Principi fondamentali della politica eurasiatista
Schede primarie
02.04.2022
1. Tre modelli (sovietico, pro-occidentale, eurasista)
Nella Russia attuale esistono tre modelli basilari, reciprocamente in conflitto, di strategia per lo stato, sia per quanto riguarda la politica estera che quella interna. Questi tre modelli costituiscono il moderno sistema di coordinate politiche in cui si risolvono ogni decisione politica del governo russo, ogni passo internazionale, ogni serio problema sociale, economico o giuridico.
Il primo modello rappresenta il cliché inerziale del periodo sovietico (principalmente tardo sovietico). In un modo o nell’altro esso ha posto le sue radici nella psicologia di alcuni sistemi organizzativi russi spingendoli, spesso inconsciamente, ad adottare tale o talaltra decisione sulla base delle precedenti. Questo modello è sostenuto con il “solido” argomento: “Si è lavorato prima e si lavorerà anche ora”. Esso riguarda non solo quei leader politici che sfruttano coscientemente la complessione nostalgica dei cittadini russi. Il riferimento al modello sovietico è molto più ampio e profondo delle strutture del KPFR [Partito Comunista della Federazione Russa], che ora si trova ai margini del potere esecutivo, lontano dai centri decisionali. Ovunque, politici e ufficiali, che in alcun modo si identificano formalmente con il comunismo, sono guidati da questo modello. È un effetto di educazione, esperienza di vita, formazione. Al fine di capire la sostanza dei processi che sottostanno alla politica russa, è necessario ammettere questo “sovietismo inconscio”.
Il secondo modello è quello liberal-democratico, filoamericano. Esso ha iniziato a prendere forma con l’inizio della “perestroika” ed è diventato una sorta di ideologia dominante nella prima metà degli anni ’90. Come regola, i cosiddetti liberal-riformisti e le forze politiche ad essi vicine si identificano con esso. Questo modello è basato sulla scelta, come sistema interpretativo, dell’apparato sociopolitico americano, ricalcandolo sulla situazione russa e seguendo gli interessi nazionali Usa riguardo ai problemi internazionali. Un tale schema ha il vantaggio di permettere di appoggiarsi sul “presente straniero” completamente reale, contro il “passato nazionale” virtuale attorno al quale gravita il primo modello. Anche qui l’argomento è piuttosto semplice: “Si lavora per loro, si lavorerà anche per noi”. Qui è importante insistere che non stiamo semplicemente parlando di “esperienza straniera”, ma dell’orientamento verso gli USA, come punta avanzata del trionfante mondo occidentale capitalista.
Questi due modelli (più le loro molteplici varianti) sono diffusamente rappresentati tra i politici russi. Dalla fine degli anni ’80 tutti i conflitti sulla visione del mondo, tutte le discussioni e le lotte politiche hanno luogo tra i portatori di questi due punti di vista. Il terzo modello è molto meno noto. Esso può essere definito come “eurasista”. Ci troviamo qui a trattare con procedimenti molto più complessi che non la semplice copiatura dell’esperienza sovietica o americana. Tale modello si rivolge sia al passato nazionale che al presente straniero in termini di differenziazione: esso deriva parte dalla nostra storia politica, parte dalla realtà delle società moderne. Il modello eurasiatista riconosce che la Russia (in quanto Stato, popolo, cultura) è un valore autonomo di civiltà, che essa dovrebbe salvaguardare la propria unicità, indipendenza e potenza in ciò che è diventata, dovendo mettere al servizio di questo proposito ogni dottrina, sistema, meccanismo e tecnica politica che possa incoraggiare a questo. L’eurasiatismo, in questo modo, è un originale “pragmatismo patriottico”, libero da ogni dogmatismo – sia sovietico che liberale; ma nel medesimo tempo, l’ampiezza e la flessibilità dell’approccio eurasista non deve impedire a questa teoria di essere concettualmente sistematica, essendo in possesso di tutte le caratteristiche di una visione del mondo organica, coerente e dai contenuti consistenti.
Dal momento che i due vecchi modelli classici mostrano la loro debolezza, l’eurasiatismo diviene sempre più popolare. Il modello sovietico opera con realtà politiche, economiche e sociali obsolete, esso sfrutta la nostalgia e l’inerzia, manca di una sobria analisi della nuova situazione internazionale e dello sviluppo reale delle tendenze economiche mondiali. Lo schema liberale pro-americano, in crisi, per definizione non può essere realizzato in Russia, essendo componente organica di un’altra civiltà, estranea alla Russia stessa. Ciò è ben noto anche all’Occidente, dove nessuno dissimula la preferenza di vedere non una Russia prospera e sana, ma, al contrario, una Russia indebolita, sommersa nell’abisso del caos e della corruzione. Perciò oggi il modello eurasista diviene più urgente, più richiesto dalla società. Così noi dobbiamo rivolgere ad esso una maggiore attenzione.
2. Eurasiatismo e politica estera russa
Formuliamo i principi base del moderno eurasiatismo russo. Inizieremo dalla politica estera. Come in ogni settore politico, anche in politica estera l’eurasiatismo propone di seguire la terza via – né sovietismo, né americanismo. Ciò significa che la politica estera russa non dovrebbe ricostruire direttamente il profilo diplomatico del periodo sovietico (opposizione rigida all’Occidente, riscoprendo una partnership strategica con gli “stati canaglia” – Corea del Nord, Iraq, Cuba, etc.) mentre nello stesso tempo non deve seguire ciecamente i consiglieri americani.
L’ eurasiatismo offre la propria dottrina di politica estera. La sua essenza può essere riassunta nel modo seguente. La Russia contemporanea può essere salvaguardata come realtà politica autonoma ed indipendente, solo nelle condizioni di un mondo multipolare. Acconsentire ad un mondo unipolare che abbia per centro l’America è impossibile per la Russia, dal momento che in tale mondo essa sarebbe uno degli oggetti della globalizzazione, perdendo inevitabilmente la propria indipendenza e la propria originalità. L’opposizione alla globalizzazione unipolare, l’affermazione di un modello multipolare è il maggiore imperativo della politica estera russa contemporanea. Questa condizione non può essere messa in dubbio da nessuna forza politica: e da ciò ne consegue che i propagandisti della globalizzazione incentrata sull’America devono essere delegittimati (almeno moralmente) all’interno della Russia.
La costruzione del mondo multipolare (vitale per la Russia) è realizzabile solo attraverso un sistema di alleanze strategiche. La Russia da sola non può affrontare questo problema, non disponendo di sufficienti risorse per una completa autarchia. Perciò il suo successo dipende sotto molti aspetti dall’adeguatezza e dalla vitalità della sua politica estera. Nel mondo moderno vi sono alcuni soggetti geopolitici che, sia per ragioni storiche che di civiltà, sono anch’essi per motivi vitali interessati alla multipolarità. Nella situazione che ora si sta profilando, questi soggetti rappresentano i partner naturali della Russia. Essi sono divisi in alcune categorie.
Prima categoria: potenze regionali (paesi o gruppi di paesi), le cui relazioni con la Russia possono essere convenientemente espresse dal termine “complementari”. Ciò significa che questi paesi possiedono qualcosa di vitale per la Russia, mentre la Russia è in possesso di qualcosa di estremamente indispensabile per essi. Come risultato, un tale scambio strategico di potenziali rafforza entrambe i soggetti geopolitici. A questa categoria (simmetricamente complementare) appartengono l’Unione Europea, il Giappone, l’Iran, l’India. Tutte queste realtà geopolitiche possono abbastanza ragionevolmente rivendicare un ruolo di soggetti autonomi in condizioni di multipolarità, mentre il centralismo americano li priva di questa possibilità, riducendoli a meri oggetti. Dal momento che la nuova Russia non può essere presentata come un nemico ideologico (condizione che assicurava agli Usa il loro maggiore argomento per attirare nella sua orbita l’Europa e il Giappone, e confondendo l’URSS nel suo essere sostenitrice dell’Iran islamico nel periodo della Guerra fredda), l’imperativo della completa subordinazione di questo paese alla geopolitica americana non è più suffragato da nulla (al di fuori dell’inerzia storica). Dunque, le contraddizioni tra gli USA e le potenze reciprocamente complementari alla Russia si aggraveranno continuamente. Se la Russia dimostrerà di essere attiva e comproverà con il suo potenziale la tendenza multipolare, trovando per ognuna di queste formazioni politiche argomenti giusti e condizioni differenziate per un’alleanza strategica, il club dei sostenitori della multipolarità può diventare forte e influente abbastanza da ottenere in modo efficiente la realizzazione dei propri progetti di un futuro sistema mondiale. Ad ognuna di queste potenze la Russia ha qualcosa da offrire – risorse, potenziale strategico in armamenti, peso politico. In cambio la Russia riceverebbe, da un lato, sponsorizzazione economica e tecnologica da parte di Europa e Giappone, dall’altro – collaborazione politico-strategica a sud, da parte di Iran e India. L’ eurasiatismo concettualizza tale corso in politica estera e lo comprova con la metodologia scientifica della geopolitica.
Seconda categoria di potenze: formazioni geopolitiche interessate alla multipolarità, ma non simmetricamente complementari alla Russia. Sono queste, la Cina, il Pakistan, i Paesi Arabi. Le tradizionali politiche di questi soggetti geopolitici sono di carattere intermedio, ma una partnership strategica con la Russia non è la loro priorità maggiore. Inoltre, l’alleanza eurasista della Russia con i paesi della prima categoria rafforza i rivali tradizionali dei paesi della seconda categoria, a livello regionale. Ad esempio, Pakistan, Arabia Saudita ed Egitto hanno seri contrasti con l’Iran, come la Cina con il Giappone e l’India. Su una scala più ampia, le relazioni di Russia e Cina rappresentano un caso speciale, complicato da problemi demografici, dall’accresciuto interesse della Cina per gli scarsamente popolati territori della Siberia e anche dall’assenza in Cina di un serio potenziale tecnico e finanziario in grado di risolvere positivamente il maggiore problema della Russia dell’assimilazione tecnologica della Siberia. Tutti i paesi della seconda categoria sono destinati necessariamente a manovrare tra l’unipolarità incentrata sull’America (che non promette loro nulla di buono) e l’eurasiatismo. Nei confronti dei paesi di questa categoria la Russia deve agire con estrema attenzione – non includendoli nel progetto eurasista, ma nello stesso tempo mirando a neutralizzare per quanto possibile il potenziale negativo della loro reazione e contenendo attivamente la loro inclusione attiva nel processo della globalizzazione unipolare (per cui vi sono abbastanza motivazioni). La terza categoria rappresenta i paesi del Terzo Mondo che non possiedono abbastanza potenziale geopolitico da rivendicare anche lo stato di soggetti limitati. Nei confronti di questi paesi la Russia dovrebbe seguire politiche differenti, contribuendo alla loro integrazione geopolitica in zone di “prosperità comune”, sotto il controllo dei più forti partner della Russia all’interno del blocco eurasiano. Ciò significa che nella zona del Pacifico è conveniente per la Russia favorire il rafforzamento della presenza giapponese. In Asia è necessario incoraggiare le ambizioni geopolitiche di India e Iran. È anche necessario contribuire ad espandere l’influenza dell’Unione Europea nel Mondo Arabo e nell’intera Africa. Gli stessi Stati che sono inclusi nella tradizionale orbita di influenza russa devono naturalmente rimanervi o esservi riportati. La politica di integrazione dei paesi della CSI (Comunità degli Stati Indipendenti) è diretta in questo senso.
Quarta categoria: gli Usa e i paesi del continente americano che sono sotto il controllo degli Stati Uniti. Le politiche internazionali eurasiste della Russia devono essere orientate a mostrare in ogni senso agli USA l’inconsistenza del mondo unipolare, il carattere conflittuale e irresponsabile di tutto il processo di globalizzazione incentrato sull’America. Opponendosi rigidamente e attivamente (usando a questo scopo, innanzi tutto, lo strumento dell’alleanza eurasiana) a tale globalizzazione, la Russia dovrebbe al contrario sostenere la tendenza isolazionista negli USA, salutando con favore la limitazione degli interessi geopolitici USA al continente americano. Gli USA, come più forte potenza regionale, il cui circolo di interesse strategico è disposto tra gli oceani Atlantico e Pacifico, possono anche essere un partner strategico per la Russia eurasista. In più, una simile America sarà estremamente auspicabile per la Russia, in quanto delimiterà l’Europa, la Regione del Pacifico ed anche il mondo islamico e la Cina, nel caso in cui le loro aspirazioni seguissero il percorso di una globalizzazione unipolare sulla base del loro sistema geopolitico. E se la globalizzazione unipolare tornerà in scena, sarà interesse della Russia ritornare agli umori antiamericani del Centro e Sud America, usando comunque una visione del mondo e un dispositivo geopolitico molto più flessibile e più ampio del marxismo. Sulla stessa onda si trova la politica di lavoro prioritario con i circoli politici antiamericani in Canada e in Messico. Possibilmente anche usando a questo scopo l’attività lobbistica della diaspora eurasiana negli USA.
3.Eurasiatismo e politica interna
In politica interna eurasiatismo vuol dire seguire alcune direttrici principali. L’integrazione dei paesi della CSI in un’Unione Eurasiatica è il maggiore imperativo strategico dell’eurasiatismo. Il volume strategico minimo per avviare una seria attività internazionale per la creazione di un mondo multipolare non è la Federazione Russa, ma la CSI presa come singola unità strategica, saldata da una singola volontà e da un comune proposito di civiltà. Il sistema politico dell’Unione Eurasiana nella maniera più logica si fonda sulla “democrazia della partecipazione” (la “demotia” degli eurasisti classici), in cui l’accento cade non sull’aspetto quantitativo, ma su quello qualitativo della rappresentanza. L’autorità rappresentativa dovrebbe rispecchiare la struttura qualitativa della società eurasiana, invece degli indicatori statistici di quantità media basati sull’efficienza degli shows preelettorali. Dovrebbe essere rivolta una speciale attenzione alla rappresentanza delle etnie e delle confessioni religiose. La “democrazia di partecipazione” deve essere integrata organicamente con una definita frazione di responsabilità individuale espressa quanto più possibile nelle aree strategiche. Il Leader supremo dell’Unione Eurasiana deve concentrare la comune volontà di ottenere la potenza e la prosperità dello stato. Il principio dell’imperativo sociale dovrebbe essere combinato con il principio della libertà personale in una proporzione essenzialmente diversa sia dalle ricette liberal-democratiche, sia dal collettivismo impersonale dei marxisti.
L’eurasiatismo qui presuppone la tutela di un preciso equilibrio, con un ruolo significativo del fattore pubblico. In generale, lo sviluppo attivo del principio sociale è una caratteristica costante della storia eurasiana. Esso si è mostrato nella nostra psicologia, nella nostra etica, nella nostra religione. Ma in contrasto con i modelli marxisti, il principio sociale dovrebbe essere affermato come qualcosa di qualitativo, di differenziato, collegato con il concreto scenario nazionale, psicologico, culturale e religioso. Il principio sociale non deve soffocare, ma rafforzare il principio privato, fornendogli un retroterra qualitativo. La comprensione qualitativa del fattore sociale permette di definire con precisione il perfetto punto intermedio tra l’iper-individualismo dell’Occidente borghese e l’iper-collettivismo dell’Oriente socialista. Nel sistema amministrativo l’eurasiatismo si basa sul modello di “federalismo eurasista”. Questo presuppone la scelta come categoria di base per la costruzione della Federazione, non dei territori, ma delle etnie. Avendo separato il principio dell’autonomia etno-culturale dal principio territoriale, il federalismo eurasista vuole risolvere per sempre le ragioni stesse del separatismo. Così in compenso i popoli dell’Unione Eurasiana ricevono la possibilità di sviluppare al massimo l’indipendenza etnica, religiosa e anche, in certe questioni definite, giuridica. L’indubbia unità strategica si accompagna nel federalismo eurasista alla pluralità etnica, all’enfasi posta sull’elemento giuridico dei “diritti dei popoli”. Il controllo strategico dello spazio dell’Unione Eurasiatica è garantito dall’unità della gestione e dei distretti federali strategici, nella cui composizione possono entrare varie formazioni – da quelle etno-culturali a quelle territoriali. L’immediata differenziazione dei territori in livelli diversi aggiungerà flessibilità, adattabilità e pluralità al sistema dell’organizzazione amministrativa in combinazione con un rigido centralismo nella sfera strategica.
La società eurasiatista dovrebbe essere fondata sul principio di una recuperato morale che possieda sia valori comuni sia forme concrete collegate alla specificità del contesto etno-confessionale. I principi di semplicità, di purezza, di sobrietà, di rispetto per le regole, di responsabilità, di vita sana, di senso della giustizia e di sincerità sono comuni a tutte le fedi tradizionali dell’Eurasia. Questi innegabili valori morali devono ricevere la dignità di norme dello stato. I vizi sociali scandalosi, le violazioni impudenti e pubbliche dei fondamenti morali dovrebbero essere sradicati senza pietà. Le forze armate dell’Eurasia ed i ministeri e gli uffici del potere pubblico debbono essere considerati l’ossatura della civiltà. Dovrebbe incrementarsi il ruolo sociale dei militari, è necessario ripristinare il loro prestigio e pubblico rispetto. Sul piano demografico è indispensabile conseguire la “proliferazione della popolazione eurasiana”, incoraggiando moralmente, materialmente e psicologicamente la natalità plurima, rendendola uno standard sociale eurasiano.
Nel campo dell’educazione è necessario rafforzare l’educazione morale e scientifica della gioventù nello spirito di fedeltà alle radici storiche, di lealtà all’ideale eurasista, di responsabilità, di virilità, di attività creativa. L’attività del settore dell’informazione della società eurasista, nel fare luce sugli eventi interni ed esteri, deve essere basata sulla stretta osservanza delle priorità della civiltà. I principi di formazione ed educazione morale dovrebbero essere considerati al di sopra dei principi di divertimento e di utilità commerciale. Il principio della libertà di parola deve essere unito con l’imperativo della responsabilità di ciò che viene detto liberamente. L’eurasiatismo presuppone la creazione di una società di tipo mobilitante, in cui i principi di creatività e di ottimismo sociale dovrebbero essere la normalità della vita umana.
Tale visione del mondo dovrebbe scoprire le potenziali possibilità dell’uomo, permettendo a ciascuno – superando l’inerzia e la limitazione (interiore ed esteriore) – di esprimere la propria personalità unica nel servizio della società. Alla base dell’approccio eurasiatista alla questione sociale sta il principio dell’equilibrio tra lo stato e il privato. Questo equilibrio è definito dalla seguente logica: tutta la scala, riferita alla sfera strategica (complesso militare-industriale, educazione, sanità, pace sociale, integrità morale e fisica della nazione, demografia, crescita economica, etc.) è controllata dallo Stato. La piccola e media produzione, la sfera dei servizi, la privacy personale, l’industria del divertimento, la sfera del tempo libero, etc. sono controllati non dallo Stato, ma al contrario, dall’iniziativa personale e privata (con esclusione dei casi in cui intervengano conflitti con gli imperativi strategici dell’Eurasiatismo nella sfera globale).
4.Eurasiatismo ed economia
Al contrario del liberalismo e del marxismo, l’eurasiatismo considera la sfera economica né autonoma né determinante per i processi sociopolitici e dello stato. Secondo il pensiero eurasiatista, le attività economiche sono solo una funzione di varie realtà culturali, sociali, politiche, psicologiche e storiche. Possiamo esprimere la relazione eurasista con l’economia, riprendendo il Vangelo: “non l’uomo per l’economia, ma l’economia per l’uomo”. Tale rapporto con l’economia può essere chiamato qualitativo: il significato è costituito non da formali indici numerici di crescita economica, ma è consentito uno spettro significativamente più ampio di indici, in cui la forza economica è considerata in complesso con altre che hanno in prevalenza carattere sociale. Alcuni economisti (in particolare Joseph Schumpeter) cercarono già di introdurre parametri qualitativi nell’economia, separando il criterio di crescita economica da quello di sviluppo economico.
L’Eurasiatismo regola il problema da una prospettiva ancora più ampia: quello che importa non è il solo sviluppo economico, ma lo sviluppo economico in combinazione con quello sociale. L’approccio eurasista all’economia può essere espresso come schema semplificato in questo modo: regolazione di stato per le branche strategiche (complesso militare-industriale, monopoli naturali e similari) e massima libertà economica per le piccole e medie imprese. Il principale elemento dell’accostamento eurasista all’economia è l’idea della decisione su di un numero significativo di problemi nazional-economici russi all’interno della struttura progettuale della politica estera eurasista. È evidente in vista di che cosa. Alcuni soggetti geopolitici vitalmente interessati alla multipolarità del mondo – primi fra tutti, l’Unione Europea e il Giappone – hanno un enorme potenziale finanziario-tecnologico, il cui innesto può nettamente cambiare il clima economico in Russia. Allo stadio presente bisogna riconoscere a malincuore che non vi sono in Russia risorse sufficienti per una (sia pur relativa) autarchia. Perciò gli investimenti ed altri tipi di interazione con le regioni economiche avanzate sono per noi necessari in modo vitale.
Questa interazione potrebbe essere inizialmente tracciata sulla logica per lo più volumetrica, piuttosto che su ristrette relazioni economiche – investimento, crediti, import-export, distribuzioni di energia, etc. Tutto questo potrebbe essere regolato in un più ampio contesto di comuni programmi strategici – come lo sfruttamento associato dei giacimenti o la creazione di sistemi eurasiani unificati di trasporto e di informazione. In qualche senso la Russia deve mettere il peso del rilancio del suo potenziale economico sui soci del “club dei sostenitori della multipolarità”, usando attivamente a questo fine la possibilità di offrire progetti congiunti di trasporto estremamente convenienti (la “linea trans-eurasiana”) o risorse energetiche basilari per l’Europa e il Giappone. Un problema rilevante è anche il ritorno di capitali in Russia. L’Eurasiatismo crea ragioni molto forti in questo senso. La confusa Russia del periodo delle riforme liberali (inizio degli anni ’90), rivolta in modo completo all’Occidente, riferentesi a se stessa con disgusto, immersa nella psicosi della privatizzazione e della corruzione, e la Russia degli inizi del XXI secolo, eurasista, patriottica, incentrata sullo stato, sono realtà politiche diametralmente opposte. Il capitale è fuggito da una Russia indebolita e al collasso. In una Russia regolata, sulla via del rafforzamento e del recupero, il capitale deve ritornare. Nei Paesi occidentali la maggior parte dei capitali portati fuori dalla Russia non possono essere né salvati né incrementati. All’inizio degli anni ’90, l’Occidente vedeva con favore la fuga di capitali russi (principalmente di origine criminale), considerando – secondo la logica della “Guerra fredda” – che l’indebolimento della Russia post-comunista avrebbe giocato a favore dei paesi della NATO. Ora la situazione è nettamente cambiata e nelle presenti condizioni sorgeranno seri problemi (infatti già ce ne sono) per i proprietari di capitali illegali in Occidente.
La logica eurasiatista ha il significato della creazione delle condizioni più favorevoli per il ritorno di questi capitali in Russia i quali, da se stessi, forniranno un serio impulso allo sviluppo dell’economia. Contrariamente a certi dogmi liberali puramente astratti, il capitale ritorna più velocemente verso uno stato con un’autorità forte, responsabile e con precisi punti di orientamento strategico, piuttosto che verso un paese incontrollabile, caotico e instabile.
5. Il percorso eurasiatico
L’eurasiatismo è il modello più precisamente rispondente agli interessi strategici della Russia moderna. Esso dà le risposte alle questioni più difficoltose, offre un’uscita alle situazioni più incagliate. L’eurasiatismo combina apertura e attitudine al dialogo con fedeltà alle radici storiche e conseguente asserzione degli interessi nazionali. L’eurasiatismo offre un solido equilibrio tra l’ideale nazionale russo e i diritti dei numerosi popoli che abitano la Russia e più in grande l’Eurasia. Alcuni degli aspetti definiti dell’eurasiatismo sono già utilizzati dalle nuove autorità russe orientate ad una soluzione creativa dei difficili problemi storici che la Russia ha di fronte al nuovo secolo, ed ogni volta che questo accade, l’efficienza, la concretezza, i seri risultati strategici parlano da soli. Il processo di integrazione nella CSI, la creazione di una Comunità Economica Eurasiana, i primi passi della nuova politica estera della Federazione Russa nei confronti dell’Europa, del Giappone, dell’Iran e dei paesi del Vicino Oriente, la creazione di un sistema di Distretti Federali, il rafforzamento della linea verticale del potere, l’indebolimento dei clan oligarchici, la politica del patriottismo e della statualità, l’aumento di responsabilità nel lavoro dei mass media – sono questi, tutti elementi rilevanti ed essenziali dell’eurasiatismo.
Per il momento questi elementi sono intralciati dalle tendenze inerziali degli altri due modelli (il liberal-democratico e il sovietico), ed è ancora perfettamente chiaro che l’eurasiatismo sta con regolarità raggiungendo il suo apice, mentre gli altri due modelli conducono solo una “lotta di retroguardia”. La crescita del ruolo dell’eurasiatismo nella politica russa è un processo evolutivo e graduale; ma già è giunto il momento per un più attento e considerevole apprendimento di questa teoria e filosofia realmente universale, la cui trasformazione in una prassi politica ed esistenziale è sotto i nostri occhi.
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini