La fuga dall’Afghanistan segna la fine dell’America
Schede primarie
Oggi tutti parlano dell’Afghanistan, giustamente.
Come abbiamo già in precedenza detto, i talebani banditi dalla Russia hanno preso Kabul e hanno stabilito il loro controllo su quasi tutto il territorio dell’Afghanistan. Il modo in cui gli americani sono fuggiti dal paese, ove in precedenza avevano dedicato tutti i loro sforzi a celebrare la settimana dei transgender e dei pervertiti nella loro ambasciata a Kabul, dimostra che il dominio americano e l’egemonia dell’ideologia liberale stanno crollando.
Qui è importante non solo che gli americani siano fuggiti, ma anche come sono fuggiti abbandonando le attrezzature, cacciando patetici collaboratori filoamericani caduti dagli aerei come uva matura.
Oggi è evidente a tutto il mondo: la civiltà occidentale è impazzita. Questo è qualcosa di folle, strategicamente, moralmente, intellettualmente.
Gli Stati Uniti non conoscono più la realtà, vivono di fede nelle storie che si raccontano. E la realtà questa volta di fronte ai talebani banditi dalla Federazione Russa, ricorda se stessa, e dolcemente dice: “Fuori!” e afferrando bandiere arcobaleno e poster pornografici, gli americani scappano, volano, sbuffano e si nascondono.
Quando l’URSS ha ritirato le sue truppe dall’Afghanistan, l’ordine mondiale bipolare è crollato e ciò è stato presto seguito dal crollo dello Stato sovietico stesso. Naturalmente, l’Afghanistan non era il motivo, ma in esso, come su un accurato monitor, si rifletteva lo stato di uno dei poli, criticamente debole, e presto se n’è andato.
Oggi un paese è fuggito a capofitto dall’Afghanistan, sostenendo fino all’ultimo di essere l’unico polo mondiale rimasto al mondo dopo il crollo dell’URSS e dell’Organizzazione del Patto di Varsavia. Questa è la fine. Potrebbe non essere la fine dell’America stessa, ma è probabile. Di sicuro è la fine del mondo unipolare, la fine della globalizzazione liberale, la fine dell’alleanza patologica delle basi militari della NATO con ideologia LGBT +, questo è sicuro, è già successo.
Molti paragonano la vergognosa fuga degli Yankees da Kabul a Saigon, ma in verità è ancora più grave. Il Vietnam è stato un duro colpo per gli Stati Uniti, ma non ha invertito il mondo bipolare; lasciare l’Afghanistan, invece, è la fine dell’America. Molti l’avevano previsto e atteso. In un certo senso, era inevitabile, ma anche quando accade qualcosa di atteso e inevitabile, è sempre uno shock, sempre un avvenimento.
Gli sfortunati afgani che cadono dal carrello di atterraggio degli aerei americani, nessuno avrebbe potuto prevederli; ora è un simbolo della NATO, dell’euroliberalismo, dell’Ucraina e di altri collaboratori statunitensi su scala globale.
Londra e Bruxelles, Zelensky e Saakashvili, Maia Sandu, e il battaglione Azov, vietato in Russia, caddero dal carrello di atterraggio dell’aereo. Il detenuto Navalny, bandito in Russia, è caduto dal carrello di atterraggio dell’aereo. La carcassa di George Soros, bandita in Russia, vola verso la terra afghana bruciata dal sole.
La fine del mondo unipolare è avvenuta nell’agosto 2021. Poteva essere un po’ prima o un po’ dopo, ma quello che è successo è che hanno organizzato una parata gay e sono scappati. È difficile non sopravvalutare ciò che è accaduto, non è nemmeno l’11 settembre, forse questo è molto più grave.
Vale la pena notare: uno dei più radicali e duri ideologi liberalisti globalisti, filosofo francese e consigliere degli ultimi tre presidenti, Bernard Henri Levy, bandito in Russia, con il quale un paio di anni fa ho avuto un acceso dibattito all’Opera di Amsterdam sul tema «Unipolare contro Multipolare», ha visitato l’Afghanistan e ha incontrato nella gola del Panjshir il leader dei Tagiki afgani appoggiati dalla CIA, con il figlio di Ahmad Shah Massoud.
Levy gli ha promesso aiuto occidentale nella lotta contro i talebani. In precedenza, ha promesso assistenza occidentale a Saakashvili nella guerra con la Russia alla vigilia dell’agosto 2008; promise all’Occidente di aiutare i curdi nella lotta contro Baghdad, Damasco, Teheran e Ankara; ha promesso di aiutare i terroristi siriani nella guerra contro Assad.; ha promesso ai neonazisti ucraini di restituire la Crimea e il Donbas e… tutto quello che aveva promesso si è rivelato un niente di fatto. Nessuno ha ricevuto nulla, difeso o restituito nulla.
Levy nel suo libro L’impero e i cinque re gridava dal dolore: “il mondo unipolare sta crollando, cosa stai facendo! Colpire urgentemente la Russia, fermare la Cina, spezzare il collo all’Iran e a Erdogan! Punire il Pakistan, mettere i paesi arabi al loro posto!”
L’impero liberale sta crollando per i colpi di cinque re… Nei dibattiti, ho agito come ambasciatore proprio di questi cinque re, ho portato un cartellino rosso a Bernard Henri Levy, ma non se n’è accorto, e promette ancora una volta qualcosa ai tagiki afgani. Poveri tagiki afghani…
Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini