Il paradigma della Fine [1/7]

Il paradigma della Fine [1/7]

L’ultimo grado di generalizzazione

L’analisi delle civiltà, la loro correlazione, il loro confronto, il loro sviluppo, la loro interdipendenza è un problema così difficile, che in funzione dei metodi, della profondità della ricerca, si possono ottenere risultati non solo diversi, ma direttamente contrari. Quindi anche per ottenere le conclusioni più approssimative si deve applicare la riduzione, ridurre la varietà di criteri a un unico modello semplificato. Il marxismo preferisce solo l’approccio economico, che diventa un sostituto e un denominatore comune per tutte le altre discipline. Lo stesso fa (anche se meno esplicitamente) il liberalismo.

La geopolitica, che è meno conosciuta e meno popolare della varietà di approcci economici, ma non meno efficace e ovvia nello spiegare la storia delle civiltà, suggerisce un metodo di riduzione completamente diverso. Un’altra versione del riduzionismo è costituita da diverse forme di approccio etico, che includono le “teorie razziali” come loro aspetto estremo.

Infine, le religioni suggeriscono il proprio modello riduzionista della storia delle civiltà.

Questi quattro modelli sembrano essere i modi più popolari di generalizzazione, e sebbene esista una diversità di altri metodi, questi ultimi potrebbero difficilmente raggiungerli secondo i criteri di popolarità, ovvietà e semplicità.

Poiché la nozione di “civiltà” è di scala estremamente grande – forse la più grande che la coscienza storica dell’umanità sia in grado di generare – i metodi di riduzione dovrebbero essere estremamente approssimativi, lasciando da parte sfumature, dettagli, fattori di media e piccola importanza. Le civiltà sono tali conglomerati umani, che hanno vasti confini spaziali, temporali e culturali. Secondo la definizione, le civiltà dovrebbero avere dimensioni significative – dovrebbero durare a lungo, controllare regioni geografiche significative, generare uno speciale stile espressivo culturale e religioso (a volte ideologico).

Alla fine del secondo millennio d.C. si suggerisce un riassunto della storia delle civiltà, perché il significato della data suggerisce l’idea del raggiungimento di una qualche soglia, dell’orlo. E quindi l’idea sembra portare diverse direzioni di analisi delle civiltà a un unico paradigma universale. Certamente, il grado di semplificazione, approssimazione e riduzione sarà qui ancora maggiore che nei quattro modelli di riduzione sopra menzionati, ma non dovrebbe essere considerato un ostacolo insuperabile. Qualsiasi generalizzazione (felice o no, giustificata o no soprattutto) si imbatterà indispensabilmente nella critica tagliente, che può provenire sia dallo “specialista dell’erpice particolare”, avendo dimenticato da tempo i principi primordiali nel vortice dei dettagli, sia dagli aderenti coscienti (o istintivi) di qualche altra generalizzazione, che usano pragmaticamente le contraddizioni nei dettagli per screditare l’insieme.

Tuttavia, i temi della “Fine della storia” (Francis Fukuyama), “Scontro di civiltà” (Samuel Huntington), “Nuovo ordine mondiale” (George Bush), “Nuovo paradigma” (New Age), “Tempi del Messia”, “Fine dell’utopia”, “Paradiso artificiale”, “Cultura dell’apocalisse” (Adam Parfrey) diventano sempre più popolari man mano che ci avviciniamo al secolo – al millennio. E tutti questi temi sono solo, in un modo o nell’altro, frequentati da complicati modelli di riduzionismo, che sono il frutto dell’unione di più metodi ristretti – in primo luogo i quattro sopra menzionati.

Parte 1 di 7

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini

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