Civilization

Igor Strelkov, il nome del Mito russo

Dobbiamo capire che il ruolo di Igor Strelkov è fondamentale. Questo è un modello di idealista russo, conservatore, un vero patriota che ha distrutto l’abisso tra i principi e le azioni; questo abisso è il flagello paralizzante del nostro patriottismo. Quando i russi realizzano nel profondo che i loro valori vengono ridicolizzati, i loro interessi venduti, o che il loro governo è posto sotto il controllo non del migliore, ma del più ignobile, ebbene, loro cosa fanno? Si struggono, belano, incolpano le élites intellettuali (un esempio, Augustin Cochin), o bevono, naturalmente, e formano piccoli movimenti che il Sistema velocemente toglie di mezzo. I più appassionati si lanciano in lotte, aggressioni, accompagnate da un’insensata violenza e sacrificio. Alcuni vengono corrotti per scopi tecnici dell’opposizione, altri sono controllati dalla polizia e dai servizi segreti. Un circolo vizioso. Nessuno riesce a focalizzare l’attenzione sul vero nemico, nessuno specifica i propri propositi, nessuno va fino in fondo alla faccenda, fermamente e a testa alta. Dopotutto, sono ragazzi giovani a sacrificarsi, nazionalisti russi, nazional-bolscevichi, o “Partigiani dell’Estremo Oriente”, che muoiono negli scontri o finiscono in prigione in modo insensato. Cose che non coinvolgono nessuno. I russi continuano i loro sogni di tutti i giorni. Altri sprecano decenni su questioni senza senso per farsi notare. Una visione patetica.

La battaglia per lo Stato. Il risveglio russo

La Novorussia e il suo drammatico destino, espresso in particolare nelle storie di Strelkov, Gubarev, Mozgovoi e altri, che il nostro Narod, i russi, osservano col fiato sospeso, è una delle vie che Putin (la Russia) ha scelto. L’altra via ci porta invece nella direzione del compromesso, degli evidenti traditori, provocatori, tessitori di intrighi, liberali e occidentalizzati (nascosti o dichiarati), che usano la duplicità russa per i loro fini. Sono loro la sesta colonna, che, nella sua essenza, non è diversa dalla quinta. La popolazione obbedisce sempre ai vertici delle amministrazioni. Dopo tutto, essere licenziati, assunti, ricevere bonus e punizioni – in altre parole, sopravvivere – dipende da questo. Il Narod vuole uno Zar come incarnazione della sua più grande volontà attraverso la storia, come una figura sacra, come quella che unisce la Terra e il Cielo, che illumina e dà spiritualità al Narod stesso. Non vede vertici amministrativi. Vede un sovrano. Per il Narod, la Russia è lo Stato del Narod russo e di coloro che vi legano il proprio destino.

Intervista ad Aleksander Dugin

“Dopo la presa di Slaviansk da parte degli ucraini, la guerra tra Russia e Ucraina è inevitabile. E Vladimir Putin si trova nella fase più critica di tutta la sua storia politica. A seconda di come agirà, ne andrà di mezzo il suo futuro e soprattutto il futuro della Russia e, lasciatemelo ribadire, anche di voi europei”.

Parla in maniera pacata e riflessiva, Aleksandr Dugin, ma le sue parole sono pietre. Anzi, proiettili. Il professore dell’Università di Mosca, politologo e scrittore molto influente nei circoli culturali vicini al potere russo, ha trascorso qualche giorno tra Milano e il Trentino, ospite di due convegni organizzati dall’Associazione culturale Lombardia Russia e dal think tank “Il Nodo di Gordio” e all’alba di sabato scorso è stato svegliato da una telefonata proveniente da suoi amici di Donetsk.“Slaviansk è caduta, si tratta di una notizia terribile, una vera catastrofe, soprattutto dal punto di vista simbolico e psicologico”, ci ha detto, mentre la luce del sole alpino illuminava la sala del convegno.

La concezione sacrale degli spazi

Abbiamo definito l’argomento che abbiamo scelto per la nostra trattazione “la concezione sacrale degli spazi”. Come voi ben saprete, la scuola di pensiero del tradizionalismo integrale fonda sé stessa su una considerazione previa: le concezioni polarmente opposte che animano la dialettica dell’approccio dell’uomo alla realtà sono due, simmetricamente contrarie – la Tradizione e la Modernità. Per Tradizione intendiamo genericamente l’approccio “sacrale” al reale, una lettura simbolica del medesimo che, operando attraverso quello che Carl Schmitt definì in “Cattolicesimo Romano e forma politica” principio di rappresentazione, consideri il piano dell’immanente come riflesso speculare del mondo trascendente, così come espresso sistematicamente dalla filosofia platonica. Si sbaglierebbe però definendo il Tradizionalismo come branca filosofica generata dall’idealismo platonico perché, nella sua concezione ortodossa, esso si considera essere la scienza che studia la manifestazione dell’Uno preesistente nell’immanente – una rivelazione eterna – e le vie maestre per poter accedere alla sua esperienza diretta.

Oltre Eurasia e Atlantico: Europa

In quest’ottica la Federazione Russa propone l’integrazione strategico-economica della regione eurasiatica (identificata nella zona centroasiatica dai teorici dell’eurasiatismo e del neoeurasiatismo) accompagnata da un contenimento del fenomeno indipendentista; la Turchia ritorna ad una politica neo-ottomana, favorita dalla presidenza Erdogan, rinnegando fattualmente l’influenza politica che la rivoluzione dei Giovani Turchi ha esercitato su di essa per più di un secolo e tornando in conflitto con gli interessi pan-arabi (in questo senso la strategia di appoggio alla destabilizzazione saudita ed occidentale del governo siriano è evidente); la Cina estende sempre più incessantemente la sua influenza sul Mar Cinese Meridionale, sanando da un lato la ferita aperta con Taiwan attraverso una integrazione morbida nei propri spazi d’influenza e commerciali, entrando in conflitto invece con gli interessi di Vietnam e Filippine che, subodorando la grande strategia cinese, oppongono ad essa un montante orgoglio nazionale; per l’Europa, invece, sembra mancare la visione d’insieme. Non si è in grado, pare, di pianificare una necessaria politica volta al conseguimento dei propri interessi sul globo, il che significa, d’altro canto, poter affermare e salvaguardare la propria visione del mondo, un retaggio culturale millenario che, in relazione continua con quello asiatico, arabo o africano (e frequentemente non distinto nettamente da essi), è da sempre stato faro di civiltà per i Popoli.

Esploratori dello spirito eurasiatico/Scontro di civiltа o sinergia euro-islamica?

R. - Affermando che dai "medaglioni" contenuti in questo libro emerge chiara l'unitа del Continente eurasiatico, lei ha individuato correttamente lo scopo del libro. Proseguendo un tentativo giа iniziato da tempo e documentato da libri come Imperium e L'unitа dell'Eurasia, ho cercato di mostrare come la varietа delle forme di cultura nate e fiorite nel nostro Continente manifesti una vera e propria continuitа geoculturale, dall'Irlanda al Giappone. Con Esploratori del Continente il tentativo si articola attraverso i profili di personalitа intellettuali che hanno operato in diversi campi: nella filosofia, nell'orientalistica, nella storia delle religioni e nella storia dell'arte.

Nemico sia delle astrazioni mondialistiche sia del "carnevale nazionalista", Friedrich Nietzsche и senza dubbio una figura esemplare di quella razza d'uomini che egli stesso definiva come "buoni Europei". Tuttavia l'orizzonte geoculturale del grande Inattuale non era imprigionato fra l'Atlantico e gli Urali, tant'и vero fin dalla Nascita della tragedia egli afferma la complementaritа dell'Europa e dell'Asia, mentre in Al di lа del bene e del male possiamo leggere che l'Europa non и se non una "penisoletta avanzata" dell'Asia. Se in un libro uscito in Francia parecchi anni fa mi ero soffermato in particolare sull'interesse di Nietzsche per l'Islam ("religione affermativa" da lui contrapposta al cristianesimo), adesso ho completato il giro d'orizzonte effettuato da Nietzsche sul paesaggio spirituale eurasiatico, mostrando come nella sua opera si manifestino influenze provenienti dalla Persia e dall'India.

Giuseppe Tucci

Raniero Gnoli, che di Giuseppe Tucci (1894-1984) fu allievo devoto, commemorando il maestro scrisse di lui che l'idea di "una koinй culturale estendentesi dai paesi affacciati sull'Oceano Atlantico fino a quelli lambiti dal mar della Cina lo accompagnт per tutta la vita, tanto che, poco prima di morire, ancora insisteva coi suoi colleghi italiani e stranieri sulla necessitа ed importanza di una concezione che non vedesse piщ Oriente ed Occidente contrapposti l'un l'altro, ma come due realtа complementari ed inseparabili"1. Lo stesso Gnoli ricorda che Tucci considerava le terre del continente eurasiatico come le sole in cui, "per misterioso privilegio o mirabile accadimento del caso, l'uomo elevт le architetture piщ solenni del pensiero, le fantasie piщ nobili dell'arte, il lento tessuto della scienza, quei tesori di cui oggi l'umanitа tutta partecipa, arricchendoli o corrompendoli

Il convegno “Tradizione e Ortodossie”

Si è svolto venerdì scorso, 26 ottobre, a Torino, il convegno “Tradizione e Ortodossie”, organizzato dall’associazione culturale e politica Millennium, nei locali del Centro Culturale Italo-Arabo Dar al-Hikma di Via Fiocchetto 15. La conferenza vera e propria, preceduta e seguita da momenti conviviali di confronto e discussione tra gli intervenuti, ha visto la presenza di relatori di fama internazionale, ed è stata moderata da Alberto Lodi, dell’Università di Pavia. C’è stata una discreta partecipazione di pubblico, specie da parte dei membri della Comunità Religiosa Islamica. Il primo intervento (“Tradizione e postmodernità”) è stato affidato a uno dei più influenti filosofi russi contemporanei, il Prof. Aleksandr Dugin, docente all’Università Nazionale del Kazakistan "Lev Gumilëv" e principale esponente dell’eurasiatismo. Rifacendosi al pensiero tradizionalista, egli ha parlato del ruolo della Tradizione religiosa e spirituale come linea di resistenza nei confronti della modernità. Quest’ultima avrebbe superato ormai la sua fase rigida, materialista e atea – chiamata con il termine alchemico “coagula” –, e si troverebbe ora nella fase liquida, dissolutiva e libertaria – il “solve”, in termini alchemici – ossia il cosiddetto periodo postmoderno. In quest’epoca, si assiste ad un risveglio religioso, la cui apertura però spesso non avviene verso l’alto, verso il divino, bensì verso il basso e le forze infere. Perciò occorre il discernimento degli spiriti, per saper distinguere tra le forme tradizionali di religiosità, invece quelle deteriori e diaboliche.

L’UNITÀ DELL’EURASIA NELLA PROSPETTIVA DI FRIEDRICH NIETZSCHE

Di fronte ad un’Europa che ha santificato il “principio delle nazionalità”, per cui la stessa Germania identifica il Reich – l’Impero – con lo Stato tedesco, Nietzsche si riconferma ancora una volta come il grande Inattuale. Infatti, se da un lato egli respinge come fenomeno didécadence le astrazioni mondialiste, dall’altro vede nel piccolo nazionalismo, “questa névrose nationale, di cui l’Europa è malata”, la manifestazione di una “piccolapolitica” che rischia di “mantenere in eterno la divisione d’Europa in stati minuscoli”. Alla “piccola politica” nazionale Nietzsche oppone una “grande politica”, la politica europea: “Noi siamo, in una parola – e deve essere, questa, la nostra parola d’onore! – buoni Europei, gli eredi dell’Europa, i ricchi, stracolmi, ma anche negli obblighi, smisuratamente ricchi eredi d’un millenario spirito europeo”.

Questo spirito, lo spirito dell’Europa una, si è espresso nell’azione e nell’arte degli uomini più grandi del secolo, da Napoleone e Goethe fino a Wagner: “la vera direzione complessiva, nel misterioso lavoro della loro anima, fu quella di preparare la strada a questa nuova sintesi e di anticipare sperimentalmente l’Europeo dell’avvenire”. Attraverso di loro, ha parlato “la volontà che l’Europa ha di unificarsi“.

Inleiding tot de idee Marc. Eemans

Toen ik aanvaardde een essay te wijden aan het werk en het denken van de schilder, dichter en kunsthistoricus Marc. Eemans, heb ik me afgevraagd of het in mijn geval geoorloofd was te spreken van een zekere continuïteit in zijn geestelijke ontwikkeling. Langzaam maar zeker kwamen elementen en argumenten aan het licht om mijn overtuiging te staven dat die vraag positief macht beantwoord worden. Aldus is deze geschiedenis van de intellectuele en creatieve levensweg van Marc. Eemans ontstaan. Daarbij werd de klemtoon vooral op zijn denken en op zijn poëtisch oeuvre gelegd, vermits het illustratiemateriaal dat deze uitgave verrijkt, als een soort picturaal complement van mijn stelling kan beschouwd worden. Overigens bleven om voor de hand liggende redenen, biografische en andere gegevens buiten beschouwing.

Hopelijk vergeeft de lezer het me dat ik met hem wegen ga verkennen, die men normaliter in essays van het onderhavige genre links laat liggen. Maar op de eerste plaats is het zo dat ik geen kunsthistoricus ben en het derhalve als een punt van elementaire intellectuele eerlijkheid beschouw me onbevoegd te verklaren om een verantwoord waardeoordeel over het schilderkunstig werk van Marc. Eemans uit te spreken. En voorts is er het oude adagium « de gustibus et coloribus non disputandum », dat in de loop der tijden zijn geldigheid heeft behouden. Waarom de lezer dan ook willen beïnvloeden met een onvermijdelijk subjectieve analyse van de boodschap die de schilderijen van Marc. Eemans brengen?

La crisi del “vitello d’oro”

Questo sistema si caratterizza per aver raggiunto un distacco critico fra la massa finanziaria (includendo varie forme di titoli in valuta, di future, di derivati, ecc.) e i principî fondamentali della classica economia di mercato (equilibrio fra domanda e offerta o regole di mercato). L’economia attuale (“nuova economia”) è basata sull’assioma della “crescita infinita della macroeconomia”, secondo cui l’importo combinato della capitalizzazione delle imprese e del sistema dei titoli in valuta, delle opzioni e dei derivati ha raggiunto tale livello, allorquando la copertura reale dei prodotti dell’economia viene ad assumere dimensioni infinitamente piccole.

L’abnorme bolla finanziaria ha, di per sé, oscurato del tutto il settore reale. Fino al 2001 i segmenti indipendenti di questo settore reale – il campo delle alte tecnologie, dopo il 2001 – i prezzi dei beni immobili e dei mezzi energetici, e nel 2007 – dei prodotti alimentari – si sono trasformati in punti di connessione con il sistema finanziario ed a causa di questo, tali prezzi si sono staccati dal mercato delle regole (e più volte accresciuti).

La logica della “crescita infinita” è stata sostenuta dagli economisti monetaristi liberali sulla base di costruzioni matematiche (nella fattispecie da due autori – R. Merton e M. Sholes – cui è stato attribuito il premio Nobel per il fatto di aver dimostrato “scientificamente” che ciò che oggi sta accadendo nei mercati non può accadere in teoria). In pratica questa sperequazione fra la “nuova economia” finanziaria e l’economia reale ha dei limiti concreti.

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