberi.

    Esiste una visione della Polis radicalmente opposta, secondo cui la Polis è necessità, che è costruita per guardare alle cose materiali, per difenderla contro i nemici. Tutti i poteri dell’apparizione, del senso, del destino della Polis bisogna ridurle a queste due forme: parliamo della Polis dell’internalità o parliamo della Polis dell’esternalità. Tutta le spiegazioni della Polis che cominciano con esternalità, con necessità, con sviluppo materiale, con ragione esternale sono tutte sbagliate. Tutto questo bisogna porlo a lato e dimenticarlo.

    Bisogna sviluppare questo discorso sulla Polis non in modo ideale, non solo ideale, come nel caso di Platone o della Città di Dio di Sant’Agostino, ma La Polis che unicamente esiste è la Polis esistenziale, non c’è nessun’altra Polis al di fuori di questa Polis internale. Tutti i nomi della Polis, l’idea di Polis, la Repubblica di Platone come Trattato più importante politico e platonico nello stesso tempo – questo è il testo numero uno della filosofia e il testo numero uno della politica – non è una coincidenza casuale. Questa è l’idea che la Polis è filosofica, è metafisica, spirituale, sacra, tradizionale dall’inizio, perché la Polis è precisamente la cifra dove sta il centro, dove sta il Soggetto Radicale, dove sta questa libertà, dove sta questo punto più alto delle gerarchie dell’ordine.

    Per questo la Polis è precisamente il fenomeno più grande, più importante. La Polis è sempre la capitale, il centro assoluto e per questo la Polis è un’immagine della Gerusalemme celeste nella tradizione cristiana. Tutta la Polis, la Polis vera e l’unica Polis che esiste, tutte le Polis che esistono sono discendenti, sono sviluppi di questa unica Polis. Roma, precisamente, era concepita così e per questo noi, i Russi, chiamiamo Mosca la Terza Roma, perché essere Roma è essere Polis, essere Polis è essere il centro assoluto.

    La politica è tutto quello che ha relazione con questo concetto internale della Polis. Politica è Polis e tutto ciò che sta intorno alla Polis. Tutta la politica deve incominciare dal centro più importante: dalla filosofia, dalla metafisica e senza questo la politica non è politica. È una forma di riorganizzazione dell’esternalità, ma esternalità è un concetto anti-ontologico, è un errore, per questo dobbiamo riesplorare la divinità della vera e propria politica. Non c’è altra politica, al di fuori di questa unica politica, che precisamente deve essere compresa e capita in questa geometria metafisica, spirituale e filosofica.

 

SECONDA PARTE INTERVENTO

 

    Grazie al Professor Lorenzo Maria Pacini, grazie a Giacomo Maria Prati. È molto importante questo tema della vostra conferenza, ma ritornando al concetto dell’esternalità e dell’internalità, voglio aggiungere alcune considerazioni. È molto importante andare all’inizio di questa perversione. Inizia quando l’esternalità con questa privazione, con questa necessità, con questa ontologia delle cose esteriori che esistono da sé stesse, quando tutto questo è entrato in Occidente, nella Civiltà, a poco a poco, passo dopo passo, ha distrutto tutta la nostra realtà. È una forma di distruzione della realtà, la realtà è distrutta da questa esternalità. Niente può essere spiegato con l’esternalità, non esistono atomi, non esistono le cose in sé stesse, non esiste il mondo totalmente separato dall’intelletto, dal Logos, non ci sono le cose.

    Secondo la Modernità, al contrario, esistono solo e davvero le cose esternali, le cose che coincidono con la realtà (visibile n.d.r.).  La realtà per la Modernità è la realtà nominalista, quella realtà delle idee secondo cui solo le “cose” esistono, ma i sensi, gli universali, tutto ciò che è spirituale non esiste. Le cose esistono, le anime non esistono. Le anime sono i nomi, non stanno dentro le cose, ma stanno fuori dalle cose, i nomi stanno fuori dalle cose. I nomi non coincidono, non hanno la realtà interiore, non c’è questa dimensione interiore, non c’è internalità con l’inizio di questa Modernità che possiamo vedere con Roscellino, Gioacchino da Fiore e, nell’Ordine francescano, con Ockham e Duns Scoto, essi rappresentano tutta una tradizione la quale connota questo Medioevo.

    Già nel Medioevo quindi è cominciata questa deviazione, questa preparazione per organizzare la metafisica dell’esternalità. Questa metafisica poi infetta l’Impero, infetta la scienza. Così, la scienza è esternale, la politica è esternale, la società è esternale, la cultura è esternale. Ma tutto questo movimento è precisamente il passaggio dall’internalità all’esternalità.

    Il mondo, tutto il giorno, ogni giorno, diventa il mondo moderno e postmoderno, diventa sempre più esternale, più atomizzato. Il mondo si sta muovendo: politica, tecnologia, cultura, stanno muovendo il centro sempre più all’esterno – dell’esterno – dell’esterno. Per questo tutte le cose si distruggono, tutte le società, l’uomo, la salute, tutto! Questa è una disintegrazione di tutto, perché? Perché hanno perso il centro internale. Ma negando l’esistenza stessa dell’internalità, quando passano dal realismo al nominalismo hanno già distrutto lo Stato, hanno distrutto l’Impero, hanno distrutto la filosofia, hanno distrutto la religione, la gerarchia, l’ordine, la bellezza, tutto veniva distrutto in questo processo di passaggio dall’internalità all’esternalità.

    Risulta molto importante, non solo dare questo tipo di giudizio che era già stato asserito da Guénon e da Evola, giudizio totalmente corretto che il mondo moderno è totalmente anormale, non è il mondo, è una perversione, una parodia, una grande parodia del mondo e non il mondo stesso, non è cosa, non è bello, non è giusto, non è reale. È molto importante capire che quando pretendiamo che la realtà sta fuori dalla nostra anima, fuori dal nostro intelletto, dal nostro centro, dopo questa affermazione tutto è perso, tutto!

    Non è possibile salvare lo Stato, la politica, la cultura, la filosofia, l’educazione, senza fare la guerra contro questa esternalità. Perché accettando l’esternalità nella scienza, nella politologia, nell’arte, nel tutto, nella storia, accettando la necessità come aspetto dell’ideologia che muove il tempo, la società, necessità che muove la società e non la libertà. Dopo questa accettazione, dopo questa privazione, dopo questa esternalità tutto è finito, non possiamo difendere niente. Accettando i concetti della scienza moderna, della politica moderna, della cultura moderna, la Modernità è precisamente questa esternalità. La Modernità coincide con l’esternalità e la Tradizione coincide con l’internalità.

    Possiamo intraprendere uno sviluppo di tali concetti. Possiamo parlare della differenza tra Impero e Stato. Come Giacomo Maria Prati ha detto giustamente, l’Impero è differente dallo Stato non grazie alla grandezza dei suoi territori. Si tratta di una sacralità e lo Stato può essere sacro o può non esserlo, mentre l’Impero non può essere non sacro. L’Impero non sacro è l’imperialismo, è una grande parodia. L’Impero è sacralità, coincide col concetto della sacralità. Lo Stato a volte coincide, a volte non coincide. Lo Stato può divergere da questo, da questa sacralità, l’Impero non può divergere. Per questo tra Stato e Impero la differenza è qualitativa e non quantitativa. Un grande Stato non è tuttavia Impero. Possono esistere piccoli Imperi, veri Imperi ma non grandi. Gli Stati possono essere più grandi degli Imperi, Stati non imperiali. Ed è qui interessante delineare la corrispondenza tra intelletto attivo e intelletto passivo. Lo Stato lo possiamo comparare con l’intelletto passivo, che è un recipiente dell’intelletto attivo, è una forma che riceve l’intelletto attivo e trasforma e riorganizza l’esteriorità.

    È importante affermare che l’esternalità non è, l’esteriorità è. L’esteriore è sempre possibile con il cammino dal centro fino alla periferia. L’esteriorità esiste, l’esternalità non esiste. Esternalità è una metafisica che afferma che fuori dal Logos ci sono le cose, la materia, e che c’è una ontologia che non è dipendente dall’interiorità. Per questo l’esteriore può esistere ma l’“esterno” nel senso metafisico non può esistere, è una illusione, un nichilismo, una forma della perversione mentale e ontologica.

    L’esternalità non esiste, è un concetto, meglio dire un’epistemologia radicalmente sbagliata. La Modernità è erronea in assoluto, è un errore da negare radicalmente. Ma distruggendo l’esternalità non distruggiamo l’esteriorità. Le cose esteriori possono esistere, esistono nella linea che separa niente e tutto, essere e non essere. In questa linea, in questa frontiera esistono le cose esteriori, ma di più esteriore non c’è nulla secondo Platone, Aristotele, secondo Tommaso d’Aquino, secondo tutta la filosofia vera e la fisica vera. Fuori dall’interiore non c’è nulla, non c’è niente.

    Nella frontiera tra interiorità e niente, c’è l’esteriorità, ci sono le cose interiori che produciamo fenomenologicamente noi stessi, ma non noi stessi come portatori dell’intelletto passivo, ma come recipienti dell’intelletto attivo, del Logos che lavora dentro di noi e con noi, attraverso di noi, che passa per mezzo di noi. E possiamo dire che lo Stato, normale, abituale, generale, comune, risponde a questo intelletto passivo, ma l’Impero coincide con l’intelletto attivo. Impero e monarchia su cui riflette San Tommaso d’Aquino, questa monarchia sacra è precisamente intimità assoluta, interiorità più interiore che l’interiore stesso.

    Qui possiamo comprendere meglio la storia della grotta di Platone, e precisamente chi è il Re Filosofo. Il Re Filosofo, secondo Platone è il personaggio che sale dalla grotta per vedere la realtà solare, la realtà fuori dalla grotta. Ma questo è il viaggio verso sé stesso, non il viaggio verso altre persone, altri popoli, altri stati, altri paesi. È un viaggio in sé stesso, questa esplorazione della sua propria interiorità, del suo proprio impero interiore, e questo è molto importante perché il vero impero è sempre l’impero interiore o intimo.

    Questo filosofo, il re filosofo, è precisamente figura imperiale, figura spirituale e sacrale che trascende sé stesso e arriva al centro dove sta questo intelletto attivo che è descritto in Platone con il sole, il sole che crea tutte le cose, non solo la luce. Tutte le cose sono i prodotti della luce, la luce è una forma creatrice. La luce intellettuale non solo spiega o dà a comprendere e capire le cose, la luce crea, la luce è il Creatore, il Logos. Il Logos principalmente è questo intelletto attivo che sta nel centro dell’Impero. Ed è per questo che la differenza tra Stato e Impero può essere precisamente la differenza tra interiore e intimo.

    Come diceva Dietrich von Freiberg (1250-1310), grande filosofo cattolico domenicano, affermando che c’è l’uomo interiore e c’è l’uomo intimo. L’uomo intimo sta dentro, nell’interiorità dell’uomo interiore. C’è l’uomo esteriore che sta alla frontiera col niente. C’è un uomo interiore e c’è un terzo uomo intimo, homo intimus. Questo coincide precisamente con il Soggetto Radicale che è esattamente la figura imperiale. Il Soggetto Radicale è imperatore nascosto, imperatore vero, eterno, che non può non esistere.

    Nel mondo attuale tutto ci dice che tale figura non c’è, che non c’è lo Stato, il cosmopolitismo, il globalismo, la società civile, non c’è lo Stato tradizionale, non c’è l’Impero, non c’è l’Imperatore. Ma ciò non è possibile: quando non c’è l’Imperatore non c’è niente. Se le cose esistono, esistono solo grazie al Logos. Senza il Logos non c’è niente, non c’è nulla. Questo è l’aspetto paradossale di tutto il discorso, anche il discorso sullo Stato e sull’Impero. Se lo Stato è, se l’uomo è, se la cultura è, se la società è, il Logos, il Soggetto Radicale, l’intelletto attivo è qui, è qui!

    Senza questo aspetto, senza questo imperatore nascosto, niente sarebbe possibile e tutte le pretese dell’esternalità che le cose possano esistere da sé stesse è falsità, menzogna, è una calunnia, una forma blasfema, una blasfemia ontologica precisamente. Perché senza il Logos niente, niente! Possiamo rubare, prendere tutto ciò che il Logos fa e dire falsamente che queste cose esistono, sentono, ma questo è un atto criminale, è rubare, è prendere le cose che non appartengono a noi. Tutta questa scienza, tutta questa civiltà moderna, liberale o comunista o nazionalista, tutte queste realtà vivono di questo furto delle idee “che le cose che non sono pretendono d’essere”. Ma questa è una grande parodia, e un’illusione nera della scienza e della cultura moderna.

    Per questo l’Impero è eterno e Roma è eterna. Perché senza Roma, senza l’Impero, le cose non potrebbero esistere ed esistono oggi solo grazie all’imperatore nascosto, grazie all’esistenza del Soggetto Radicale e dell’intelletto attivo che nessuno riconosce più. Anche le religioni, le filosofie di tipo idealista si limitano a un intelletto passivo, a una certa interiorità non radicale. Ma l’interiorità non radicale non può vincere questa menzogna dell’esternalità. Può resistere effettivamente ma non può vincere. Questo è un aspetto molto interessante: le tradizioni, le religioni normali, quando non sono religioni radicali, quando non sono religioni imperiali in un certo senso, quando mancano di questa internalità, intimità, di questo centro assoluto, possono resistere all’esternalità ma non possono vincere.

    Per vincere l’esternalità, il grande deserto che cresce, la grande menzogna che cresce, dobbiamo restaurare queste dimensioni che anche le forme tradizionali secondarie, le chiese, le filosofie hanno perso. È molto importante capire che non possiamo vincere gli attacchi dell’esternalismo radicale postmoderno con i compromessi. Dobbiamo lottare radicalmente contro lo spirito stesso dell’esternalità, di questo nominalismo, di questa falsa idea che le cose esistono senza di noi. Senza di noi niente può esistere, ma “noi”, nel senso che siamo portatori incoscienti di questo Logos. Essere uomo è lo stesso che essere portatore del Logos. Senza essere portatori del Logos, non ci sono gli uomini, ci sono solo i cyborg, gli automi, gli pseudo uomini, i mutanti.

    Altra cosa importante. Credo che oggi non sia possibile essere accademico o occuparsi di scienza, senza comprendere chi è Satana. Satana, il Diavolo, sta da tutte le parti, in tutti i luoghi. Senza riconoscere le attività di Satana non possiamo spiegare niente nelle scienze, nelle materie, nella fisica, nella politica. Satana precisamente nel contesto del Vangelo e di San Paolo nella Seconda Lettera ai Tessalonicesi, dice che il figlio della perdizione apparirà solo quando il Katechon sarà annientato. Questo passo è molto importante per capire che la politica è sempre sacra, il Katechon è l’Imperatore, il centro nascosto e sacrale di tutta la politica vera, ontologica.

    Il diavolo è la figura attiva, il figlio della perdizione è precisamente la forza attiva e simmetrica con l’Imperatore. In questo modo il diavolo entra nella politologia, e per lo stesso cammino entra nella scienza. Questa idea che esistono gli atomi, che esistono le cose esteriori, questa menzogna non è errore umano, è una cosa più che umana, è l’angelo perverso, l’angelo perduto, l’angelo caduto. E l’angelo caduto ha introdotto l’atomismo e il relativismo nella scienza. Senza comprendere e studiare la figura di Satana non possiamo arrivare a conclusioni veramente scientifiche.

 

La Conferenza è consultabile al link: https://www.youtube.com/watch?v=b4ndCtef-fI

 

[1] Dall’Intervista di Andrea Scarabelli ad Aleksandr Dugin: «Evola, il populismo e la Quarta Teoria Politica», Il blog di Andrea Scarabelli, https://blog.ilgiornale.it/scarabelli/2018/06/25/aleksandr-dugin-evola-i....

[2] Dal testo dell’autodifesa letta da Evola dinnanzi alla Corte d’Assise di Roma il 12 ottobre 1951 e pubblicata in “L’Eloquenza”, n. 11-12, Roma, novembre-dicembre 1951. Link: https://www.rigenerazionevola.it/julius-evola-al-processo-ai-f-a-r-lauto...... ni

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