Carl Schmitt per il XXI secolo
Schede primarie
Per decenni, gli studiosi delle relazioni internazionali hanno declinato il termine Nuovo Ordine Mondiale nella sfera sociale, politica o economica. Ancora oggi, in pochi lo impiegano con l’era dell’informazione, internet, universalismo, globalizzazione e imperialismo americano. A differenza della complessa categorizzazione del Nuovo Ordine Mondiale, il concetto di Vecchio Ordine Mondiale era puramente un fenomeno giuridico. Tuttavia, dal punto di vista della modernità, il termine Nuovo Ordine Mondiale è un fenomeno puramente ideologico e politico, che racchiude diverse manifestazioni come la democrazia liberale, il capitalismo finanziario e l’imperialismo tecnologico.
Nella sua opera magna Il concetto di Politico, Carl Schmitt lodava una dura critica dell’ideologia liberale e preferiva il decisionismo competitivo ad essa, ecco perché, secondo i critici di Schmitt, tutto il testo è pieno di sfumature autoritarie. Non si può tuttavia negare che è stata la filosofia politica radicale di Schmitt ad aprire la strada alla rivoluzione conservatrice in Europa, tant’è che ancora oggi i suoi scritti sono considerati uno dei maggiori contributi al campo della filosofia politica del XX secolo.
Nelle sue altre fondamentali opere come Nomos della terra, La crisi della democrazia parlamentare e Dittatura, Schmitt usa spesso termini non decorati come «reale», «concreto», «reale» e «specifico» per esprimere le sue idee politiche, e tuttavia avanza la maggior parte delle idee politiche di nucleo usando la struttura metafisica. Per esempio, nell’ambito politico più ampio, ha anticipato la dimensione esistenziale della «politica reale» nel mondo di oggi.
Al contrario, ne Il concetto di Politico i lettori più spesso incontrano l’interazione tra l’astratto e l’ideale e il concreto e reale della politica; forse la comprensione delle distinzioni discorsive di Schmitt è necessaria quando si tratta di decostruire il discorso intellettuale promosso liberale, ma va tuttavia tenuto presente che per Schmitt il concetto di Politico non si riferisce necessariamente ad alcuna materia concreta come Stato o sovranità. In questo senso, la sua concezione si riferisce semplicemente alla dialettica amico-nemico o distinzione e, per essere più precisi, con la categorizzazione del termine Politico definisce il grado di intensità di un’associazione e di una dissociazione politica di persone.
Sempre con il binomio amico-nemico è affrontato anche il tema centrale dell’opera citata, con un significato concreto ed esistenziale: qui, la parola «nemico» si riferisce alla lotta contro la «totalità umana», che dipende dalle circostanze. Non a caso, uno dei temi principali di Schmitt è stato quello della «politica reale», sostenendo che amico, nemico e battaglia hanno un vero significato, autentico, concreto, ed è per questo che Carl Schmitt, in tutte le sue opere, si è sempre occupato della teoria dello Stato e della sovranità. Scriveva:
«Non parlo della teoria generale dello Stato; per la categoria, la teoria generale dello Stato… è una preoccupazione tipica del XIX secolo liberale. Questa nasce dallo sforzo normativo di dissolvere lo stato concreto e il Volk concreto nelle generalità (educazione generale, teoria generale del diritto e infine teoria generale della conoscenza) e di distruggere così il loro ordine politico.»[1]
Di fatto, per Schmitt, la vera politica finisce in battaglia, come leggiamo quando afferma che «il normale non prova nulla, ma l’eccezione prova tutto». Qui utilizza il concetto di eccezionalità per superare il pragmatismo del liberalismo, anche se, nei suoi scritti successivi, tentò di dissociare il Politico dalle sfere di controllo e di limitazione, ma fallì deliberatamente. Uno dei motivi principali dell’isolamento concettuale di Schmitt è, probabilmente, che egli voleva limitare la categorizzazione della distinzione amico-nemico. Altro scopo importante era quello di purificare il concetto di Politico dissociandolo dalla dualità soggetto-oggetto: il Politico non era un argomento e non aveva limiti, bisognava guardare oltre la concezione e la definizione ordinaria della politica nei libri di testo.
Per Schmitt, è stato il liberalismo ad introdurre la concezione assolutista della politica distruggendo il suo vero significato. In questo senso sviluppò la propria idea di Politico sullo sfondo della «totalità umana» (Gesamtheit Von Umani). L’Europa di oggi dovrebbe ricordare il sanguinoso anno rivoluzionario del 1848, perché la cosiddetta prosperità economica, il progresso tecnologico e il positivismo autoassicurato del XX secolo si sono uniti per produrre una lunga e profonda amnesia storica. Non si può altresì negare che gli avvenimenti rivoluzionari del “48 avevano provocato profonda inquietudine e paura nei comuni cittadini europei; c’è una molto conosciuta citazione di quell’anno che recita:
«Per questo motivo, la paura afferra il genio in un momento diverso rispetto alle persone normali; l’uomo riconosce il pericolo al momento del pericolo; fino a quel momento non sono al sicuro, e se il pericolo è passato, allora sono al sicuro. Il genio è il più forte proprio nel momento del pericolo.»
Purtroppo, fu la situazione intellettuale in Europa nel 1848 a provocare l’angoscia rivoluzionaria tra i comuni cittadini europei di allora, ben diversi da quelli di oggi che si trovano, comunque, di fronte a situazioni analoghe sul piano sociale, politico e ideologico. Non si possono non cogliere le crescenti inquietudini della coscienza pubblica europea senza tener conto della critica di Carl Schmitt alla democrazia liberale. Un secolo e mezzo fa, abbracciando la democrazia liberale sotto l’egida del capitalismo del libero-mercato, gli europei hanno svolto un ruolo fondamentale nell’autodistruzione dello spirito europeo.
La viziosa spinta tecnologica del capitalismo liberale ha condotto la civiltà europea verso il centralismo clientelare, l’industrialismo, la meccanizzazione e soprattutto la singolarità. Oggi, il capitalismo neoliberale ha trasformato il mondo in una fabbrica meccanizzata di consumo, nella quale l’umanità appare come un sottoprodotto della propria creazione artificiale. Questa meccanizzazione non strutturata dell’umanità ha portato la civilizzazione umana ad un bivio tecnologico, facendo sì che la techné sotto il capitalismo democratico liberale si stia presentando come una minaccia enorme all’identità della civilizzazione umana.
[1] Wolin, Richard, Carl Schmitt, Political Existentialism, and the Total State, Theory and Society, volume no. 19, no 4, 1990 (pp. 389-416). Schmitt considerava la dialettica amico-nemico come la pietra angolare della sua critica al liberalismo e all’universalismo.
Traduzione italiana a cura di Lorenzo Maria Pacini