PIETRE MILIARI DELL’EURASISMO
Schede primarie
L’eurasismo è una corrente ideologica e politico-sociale sorta nel contesto della prima ondata di emigrazione russa, unita dalla concezione della cultura russa come fenomeno non europeo che – fra le varie culture del mondo – presenta una originale combinazione di tratti occidentali ed orientali; pertanto essa appartiene contemporaneamente all’Occidente e all’Oriente, e al tempo stesso non si riduce né all’uno né all’altro.
Il valore principale dell’eurasismo è consistito in idee sorte nel profondo della tradizione della storia e della statualità russa. L’eurasismo ha guardato alla cultura russa non come ad una semplice componente della civiltà europea, ma come ad una civiltà originale, che riassume in sé le esperienze non soltanto dell’Occidente ma anche, in pari misura, dell’Oriente. Il popolo russo, da questo punto di vista, non va collocato né fra i popoli europei né fra quelli asiatici; esso appartiene ad una comunità etnica eurasiatica pienamente originale. Tale originalità della cultura e statualità russe (che presentano al tempo stesso elementi europei ed asiatici) definisce anche lo specifico percorso storico della Russia, il suo programma nazional-statale, non coincidenti con la tradizione europeo-occidentale. La civiltà romano-germanica ha elaborato un proprio sistema di princìpi e valori, che essa stesa ha eletto al rango di sistema universale. Tale sistema romano-germanico è stato imposto ai restanti popoli e culture con la forza e con l’astuzia. La colonizzazione spirituale e materiale del resto dell’umanità da parte dell’Occidente costituisce un fenomeno negativo. Ogni popolo ed ogni cultura possiedono un intrinseco diritto ad evolversi secondo una propria logica. La Russia è una civiltà originale. Essa è chiamata non soltanto a contrapporsi all’Occidente, salvaguardando fino in fondo il proprio percorso, ma anche a collocarsi all’avanguardia di altri popoli e paesi della Terra nella difesa della propria libertà in quanto civiltà. La civiltà occidentale ha costruito il proprio sistema sulla base della secolarizzazione del cristianesimo occidentale (cattolicesimo e protestantesimo), ponendo in primo piano l’individualismo, l’egoismo, la competizione, il materialismo, il progresso tecnico, i valori del consumo, lo sfruttamento economico. La civiltà romano-germanica fonda il proprio diritto alla globalità non sulla grandezza spirituale, ma sulla rozza forza materiale. Anche la spiritualità e la forza degli altri popoli vengono da essa valutati solo in base alla sua propria rappresentazione della preminenza del razionalismo e del progresso tecnico. Non esistono modelli di sviluppo universali, la pluralità dei paesaggi della Terra produce una pluralità di culture, ciascuna delle quali ha i suoi cicli, i suoi criteri interni, la sua logica. I primi slavofili russi del XIX secolo (Khomjakov, Aksakov, Kirevskij) insistettero sull’unicità ed originalità della civiltà russa (slava, ortodossa). Essa deve essere difesa, conservata e rafforzata di contro all’Occidente, da un lato, e dal modernismo liberale (anch’esso procedente dall’Occidente), dall’altro. Gli slavofili affermarono il valore della tradizione, la grandezza dell’antichità, l’amore per il passato della Russia, ed ammonirono degli inevitabili pericoli del progresso, dell’estraneità alla Russia di molti aspetti del modello occidentale. Ricchezza e prosperità, forza dello stato ed efficienza dell’economia, potenza dell’esercito e sviluppo della produzione devono essere gli strumenti per il conseguimento di alti ideali. Il senso dello stato e della nazione viene conferito solo dall’esistenza di una “idea-guida”. Quel regime politico che presuppone la fissazione di una “idea-guida” quale valore supremo venne chiamato dagli eurasisti “ideocrazia” – dal greco “idea” e “kratos”, potere. La Russia viene sempre immaginata come Sacra Rus’, come potenza [derzhava] che compie la propria peculiare missione storica. La concezione del mondo eurasista deve anche essere l’idea nazionale della Russia a venire, la sua “idea-guida”. La Russia-Eurasia, quale espressione di un impero stepposo-boschivo di dimensioni continentali, esige un proprio modello di direzione. Questa è prima di tutto l’etica della responsabilità collettiva, del disinteresse, dell’aiuto reciproco, dell’ascetismo, della volontà, della tenacia. Solo qualità simili possono permettere di conservare il controllo sulle vaste e scarsamente popolate terre della zona stepposo-boschiva eurasiatica. La classe dirigente dell’Eurasia si è formata sulla base del collettivismo, dell’ascetismo, della virtù guerriera e della rigida gerarchia. Lev Nikolaevic Gumilev (1912-1922), figlio del poeta russo N.Gumilev e della poetessa A.Akhmatova, fu etnografo, storico, filosofo. ETHNOS è in generale qualsiasi insieme di individui, qualsiasi “collettivo”: popolo, popolazione, nazione, tribù, clan familiare, fondato su di una comunità di destino storico. Alla metà degli anni ’80 la società sovietica incominciava a perdere connessione e capacità di adeguata riflessione ed autoriflessione. I modelli dell’autocomprensione sovietica si incrinarono. La società aveva perso il suo orientamento. Tutti avvertivano la necessità del mutamento, ma questa sensazione era confusa, nessuno sapeva da quale direzione tale mutamento sarebbe provenuto. In quel periodo si formò uno spartiacque poco convincente: “forze del progresso” e “forze della reazione”, “riformatori” e “conservatori del passato”, “partigiani delle riforme” ed “avversari delle riforme”. In tale situazione il termine “riforme” divenne di per sé sinonimo di “liberal-democrazia”. Dal fatto oggettivo della crisi del sistema sovietico si trasse la frettolosa deduzione della superiorità del modello occidentale e della necessità di copiarlo. A livello teorico questo non era assolutamente evidente, dal momento che la “mappa ideologica” presenta un sistema di scelte nettamente più variegato che non il primitivo dualismo: socialismo – capitalismo, accordo di Varsavia - NATO. Prevalse tuttavia proprio questa logica primitiva: i “partigiani delle riforme” divennero incondizionati apologeti dell’Occidente, la cui logica e struttura essi assimilarono rapidamente, mentre gli “avversari delle riforme” si dimostrarono inerti conservatori del regime tardo-sovietico, la cui logica e struttura sempre più sfuggiva a loro stessi. In tale situazione squilibrata, dal lato dei riformatori-filoccidentali stavano potenziale di energie, novità, aspettative di cambiamento, impulso creativo, prospettive, mentre ai “reazionari” non restavano che l’inerzia, l’immobilismo, l’appello al consueto e al noto. Proprio in questo involucro psicologico ed estetico la politica liberal-democratica occidentale prevalse nella Russia degli anni ’90, nonostante che a nessuno fosse stato concesso di compiere una scelta chiara e consapevole. Il risultato delle “riforme” fu il collasso dell’unità statale sovietica e l’inizio del crollo della Russia quale vestigia dell’URSS. La distruzione del sistema sovietico e della “razionalità sovietica” non si accompagnò alla creazione di un nuovo sistema e di una nuova razionalità, conformi alle condizioni nazionali e storiche. Gradualmente prevalse un peculiare atteggiamento nei confronti della Russia e della storia nazionale: il passato, il presente e il futuro della Russia incominciarono ad essere letti dal punto di vista dell’Occidente, valutati come qualcosa di estraneo, trascendente, alieno (“questo paese” era una tipica espressione dei “riformatori”). Questa non era la visione dell’Occidente dalla Russia, ma la visione della Russia dall’Occidente. Non può sorprendere che in una tale situazione l’adozione degli schemi occidentali persino nella teoria dei “riformatori” venisse invocata non per creare e rafforzare la struttura dell’unità statale nazionale, ma per distruggerne i resti. La distruzione dello stato non fu il risultato casuale delle “riforme”, bensì, di fatto, uno degli obbiettivi strategici di quelle. Nel corso dello sviluppo delle “riforme” ed il loro “approfondimento” l’inadeguatezza della semplice reazione divenne palese a tutti. In questo periodo (1989-90) incominciò a formarsi la “opposizione nazional-patriottica”, nella quale confluirono una parte dei “conservatori sovietici” (disponibili ad un minimo di riflessione), frange dei “riformatori” delusi dalle “riforme” o “divenuti consapevoli del loro orientamento anti-statuale”, e frange di rappresentanti del movimento patriottico, che si erano formate già durante la perestroika e tentavano di dar forma al sentimento della “potenza statale” [derzhava] in un ambito non comunista (ortodosso-monarchico, nazionalista, ecc.). Con grave ritardo e nonostante la totale assenza di appoggi esterni di ordine strategico, intellettuale e materiale, incominciava confusamente a formarsi il modello concettuale del patriottismo post-sovietico. Il neo-eurasismo sorse in questo contesto come fenomeno ideologico e politico, divenendo poco alla volta una delle principali direzioni dell’autocoscienza patriottica nella Russia post-sovietica. Sul piano teorico il neo-eurasismo è consistito nella rinascita dei princìpi classici di questo movimento in una fase storica qualitativamente nuova e nella trasformazione di tali princìpi in fondamenti di un programma ideologico e politico e di una visione del mondo. L’eredità degli eurasisti classici venne assunta come fondamentale visione del mondo per la lotta ideale (politica) nel periodo post-sovietico, come piattaforma spirituale-politica del “patriottismo integrale”. La critica della società borghese occidentale da posizioni di “sinistra” (sociali) si sovrappose alla critica di quella stessa società da posizioni di “destra” (civiltà). L’idea eurasista del “rifiuto dell’Occidente” viene rafforzata grazie al vasto arsenale della “critica dell’Occidente” da parte di rappresentanti dell’Occidente stesso, in disaccordo con la logica del suo sviluppo storico (quantomeno negli ultimi secoli). A questa idea della fusione delle più disparate (e talvolta politicamente contraddittorie) concezioni della negazione del carattere “normativo” della civiltà occidentale gli eurasisti giunsero non immediatamente, ma per gradi, dalla fine degli anni ’80 alla metà degli anni ’90.
Alla “critica della civiltà romano-germanica” Il neo-eurasismo è mosso dall’idea di una totale revisione della storia della filosofia secondo posizioni spaziali. In questo trovano il loro punto d’unione i più diversi modelli di visione ciclica della storia – da Danilevskij a Spengler, da Toynbee a Gumilev. Il neo-eurasismo integra la metodologia della scuola di Vilfrido Pareto, si muove entro la logica della riabilitazione della “gerarchia organica”, riprende alcuni motivi nietzscheani, sviluppa la dottrina della “ontologia del potere”, della concezione Ortodossa del potere come “kat’echon”. L’idea di “élite” integra le costruzioni dei tradizionalisti europei, autori di ricerche sul sistema delle caste nelle società antiche e della sua ontologia e sociologia (R.Guénon, J.Evola, J.Dumézil, L.Dumont). La teoria della “passionarietà” di Gumilevic sta a fondamento della concezione della “nuova élite eurasista”.
La tesi della “demotia” La tesi dell’ “ideocrazia” Allo sviluppo delle idee degli eurasisti classici concorrono i seguenti elementi: Articolo pubblicato sulla rivista Evraziiskoe Obozrenie, n. 5 2002. Traduzione dall'originale russo di M.Conserva
PIETRE MILIARI DELL’EURASISMO
Fondatori dell’eurasismo
N.S. Trubetskoj (1890-1938) – filologo e linguista
P.N. Savitskij (1895-1965) – geografo, economista
G.V. Florovskij (1893-1979) – storico della cultura, teologo e patriota
G.V. Vernadskij ( 1877-1973) – storico e geopolitico
N.N. Alekseev - giurista e politologo
V.N. Ilin – storico della cultura, letterato e teologo
Fondamenti
Concezione della civiltà
Critica della civiltà romano-germanica
Il fattore spaziale
Lo spazio geografico influisce in misura enorme (talora decisiva) sulla cultura e sulla storia nazionale dei popoli. Ogni popolo, sviluppandosi in un determinato ambiente geografico, elabora le proprie forme nazionali, etiche, giuridiche, linguistiche, rituali, economiche e politiche. Il “luogo” in cui avviene lo “sviluppo” di un popolo o di uno stato predetermina in misura significativa la traiettoria e il senso di tale “sviluppo” – fino al punto da divenire inscindibili. E’ impossibile separare la storia dalle condizioni spaziali, e l’analisi delle civiltà deve procedere non solo lungo l’asse temporale (“prima”, “dopo”, “sviluppo” o “non sviluppo” di una nazione, ecc.) ma anche lungo quello spaziale (“oriente”, “occidente”, “steppa”, “montagne” ecc.).
Nessun singolo stato o regione ha il diritto di pretendere di essere il metro di misura per tutti gli altri. Ogni popolo ha il proprio modello di sviluppo, i propri “tempi”, la propria “razionalità”, e deve essere compreso e valutato secondo criteri specifici intrinseci.
Il clima dell’Europa, la piccolezza dei suoi spazi, l’influenza dei suoi paesaggi hanno generato la specificità della civiltà europea, nella quale prevalgono le influenze del bosco (Europa settentrionale) e della costa (Mediterraneo). Differenti paesaggi hanno generato differenti tipi di civiltà: le steppe sconfinate gli imperi nomadi (dagli Sciti ai Turchi), il deserto la civiltà araba (islamica), le terre del loess quella cinese, le isole montuose quella giapponese, l’unione di steppa e bosco quella russo-eurasiatica. L’impronta del paesaggio vive nella storia intera di ognuna di queste civiltà, e non può esserne separato o soppresso.
Stato e nazione
Gli eurasisti ereditarono da questa scuola filosofica le posizioni degli ultimi slavofili e svilupparono ulteriormente le loro tesi nel senso di una positiva valutazione dell’influsso dell’Oriente.
L’Impero Moscovita rappresenta il più alto sviluppo della statualità russa. L’idea nazionale acquisisce un nuovo status: dopo il rifiuto di Mosca di riconoscere l’unia Fiorentina (incarceramento e messa al bando del mitropolita Isidoro) e la rapida decadenza, la Rus’ di Zargrad assume le insegne dell’impero ortodosso.
Piattaforma politica
La scelta eurasista
La democrazia occidentale si è formata nelle condizioni specifiche dell’Atene antica e attraverso molti secoli dell’Inghilterra insulare. Questa democrazia riflette caratteristiche specifiche dello “sviluppo locale” europeo. Questa “democrazia” non rappresenta un criterio universale. Per la Russia-Eurasia imitare le norme della “democrazia liberale” europea è insensato, impossibile e dannoso. La partecipazione del popolo della Russia alla direzione politica deve essere definita con un termine diverso: “demotia”, dal greco “demos”, “popolo”. Questa partecipazione non rifiuta la gerarchia e non deve essere formalizzata in strutture partitico-parlamentari. La “demotia” presuppone un sistema di consigli territoriali, di governi distrettuali e nazionali (nel caso di popoli di ridotte dimensioni). La “demotia” si sviluppa sul fondamento dell’autogoverno sociale, del “mondo” contadino. Esempio di “demotia” è il carattere elettivo delle gerarchie ecclesiastiche da parte dei parrocchiani nella Rus’ moscovita.
L’opera di L.N. Gumilev come sviluppo del pensiero eurasista
Grande influenza ebbero su Gumilev il libro dell’eurasista calmucco E.Khara-Vadan “Gengis Khan come condottiero” ed i lavori di P.S.Savitskij. Nella sua opera Gumilev sviluppò le tesi fondamentali dell’eurasismo. Verso la fine della sua vita si definiva come “l’ultimo degli eurasisti”.
Momenti fondamentali della teoria di Gumilev
“I nostri antenati Grandi-Russi” – scriveva Gumilev – nei secoli XV, XVI e XVII si mescolarono agevolmente e abbastanza rapidamente con i Tartari del Volga, del Don, dell’Obi e con i Buriati, che assimilarono la cultura russa. Gli stessi Grandi-Russi si mescolarono facilmente agli Iakuti, assorbendone l’identità e gradualmente venendo in contatto amichevolmente con Kazaki e Calmucchi. Tramite i legami matrimoniali coesistettero pacificamente con i Mongoli nell’Asia centrale, così come gli stessi Mongoli e i Turchi fra il XIV e il XVI secolo si fusero con i Russi nella Russia centrale”. Pertanto la storia della Rus’ moscovita non può essere considerata al di fuori del contesto dei contatti etnici russo-tatari e della storia del continente Eurasiatico.
La comparsa del neo-eurasismo: contesto storico e sociale
Crisi del paradigma sovietico
Infatuazione per i modelli occidentali
Collasso della unità statale
Nascita di un’opposizione anti-occidentale (anti-liberale) nelle condizioni post-sovietiche
Neo-eurasismo
Fasi dello sviluppo dell’ideologia neo-eurasista
1a fase (anni 1985-90)
2a fase (anni 1991-93)
3a fase (anni 1994-98): sviluppo teorico dell’ortodossia neo-eurasista
4a fase (anni 1998-2001)
5a fase (anni 2001-2002)
Posizoni filosofiche fondamentali del neo-eurasismo
I neo-eurasisti hanno sussunto le posizioni fondamentali dell’eurasismo classico, li hanno scelti come piattaforma, punti di partenza, basi teoretiche e fondamenti per il futuro sviluppo e impiego pratico.
In campo teorico i neo-eurasisti hanno coscientemente sviluppato i princìpi fondamentali dell’eurasismo classico tenendo conto dell’ampio contesto filosofico, culturale e politico delle idee del XX secolo.
Ognuna delle posizioni fondamentali degli eurasisti classici (vedi il paragrafo “Posizioni fondamentali dell’eurasismo classico”) ha ricevuto un suo sviluppo concettuale.
Concezione della civiltà
venne dato grande rilievo, avendo come base la prioritaria analisi del mondo anglosassone, degli USA. Nello spirito della Rivoluzione Conservatrice tedesca e della “nuova destra” europea il “mondo occidentale” venne differenziato nella componente atlantica (USA + Inghilterra) e nella componente Europea continentale (propriamente, romano-germanica). L’Europa continentale viene qui vista come fenomeno neutrale, passibile di integrazione – a determinate condizioni – nel progetto eurasista.
Il fattore spaziale
Tale principio trova una più pregnante espressione nella filosofia tradizionalista, che nega radicalmente l’idea di evoluzione e progresso e fonda questa negazione su dettagliati calcoli metafisici. Da qui la teoria tradizionale dei “cicli cosmici”, dei “molteplici stati dell’essere”, della “geografia sacra”, e così via. I princìpi fondamentali della teoria dei cicli sono dettagliatamente illustrati nei lavori di Guénon (e dei suoi seguaci G.Georgel, T.Burckhardt, M.Eliade, A.Corbin). E’ stato pienamente riabilitato il concetto di “società tradizionale”, la quale o non conosce storia o la realizza secondo i riti e miti dell’”eterno ritorno”. La storia della Russia è vista non semplicemente come uno dei tanti sviluppi locali, ma come l’avanguardia del sistema spaziale (Oriente) contrapposto a quello “temporale” (Occidente).
Stato e nazione
Dialettica della storia nazionale
Piattaforma politica
è la prosecuzione delle teorie politiche della “democrazia organica” da J.J.Rousseau a C.Schmitt, J.Freund, A.de Benoist e A.Mueller van der Bruck. Definizione del concetto eurasista di “democrazia” (“demotia”) come “partecipazione del popolo al suo proprio destino”.
dà fondamento al richiamo alle idee della “rivoluzione conservatrice” e della “terza via”, alla luce dell’esperienza delle ideocrazie sovietica, israeliana, islamica, analizza i motivi del loro insuccesso storico. Viene ripensato criticamente il contenuto qualitativo dell’ideocrazia del XX secolo, viene elaborata una conseguente critica del periodo sovietico (predominio della concezione quantitativa e delle teorie profane, peso sproporzionato della concezione classista).