Il coraggio, una virtù fondamentale nella transizione al multipolarismo

Se guardiamo alla tradizione ellenica, che è rilevante per la civiltà europea, ma anche per altre civiltà vicine o affini (come quella iberoamericana), vedremo il rilievo dato da filosofi come Aristotele alla virtù del coraggio (ἀνδρεία). Considerata la più alta virtù degli Spartani ─ come possiamo dedurre dai Detti degli Spartani di Plutarco ─ secondo Aristotele, la virtù del coraggio implicava la volontà di affrontare un rischio esistenziale reale ma non disperato in nome di un fine degno.

Aristotele nega quindi che si tratti della virtù del coraggio quando il pericolo non è esistenziale, quando non c’è possibilità di trionfo o quando non c’è un fine degno. Il coraggio, come tutte le virtù aristoteliche, implica quindi un buon oggetto, un buon modo e un buon tempo, in una sorta di misura esatta tra gli estremi della paura e della fiducia.

Si potrebbe anche evocare qui il concetto di yong (勇), la virtù del coraggio così come viene presentata nella civiltà cinese attraverso gli scritti di Confucio. Il coraggio appare qui come una delle tre virtù dell’uomo nobile, con una questione di misura, anche per Confucio. Deve essere inquadrato da un senso di correttezza o di rituale, cioè c’è un modo corretto di essere coraggiosi, e deve anche essere preceduto dalla conoscenza. In breve, è la volontà di correre dei rischi per prevenire il male obbedendo a norme etiche.

Ci si potrebbe chiedere perché questo breve discorso sulla virtù venga fatto nel contesto di una conferenza sulla multipolarità. Ma è possibile giustificare tale approccio facendo appello a una nozione piuttosto tradizionale: secondo gli antichi, esiste un’omologia tra l’uomo e la città (cioè lo Stato, in termini moderni), per cui è possibile trapiantare le virtù umane nella dimensione politica, comunitaria e istituzionale della cosa pubblica.

Dobbiamo quindi pensare alla transizione multipolare e all’atteggiamento dei Paesi nei confronti di questa transizione alla luce del coraggio tradizionale come virtù pubblica. Siamo tutti consapevoli di trovarci a un bivio storico, di fronte a circostanze storiche che possono cambiare il corso della storia dei popoli. Dobbiamo considerare il momento attuale sorprendente come il periodo della caduta di Costantinopoli. Queste possibilità sono state inaugurate dalla deflagrazione dell’operazione militare speciale russa sul confine sud-occidentale. La decisione russa di lanciare questa operazione, al momento giusto, ha aperto una miriade di possibilità per gli altri popoli del mondo. Anche loro si trovano nel kairos di prendere una decisione.

Ora, questa miriade di possibilità inaugurata dalla decisione russa può essere condensata nel superamento del momento unipolare atlantico con l’instaurazione di un ordine mondiale multipolare. Ci troveremmo ora nella transizione, nell’intervallo, sulla soglia tra queste due direzioni, e mentre l’esito finale dipende dall’esito dell’operazione militare russa, la concretizzazione, la stabilizzazione e la configurazione dell’ordine multipolare dipendono dalla decisione presa da ciascun popolo in questo kairos che è unico e richiede quindi una decisione. Le conseguenze di una mancata decisione, o di una decisione sbagliata che chiude le porte di questo kairos, possono essere drammatiche.

È in questo contesto che possiamo presentare il coraggio come una virtù pubblica e, ancor più, come la virtù pubblica fondamentale in questo kairos internazionale.

La nostra conferenza riunisce rappresentanti di oltre 64 Paesi. Tra il pubblico abbiamo rappresentanti di un numero ancora maggiore di Paesi, forse di tutti i Paesi del mondo. Non è quindi strano dire che in questo momento di transizione multipolare, molti Paesi, grandi e piccoli, recalcitrano alla possibilità di cambiamenti radicali nell’ordine internazionale. Al di là della paura borghese dell’ignoto, questi Paesi temono:

(a) sanzioni;

(b) interventi militari

(c) rivoluzioni colorate,

o una combinazione di questi strumenti, nel caso in cui i loro Stati facciano passi per rompere con lo status quo.

Secondo i criteri aristotelici, tutte queste paure corrispondono al tipo di oggetto che può essere affrontato con la virtù del coraggio. Si tratta di rischi esistenziali, che possono portare alla distruzione di un Paese; lo scopo è nobile, poiché il multipolarismo è la condizione internazionale che permette l’autorealizzazione sovrana di ogni popolo nella sua civiltà; e, soprattutto, il pericolo è superabile.

Perché molte nazioni, ricordando situazioni passate in cui sono state attaccate da sanzioni, interventi e rivoluzioni colorate, hanno una paura esagerata del momento di debolezza dell’egemone e delle strutture egemoniche, e per questo motivo esitano a posizionarsi attivamente nella transizione al multipolarismo, cercando ostinatamente di ritardare questa transizione. Ciò non significa che tutti i Paesi del mondo debbano adottare la stessa posizione della Russia e di altri Paesi che sfidano apertamente e attivamente la vecchia struttura unipolare. È nella natura del coraggio dirigersi verso l’oggetto giusto, nel modo giusto e al momento giusto; il momento è uguale per tutti, il modo varia a seconda delle condizioni oggettive (di potere, geografiche, ecc.) di ciascun Paese. Tuttavia, anche se il modo è diverso, anche il più piccolo Paese del mondo, se ne ha il coraggio, può rischiare di contribuire all’accelerazione e al consolidamento della transizione multipolare mostrando il proprio valore.

Per alcuni sarà semplice rifiutarsi di sostenere le sanzioni contro gli obiettivi che l’Occidente vuole eliminare, o votare all’ONU per i principi multipolari. Forse anche qualcosa di semplice come promuovere il dialogo a livello ufficiale o culturale con i Paesi “cancellati” dai globalisti. Ma ciò che è fondamentale è capire il momento, il kairos, e agire di conseguenza, in modo che ognuno dei nostri popoli e delle nostre civiltà partecipi alla costruzione del multipolarismo.

Amici di tutti i popoli del mondo, dobbiamo essere coraggiosi.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini