l populismo è un elemento della democrazia
Schede primarie
Intervista ad Alain De Benoist, saggista e filosofo francese di Gennaro Grimolizzi
Un intellettuale controcorrente, libero e rispettato. Questo è Alain De Benoist, da oltre quarant’anni punto di riferimento di una cultura non elitaria ed arrogante, ma non per questo meno autorevole e ricca di spunti di riflessione. Non è un caso che il saggista francese venga spesso interpellato in patria e oltralpe per commentare i fatti della politica ed i cambiamenti ai quali stiamo assistendo negli ultimi anni. In questa intervista De Benoist, con la profondità di pensiero che lo contraddistingue,si sofferma sul fenomeno populismo al quale schiere di studiosi della politica e delle scienze sociali dedicano articoli e libri. «Il populismo – afferma De Benoist – è un elemento della democrazia da non confondere con l’estrema destra».
Vale ancora la pena di parlare di destra e sinistra come categorie di contrapposizione politica?
Da almeno mezzo secolo la differenza tra destra e sinistra è diventata sempre più obsoleta. Non ci consente di analizzare i rapporti di forza in campo politico. Ciò significa che tutti i principali avvenimenti politici degli ultimi anni si sono uniti ai notevoli cambiamenti sperimentati dalla società. Hanno creato nuove divisioni che hanno pure interessato i concetti di destrae di sinistra. La vecchia destra e la vecchia sinistra sono scoppiate, in particolare, sotto la spinta del populismo la cui ascesa è stata accompagnata dal declino o dalla scomparsa deivecchi partiti di governo. È un fenomeno al quale assistiamo, a vari livelli, in tutti i Paesi europei. Si pensi, ad esempio, al governo italiano. In Francia i due contendenti delle ultime elezioni presidenziali, Macron e Le Pen, avevano in comune il desiderio di andare oltre il concetto destra-sinistra. Questo è il motivo per cui l’elezione di Macron ha avuto una diretta influenza da voi, comportando una rivisitazione generale del panorama politico.
Il populismo viene usato come un’etichetta da parte di chi vuole sminuire una forza in termini di protesta e di malcontento proveniente dal basso e che si tramuta in proposta politica?
Il termine populismo è usato oggi in modo peggiorativo e intellettualmente pigro per descrivere tutto ciò che le elite odiano. Tuttavia, può essere analizzato più in linea con i caratteri della scienza politica. La sua caratteristica essenziale è quella di sostituire un asse verticale, opponendosi alle “parti alte”, le élite, e alle “parti basse”, le persone, il popolo, e al vecchio asse orizzontale, che contrapponeva la destra alla sinistra. Quelli che parlano di populismo, senza tener conto di questo aspetto fondamentale, ad esempio vedendo il ritorno o il risorgere di fenomeni del passato, non sono in grado di comprendere nulla.
Possiamo definire il populismo un elemento della democrazia?
Sì, certo, ed è anche completamente diverso dall’estrema destra. I populisti non vogliono meno democrazia, ne vogliono di più. Piuttosto, vogliono integrare, se non sostituire, la democrazia rappresentativa con la democrazia partecipativa, esercitata continuamente e dal basso secondo il principio di sussidiarietà. La critica che fanno verso la democrazia liberale si giustifica con la crisi della rappresentanza e il fatto che le democrazie liberali si sono trasformate in oligarchie finanziarie, indifferenti al destino delle classi medie epopolari. Carl Schmitt ha giustamente affermato che una democrazia è più democratica perché meno liberale. Rousseau osservava che in una democrazia rappresentativa e parlamentare il popolo è sovrano solo il giorno delle elezioni: il giorno dopo, la sua sovranità viene confiscata dagli eletti che sono quindi liberi di agire come credono, indipendentemente da chi li ha eletti. La democrazia liberale sostituisce la sovranità popolare con la sovranità parlamentare. Ecco perché un uomo come il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha preso posizione contro la democrazia illiberale.
Il Front National, in Francia, la Lega ed il Movimento 5 Stelle, in Italia, hanno sdoganato il populismo?
I successi che hanno raggiunto, sempre in misura diversa, hanno contribuito a rendere la spinta populista irreversibile, almeno nel breve periodo. Tali successi devono essere collocati in un contesto più generale. Stiamo assistendo ad alcuni fenomeni che si muovono nella stessa direzione praticamente in tutti i Paesi europei. L’ascesa del populismo è nei Paesi occidentali l’evento principale del panorama politico, dopo la caduta del muro di Berlino. Ma, ovviamente, è ancora troppo presto per fare bilanci.
Come viene visto all’estero il “Governo del cambiamento”, formato da Lega e Movimento 5 Stelle?
È considerato una minaccia dalle elite dominanti, che supportano il pensiero dominante. Chi sfida il potere di questa casta, come sta avvenendo da voi in Italia, accende una speranza di cambiamento ed alternanza anche perché l’Italia ha contribuito alla creazione delle istituzioni europee, si pensi alla firma del Trattato di Roma. Nonostante le difficoltà strutturali che affronta, l’Italia rimane uno dei Paesi più importanti in Europa. Il governo formato da Lega e Cinque Stelle dovrà affrontare difficoltà e resistenze, ma in un momento in cui l’Europa si sta spaccando in due sulla questione immigrazione può essere visto come un laboratorio da cui potrebbe nascere un nuovo modello politico capace di affrontare le sfide del nostro tempo.
Questa Europa viene percepita, o meglio viene considerata, troppo distante dai suoi cittadini, dal popolo. Si volterà pagina con le elezioni europee del 2019?
Alcuni sondaggi dicono che gli euroscettici potrebbero essere la maggioranza al Parlamento europeo. Si tratterebbe, ovviamente, di un punto di svolta. Emmanuel Macron, da parte sua, ha detto che il voto delle europee sarà una sorta di referendum “a favore o contro l’Europa di Salvini”. Quanto dice il presidente francese, sempre più isolato nell’Unione europea, rivela le preoccupazioni di certa Europa.
Stiamo assistendo ad uno scontro tra mondialismo da una parte e visione sovranista dall’altra?
Non dobbiamo ridurre il tutto ad uno scontro tra globalismo e sovranismo. La critica al globalismo va ben oltre il sovranismo, perché riguarda la concezione dell’uomo e la concezione del mondo. Sovranista è una parola che rimane ancora equivoca, così come non abbiamo ancora specificato completamente il significato di sovranità. A questo proposito, è importante distinguere tra Europa, che raccoglie una civiltà con una geografia specifica e una storia millenaria, ed Unione europea, che è solo una struttura temporanea. La domanda principale è se una nazione possa ancora essere sovrana con i propri mezzi, ad esempio contro la logica globale del capitale e l’onnipotenza dei mercati finanziari. Abbiamo bisogno di nazioni viventi e regioni, ma quando entriamo in un mondo multipolare, abbiamo anche bisogno di ampi spazi continentali che possano svolgere un ruolo regolatore nelle relazioni internazionali.
Gli interessi e gli scenari politici internazioni si stanno allontanando dagli Stati Uniti con una sempre maggiore importanza delle decisioni prese in Russia e Cina. L’Eurasia è ben più di un concetto politico?
L’Eurasia è un tipico esempio di quei grandi spazi a cui ho appena fatto riferimento. Si tratta di qualcosa che può sembrare esistere solo da un punta di vista teorico, ma sta lentamente prendendo forma nella realtà. L’immagine della Russia è sempre più positiva in diversi contesti, nonostante le assurde sanzioni adottate sotto la pressione di Washington. A livello militare e tecnologico, la Shanghai CooperationOrganisation è già una realtà concreta. La supremazia degli Stati Uniti è ogni giorno un po’ più minacciata, come anche l’egemonia del dollaro. Altro obiettivo dovrebbe essere la scomparsa della Nato e mettere in atto un nuovo sistema di sicurezza a livello continentale. Gli interessi della potenza del mare, gli Stati Uniti d’America, e quelli del potenza dellaterra, l’Eurasia, sono inconciliabili. Ma tutto ciò richiederà tempo e potrebbe anche sfociare in situazioni o eventi drammatici.