L’ABC dei valori tradizionali: la vita

L’ABC dei valori tradizionali: la vita

Konstantin Malofeev
Arciprete Andrei Tkachev
Aleksandr Dugin

Konstantin Malofeev: Oggi, in un’altra parte del nostro “ABC dei valori tradizionali”, parleremo della lettera “Zh”: la vita [N.d.T.: “vita” in russo si dice zhizn’, in cirillico жизнь].

Aleksandr Dugin: “Vita”, come dimostrano i nostri storici linguistici, non è una parola russa autoctona. L’antica parola russa è “pancia”. Significava “vita”. Ma “vita” compare nel Credo, per descrivere una forma speciale di vita, “la vita dell’età futura”. Quindi la stessa parola “vita”, apparentemente così semplice e familiare, richiede uno studio molto serio.

La “pancia”, in quanto esistenza fisica, implica una cosa, e la “vita” non è semplicemente l’essere al mondo, un processo biologico: la vita è essere per uno scopo, per una trasformazione. È la vita dello spirito. Cioè, la stessa parola “vita” non implicava originariamente tutta la vita, ma specificamente la vita spirituale. Pertanto, quando diciamo, sulla base dell’Ortodossia, che la vita è un valore nella nostra tradizione russa, nel nostro contesto russo, assumiamo consapevolmente un’esistenza non ordinaria.

L’esistenza ordinaria non è un valore, lo diventa quando c’è una meta, un ideale; “la vita dell’età futura”, questa formula del Credo, ci dice di più sul significato della parola “vita” rispetto alla parola russa, che si suppone accessibile. A proposito, anche i greci avevano due termini diversi: βίος e ζωή [N.d.T.: Bios e Zoè, rispettivamente dal greco la vita animata e la mera materia non animata]. Nella tradizione russa la parola “vita” aveva originariamente un significato spirituale sublime.

La nostra comprensione della vita come valore tradizionale è contemporaneamente legata alla storia biblica della sostituzione di Isacco ad Abramo nel sacrificio di un agnello. Dio non voleva un sacrificio umano. Non ha voluto prendere la vita umana e l’ha sostituita con un animale sacrificale. Perché la vita dell’uomo era un tipo di vita di Cristo; quando togliamo la vita a un’altra persona, in un certo senso commettiamo qualcosa di simile all’omicidio di Dio. Perché coloro che hanno crocifisso Cristo hanno invaso la cosa più importante, la vita di Dio. La nostra vita acquista senso e diventa un valore quando è orientata in questo modo elevato. Pertanto, anche questo valore non è così semplice.

Arciprete Andrei Tkachev: “Quando un grappolo d’uva è pieno di succo, si dice: “Non danneggiatelo, in esso c’è una benedizione!”. – leggiamo nel profeta Isaia. La vite che raccoglie il suo succo – che i popoli viticoli capiscono certamente meglio di noi – o il ventre rotondo e gravido di una donna che diventa particolarmente bella quando porta ancora in grembo il suo bambino, sono probabilmente le immagini migliori della sacralità del dono della vita. “Porterò a termine la gravidanza e non partorirò?”. – dice il Signore.

In contrasto con queste parole del Signore, Papa Giovanni Paolo II ha coniato l’espressione “cultura della morte”, che è diventata molto famosa. Ha unito contraccezione, aborto, riassegnazione del sesso e cultura del suicidio, delle sparatorie di massa e dell’eutanasia. Tutto ciò che fa vergognare e uccide una persona all’inizio e alla fine del suo percorso, e ciò che le impedisce di vivere nel mezzo, è stato chiamato “cultura della morte” e il concetto è stato ampiamente diffuso.

Cosa vediamo in televisione? Ovunque quell’occhio bluastro ti fissa in faccia: spari e sangue. E questo sangue cinematografico non può, prima o poi, non fuoriuscire. Viviamo e ci crogioliamo su questo sangue, ci siamo abituati, anche se è innaturale e anche tutto il resto che ho citato sopra è una “cultura di morte”, formata dall’uomo che ha dimenticato la sua parentela, che perisce per il vuoto interiore e non chiede aiuto a Dio per orgoglio.

Per l’infedeltà è bruciato e disseccato,

sopporta l’insopportabile…

Ed è consapevole della sua rovina,

e desidera la fede… ma non lo chiede..,

– scriveva Fëdor Tyutchev. Così la vita è Dio. La radice ebraica haya ha dato origine a tutte le altre parole da essa derivate. Il nome di Dio è collegato ad esso. La moglie di Adamo, Hava (Eva), era la vita, perché egli vedeva in lei la madre di tutti i viventi. La vita è di Dio e per Dio. Dio e la donna.

Perciò, “violentare” il suo grembo con l’aborto, corrompere la sua anima e il suo corpo, portarla via dalla sua famiglia è l’apice della guerra alla vita. Poi arrivano gli HIMARS, i Tre Sette, le armi nucleari tattiche e gli attacchi batteriologici. La donna deve essere uccisa per prima. Perché lei è Hava, è la vita. Ecco come vedo il problema.

K.M.: Il legislatore, quando ha messo la vita come valore tradizionale numero uno nella Politica di Base dello Stato, ovviamente non pensava così tanto a qualcosa. Naturalmente, ha proceduto dalla consueta classifica dei valori dei diritti umani e delle libertà. Come è scritto nella Costituzione, “tutti hanno diritto alla vita”. Come è stato scritto prima di noi nella Costituzione francese dopo la relativa rivoluzione. È scritto così anche in tutte le altre costituzioni democratiche.

Quindi il nostro legislatore non ha certo scavato così a fondo. Ma c’è un problema: è stato lui stesso a creare questa profondità, non l’abbiamo trovata ora. Nel momento in cui ha definito questo valore un “valore spirituale e morale tradizionale russo”, ha smesso di essere semplicemente un diritto umano alla vita nel senso di diritti e libertà. In quel momento divenne un valore spirituale tradizionale. E che cos’è? È un valore cristiano, evangelico.

Pertanto, la vita, proprio nel senso alto del termine di cui stiamo parlando, d’ora in poi non è più solo una norma giuridica. Altrimenti sarebbe stato inserito nel Codice penale e non nei Fondamenti della politica statale sui valori tradizionali.

La vita per l’ortodosso è Vita eterna; quindi, tutto ciò che danneggia la nostra salvezza, la nostra Vita eterna, va contro i valori spirituali e morali tradizionali russi. Cioè, il legislatore stesso, scrivendo la vita nei Fondamenti della politica dello Stato, ha dato una profondità incommensurabile e oceanica a questa semplice frase dei diritti e delle libertà umane.

Ancora una volta, ritornano tutti i significati di cui abbiamo già parlato. La priorità dello spirituale sul materiale, la memoria storica, e la vita in senso alto, quella di cui stiamo parlando ora. Significa che le politiche pubbliche non devono portare alla morte, ma al Regno dei Cieli. Significa che qualsiasi dissolutezza, qualsiasi immoralità, qualsiasi cosa che sia in contraddizione con la salvezza dell’anima non può essere sostenuta dalla politica dello Stato.

Ciò significa che qualsiasi opera teatrale, qualsiasi film, qualsiasi libro di testo, qualsiasi libro che abbia ricevuto il diritto di essere pubblicato sul territorio della Russia, se ci porta alla distruzione, se ci insegna la depravazione, se ci chiama al suicidio, alla delusione della vita, perché è nero, contraddice questo valore. Ecco perché la parola “vita”, semplice ma così profonda ed eterna, ci offre l’opportunità di parlare di concretezza. Sul fatto che lo Stato non deve contribuire alla morte spirituale.

A.D.: Esattamente così. In questo caso lo stato diventa lo stato di vita. Se stessimo parlando di una norma penale, sarebbe un discorso a parte. Ma la vita come valore riguarda qualcos’altro, riguarda la verità, l’essenza, il significato. Lo Stato, che considera la vita come il valore più alto, deve ovviamente preservarla nelle sue fondamenta più profonde. Per esempio, non desacralizzare la vita, non cercare di trovare o creare vita artificiale.

Non si deve smantellare il genoma, non si deve cercare di imitare con mezzi artificiali il soffio dell’anima in Adamo, questo atto sacro di Dio che fa di un pupazzo di argilla un essere umano reale e significativo, suo rappresentante sulla terra. Non bisogna cercare questo mistero dove non si può trovare. La vita deve essere protetta come un sacramento e non può essere penetrata con mezzi non consentiti.

La Bibbia dice che “è una cosa terribile cadere nelle mani del Dio vivente”. Questo è il Dio vivente. E molte, molte volte nella Bibbia i profeti dicono: “Dio vive, Dio vive”. Non è solo lì, è vivo e se Egli semplicemente fosse, potrebbe essere un principio astratto ordinario (come la giustizia) o una legge universale, o un inizio universale. Ma le mani del Dio vivente sono un sentimento molto serio e molto diretto. La vita è sempre qualcosa che ci colpisce come fondamentale, è sempre più grande di noi e questa devozione alla vita, la protezione della vita da parte dello Stato rende lo Stato vivo. Non un meccanismo morto, ma un organismo vivente.

K.M.: In questo caso, le argomentazioni legali su quando un bambino ha diritto alla vita sono prive di significato: al concepimento o alla nascita. Se parliamo di vita in un senso così alto, allora di che tipo di aborto possiamo parlare in uno Stato con valori così tradizionali?

A.T.: La rivelazione biblica parla anche del parallelo tra vita e morte: “Vita e morte ti ho offerto, benedizione e maledizione”. I trafficanti di morte non sono solo trafficanti di armi. Gli spacciatori non sono forse i mercanti di morte? E i pornografi? Dopo tutto, il sangue viene versato solo dove c’è il seme. Senza spargimento di seme non c’è spargimento di sangue. San Nicola di Serbia chiede: “Che cosa è più grande, il seme o il sangue? Il seme”. Come non c’è seme nel sangue, ma c’è sangue futuro nel seme. E se il seme viene sparso in modo incontrollato, è inevitabile che si arrivi a uno spargimento di sangue.

Forse uno non è un uomo profondo per preoccupasti di idee così elevate, ma se ci pensate, vi renderete conto che sono vere. È la verità della vita stessa. La verità della vita stessa, che è data da Dio ai vivi. Pertanto, l’immoralità è, per così dire, la morte, e lo stato di vita deve essere discernente. Deve essere preveggente e rintracciare il peccato, non nel momento in cui viene commesso, per punire ciò che è già stato fatto, ma nel momento in cui si verifica.

In questo senso, ovviamente, abbiamo del lavoro da fare. Perché non tutte le esistenze sono degne del nome di vita. Ad esempio, le persone che scontano una condanna all’ergastolo sembrano esistere, ma è improbabile che chiamino la loro vita “vita”. Dicono: “Esisto, ma non è vita”. All’inferno, le creature ragionevoli non cessano di esistere, ma questa non è più la vita. Quindi grazie al legislatore che ha sconsideratamente aggiunto una parola così semplice a un elenco così lungo.

A.D.: O, al contrario, con intenzione.

A.T.: E non ci sono parole semplici.

K.M.: Grazie a tuti. Questa era la lettera “Zh”, la vita.

Traduzione a cura di Lorenzo Maria Pacini