Civilization

Η Ευρώπη και η ανθρωπότητα

Η Ευρώπη και η ανθρωπότητα

Φέρνω το παρόν έργο στην προσοχή του κοινού όχι χωρίς κάποια ανησυχία. Οι ιδέες που εκφράζονται σε αυτό πήραν μορφή στο μυαλό μου πριν από δέκα και πλέον χρόνια. Από τότε τις έχω συζητήσει συχνά με διάφορους ανθρώπους, επιθυμώντας είτε να επαληθεύσω τις δικές μου απόψεις είτε να πείσω άλλους. Πολλές από αυτές τις συζητήσεις και αντιπαραθέσεις ήταν αρκετά χρήσιμες για μένα, διότι με ανάγκασαν να επανεξετάσω τις ιδέες και τα επιχειρήματά μου με μεγαλύτερη λεπτομέρεια και να τους δώσω πρόσθετο βάθος. Όμως οι βασικές μου θέσεις παρέμειναν αμετάβλητες.

Dante Alighieri cancellatto

Vente e cinque Maggio è il compleanno di Dante. Ma in Occidente non lo festeggiano più.
è semplicemente pericoloso. Come mai, vi chiederete? Dante è il simbolo della poesia occidentale, il classico di fama mondiale. Sì, è vero. Ma anche questo genio medievale italiano non è stato risparmiato dalla ghigliottina del politicamente corretto.
Quando la Divina Commedia è caduta nelle mani di rabbiosi sostenitori dei diritti umani, liberali e globalisti, loro hanno scoperto che l'opera di Dante era politicamente scorretta. E questo è quanto. Dante non c’e più. È diventato l'ennesima vittima della pulizia culturale liberale. Le sue opere possono ora essere stampate solo con estratti e disclaimer -  "contenuto non politicamente corretto all'interno".

MANIFESTO DI UNIONE D’INTENTI CON IL MOVIMENTO INTERNAZIONALE EURASIATISTA

Siamo consapevoli del cambiamento e del compimento dei tempi, in questa fase di passaggio epocale fra Vecchia e Nuova Era, dove l’avvento del Grande Reset ci chiama ad un Grande Risveglio che, come grido nella notte, ci interroga su quale nuova alba dare al mondo intero. Comprendiamo la necessità di un ripensamento radicale di tutti gli schemi e di tutti i paradigmi del vivere umano in termini di linguaggio, metodi, categorie, immagini, modi di pensare e di conoscere, nonché l’idea stessa di politica. Senza rinnegare il retroterra culturale di ciascuno, con le proprie singolarità ed esperienze storicamente determinanti, comprendiamo l’urgenza di un superamento che permetta di costruire Uomini Nuovi e un Mondo Nuovo, nell’istante prolungato di pre-futurità che stiamo vivendo. 

Mitogonia. Il ritorno anagogico dell'Epos

La modernità ha ucciso l'eternità e la postmodernità ha ucciso il tempo. Ma il futuro è predeterminato dalla struttura del soggetto. Il futuro ha senso anche prima di avvenire. Ancor di più, ha senso perfino se non avviene.

L'essenza mitogonica dell'arte rappresenta la base di ogni idealità. Mitogonia significa direzione di senso, percezione di un Fato, espressione di una destinazione e di una dedicazione, scelta non reversibile, compimento di un rito propiziatorio, risuonare di una volontà. Per questo l'arte è sempre contemporanea, perchè si apprezza quale concrezione dello spaziotempo nell'assolutezza del determinato. Oggi questo cuore della genesi della visione estetica incontra una grande criticità: il situazionismo quale ideologia, il “mondo quale remake”, il modello reificante e uniformante della società liquido-aerea. 

MANIFESTO DEL GRANDE RISVEGLIO. CONTRO IL GRANDE RESET Schede primarie

Abbiamo così determinato la nostra posizione sul piano storico. E nel farlo, abbiamo ottenuto un quadro più completo di ciò che è il Grande Reset. Esso non è altro che l’inizio dell’“ultima battaglia”. I globalisti, nella loro lotta per il nominalismo, il liberalismo, la liberazione individuale e la società civile, si presentano come “guerrieri della luce”, che portano alle masse progresso, liberazione da migliaia di anni di pregiudizi, nuove possibilità – e forse anche l’immortalità fisica e le meraviglie dell’ingegneria genetica.

Chiunque si opponga a costoro è, ai loro occhi, parte delle “forze delle tenebre”. E secondo questa logica, i “nemici della società aperta” devono essere affrontati in tutta la loro severità. “Se il nemico non si arrende, sarà distrutto”. Il nemico è chiunque metta in discussione il liberalismo, il globalismo, l’individualismo, il nominalismo in tutte le loro manifestazioni. Questa è la nuova etica del liberalismo. Non c’è niente di personale. Tutti hanno il diritto di essere liberali, ma nessuno ha il diritto di essere altro.

La nostra guerra epistemologica

Il mio amico italiano del sistema accademico mi ha inviato commenti estremamente importanti su come vengono implementate censura, deplatforming e cancellate la cultura nel sistema educativo globale in ambito filosofico.

Ecco la traduzione delle sue ottime osservazioni:
1. Censura (deplatforming, cancellazione) di Hegel e propaganda di Schopenhauer.
2. Censura (deplatforming, cancellazione) della linguistica scientifica / storica (F. Saussure G. Devoto) e della propaganda del linguaggio analitico (Russel, Chomsky, Kim).

LA PANDEMIA E LA POLITICA DELLA SOPRAVVIVENZA: GLI ORIZZONTI DI UNA NUOVA FORMA DI DITTATURA

Ciò che sta accadendo attualmente è il collasso generale dell’ordine mondiale. Non è minimamente rilevante se la natura del coronavirus sia o meno artificiale, e non è nemmeno di primaria importanza se, qualora fosse artificiale, esso sia stato deliberatamente rilasciato dal «governo mondiale» o meno. L’epidemia è scoppiata, e questo è un dato di fatto. Ora la questione principale è tracciare il modo in cui il «governo mondiale» ha saputo reagire ad essa.

Per chiarire, il «governo mondiale» è l’insieme delle élite politiche ed economiche globali e degli intellettuali e dei media (mediacrati) che sono al loro servizio. Un tale «governo mondiale» esiste di certo, giacché su scala globale esistono norme di base, rigorosamente definite, che determinano i parametri di fondo della politica, dell’economia e dell’ideologia.
 

Coronavirus, il naufragio del modello liberale e “la quarta teoria politica”

A ben vedere, mai nessuno avrebbe pensato che si sarebbe arrivati all’emanazione di provvedimenti draconiani di tal fatta per limitare il pericolo di contagio, provvedimenti che mettono in seria discussione la garanzia dei diritti fondamentali. È interessante rilevare come i decreti posti in essere dal governo italiano per fronteggiare questa situazione appaiano più simili a quelli della autoritaria Cina che a quelli adottati dai liberali paesi anglosassoni, e come si guardi giuridicamente a un modello orientale piuttosto che a quello occidentale. Nel frattempo l’Unione europea, da sempre sostenitrice dell’austerità economica e di quello che Giulio Sapelli definisce “ordoliberismo”, pare disponibile a fornire aiuti e flessibilità per fronteggiare questa pandemia, nonostante le dichiarazioni della neopresidente della Bce Christine Lagarde.

Il necrologio per Eduard Limonov

Le sue opinioni politiche si aggiungevano a quel grande amore – l’amore verso se stesso –, che rendeva il mondo esterno e gli altri uomini disgustosi e meschini quanto lui stesso era bello, luminoso, indomito, libero e incomparabilmente migliore. Questa postura era del tutto esplicita – «Eccomi, sono Ed» –, provocatoria e anarchica, sfuggendo spesso agli osservatori esterni, confondendoli. Sarebbe di cattivo gusto prendere le sue strategie poetico-politiche con serietà. Il suo “fascismo” o “nazionalismo” erano solo una postura, un dandysmo iper-individualista volto a spaventare il pubblico. Prendere troppo sul serio Limonov significa mancare di senso estetico.

 

IL CORONAVIRUS E L’ORIZZONTE DI UN MONDO MULTIPOLARE: LE POSSIBILITÀ GEOPOLITICHE DELL’EPIDEMIA

Lo scoppio dell’epidemia da coronavirus rappresenta un momento decisivo nella distruzione del mondo unipolare e nel collasso della globalizzazione. La crisi dell’unipolarismo e lo sfaldamento della globalizzazione sono stati evidenti fin dall’inizio degli anni 2000 – la catastrofe dell’11 settembre, la forte crescita dell’economia cinese, il ritorno alla politica globale della Russia di Putin come entità sempre più sovrana, la forte mobilitazione del fattore islamico, la crescente crisi migratoria e l’ascesa del populismo in Europa e persino negli Stati Uniti, che ha portato all’elezione di Trump e a molti altri fenomeni paralleli, hanno reso evidente che il mondo formatosi negli anni Novanta intorno al predominio dell’Occidente, degli Stati Uniti e del capitalismo globale è entrato in una fase di crisi. L’ordine mondiale multipolare comincia a formarsi con nuovi attori centrali, le civiltà, come anticipato da Samuel Huntington [Cfr. Aleksandr Dugin, Teoria del mondo multipolare, AGA Editrice, 2019, NdT]. Ma a fronte dei segnali di una emergente multipolarità, una cosa è una tendenza, un’altra è la realtà oggettiva. È come il ghiaccio incrinato in primavera – è chiaro che non durerà a lungo, ma allo stesso tempo, è innegabile che ci si può anche muovere su di esso, anche se correndo qualche rischio. Nessuno può essere certo di quando il ghiaccio incrinato cederà effettivamente.

GLI DEI PESTILENZIALI: LA GEOPOLITICA DELLE EPIDEMIE E LE BOLLE DEL NULLA

L’epidemia di coronavirus rappresenta la fine della globalizzazione. La società aperta è matura per l’infezione. Chi vuole abbattere le frontiere prepara il terreno all’annientamento totale dell’umanità. Si può sorridere, naturalmente, ma le persone in tute bianche HazMat si incaricheranno di porre presto un termine alle risate inappropriate. Solo la chiusura può salvarci. Chiusura in tutti i sensi – confini chiusi, economie chiuse, fornitura chiusa di beni e prodotti, quello che Fichte ha definito uno «stato commerciale chiuso». Soros dovrebbe essere linciato, mentre in onore di Fichte andrebbe costruito un monumento. Questa è la prima lezione.

DISCORSO PER IL 40° ANNIVERSARIO DELLA RIVOLUZIONE IRANIANA (2020, KARAJ/ALBORZ)

Il sangue di un eroe risveglia cento nuovi eroi che si levano per prenderne il posto. Questa è la legge di Dio, non della materia. Per questo consideriamo il generale Soleimani come un eroe e veneriamo le sue azioni e la sua memoria.
Tutto il mondo ha notato la bandiera rossa che è stata alzata sulla Moschea di Jamkaran - il monumento unico eretto non per la gloria del passato ma per la gloria del futuro - in onore dell'Imam che verrà, l'Imam Mahdi.

IL RITORNO DI SETTEMBRINI E NAPHTA NEL VENTUNESIMO SECOLO

Il 21 settembre 2019, l’Istituto Nexus – uno degli istituti intellettuali più prestigiosi che mantengono vivo lo spirito dell’umanesimo europeo – ha celebrato il suo 25° anniversario con un simposio pubblico dal titolo «The Magic Mountain Revisited: Cultivating the Human Spirit in Dispirited Times» (La montagna incantata rivisitata: coltivare lo spirito umano in tempi di scoramento), sulla scia del romanzo fondativo dell’Istituto Nexus, La montagna incantatadi Thomas Mann.Il Simposio Nexus si è aperto con un duello intellettuale tra i due filosofi Bernard-Henri Lévy e Aleksandr Dugin, presentato come la rivisitazione del XXI secolo dei famosi dibattiti tra Settembrini e Naphta nel romanzo di Mann. Di seguito è riportata la trascrizione di questo duello.

 

LE NOSTRE ORIGINI SONO EURASIATICHE

Oltre alle Baccanti, sciamane al seguito del dio della trance, Dioniso, e alle  esperienze estatiche eleusine, per altro gestite istituzionalmente dalle famiglie sacerdotali degli Eumolpidi e dei Codridi, che presentano vistosi tratti in comune con le esperienze degli sciamani, esistono figure che si possono definire “sciamani” in senso stretto: il mitico Abaris iperboreo, che non mangiava mai, prevedeva il futuro e scacciava le malattie; Aristea, capace di sprofondare in lunghi  sonni, nel corso dei quali abbandonava il corpo fisico e si materializzava altrove; o ancora a Epimenide che a Creta, nella grotta sul monte Ida nella quale era nato Zeus stesso, incubò nell’estasi una sapienza “entusiastica” (vale a dire “pervasa dal dio”) e iniziatica; ma anche Hermotimo, Zalmoxis, Pitagora, Anacarsi possono venire annoverati, per certi tratti,  in questa schiera; e elementi sciamanici si trovano nelle catarsi dei Coribanti, nei Misteri di Samotracia, nell’oracolarità apollinea delle Sibille. Esiste uno sciamanesimo greco, a cui dedicherò un volume che Feltrinelli pubblicherà nel 2021-21, ed è bene prenderne atto, perché tutto ciò ha implicazioni profonde nella nostra formazione culturale e spirituale.

Il Deserto dei Tartari.L'ufficiale Drogo e la fine del mondo

Qual è il segreto del fascino di questo romanzo breve dalla prosa scarna e veloce? Perché è un capolavoro quest'opera di Dino Buzzati tanto da riuscire trasfigurarsi in un analogo doppio nell'affascinante film di Valerio Zurlini (1976)? Con poche pennellate Buzzati riesce creare per evocazione allusiva immensi paesaggi umani e naturali. Con poveri cenni si aprono silenzi leopardiani, vertigini mistiche, e si condensa in poche semplici parole un epos eroico più interiore che fattivo, più amato e percepito nelle sue potenzialità che vissuto pienamente. Drogo incarna come forma-simbolo universale tutta l'umanità della Fortezza, tutta l'umanità del mondo colta nei suoi aspetti virili ed eroici. Essi vivono incorporati in una Fortezza che vive anch'essa, come un'estensione del loro corpo, testimone spirituale delle tensioni ideali che custodisce. Essi vivono nel medesimo travaglio esistenziale postmoderno di Oreste, ultimo re di Sparta, dato dal non essere più nel Mito e nella sua gloria e non ancora nella Storia, quale ritorno del Mito nel tempo, quale epifania di “quell'Ora della Gloria” tanto desiderata e per la quale sacrificare lo scorrere della vita.

L’anatomia del populismo e la sfida della Matrix

Macron appartiene esattamente allo stesso tipo di “nuova élite”. È curioso che alla vigilia delle elezioni francesi, il quotidiano Libération sia uscito con il titolo “Faites ce que vous voulez, mais votez Macron” (Fate ciò che volete, ma votate per Macron). Un’evidente parafrasi di Aleister Crowley, che nel XX secolo si proclamò l’Anticristo e la Bestia 666: “Do what thou wilt shall be the whole of the Law” (Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge). In altre parole, le folle sottomesse dovrebbero votare per Macron non per un particolare motivo, non per le sue idee e virtù, ma semplicemente perché questa è la legge imperativa dell'élite dominante. E l’élite mostra un disprezzo così evidente per le masse sottomesse che non si preoccupa nemmeno di sedurle con promesse irrealizzabili: “votate Macron, questo è un ordine e non c’è niente da discutere”. Votate e poi sarete liberi. Deplorables. E questo è tutto.

In Italia, dove la maggioranza netta della popolazione ha votato per la destra populista della “Lega” o per la sinistra populista dei “Cinque stelle”, insieme questi partiti sono riusciti a creare il primo governo populista nella storia europea.

IL MOMENTO DECISIVO

La guerra fredda è stata lo scontro tra due campi ideologici. Ora non c'è più una chiara distinzione nel campo dell'ideologia, ma piuttosto tra due versioni della stessa democrazia liberale: avanzata nel caso degli Stati Uniti e dell'Ue e in via di sviluppo nel caso della Russia. Di conseguenza si potrebbe presumere che la tensione debba ridursi notevolmente. Ma non è ciò che accade. Quindi  dobbiamo cercare la ragione delle crescenti tensioni in altri campi oltre l'ideologia. La più probabile delle ragioni della "nuova guerra fredda" è questa volta geopolitica.

Ma è legittimo chiedersi se la guerra fredda ideologica tra capitalismo e socialismo non fosse in realtà il momento di un contesto storicamente molto più ampio, la Grande Guerra dei Continenti.

Questa Grande Guerra dei Continenti è la base della comprensione geopolitica della storia: potenza del Mare contro potenza della Terra, Eurasia contro Atlantica. Se concordiamo sul questo, tutto diventa logico e chiaro. C'è la battaglia eterna tra due tipi di civiltà: la civiltà dinamica del Mare (progressista, mercantile) e la civiltà statica della Terra (conservatrice, eroica): Cartagine contro Roma, Atene contro Sparta.

 

COUNTER-HEGEMONY IN THE THEORY OF THE MULTIPOLAR WORLD

Although the concept of hegemony in Critical Theory is based on Antonio Gramsci’s theory, it is necessary to distinguish this concept’s position on Gramscianism and neo-Gramscianism from how it is understood in the realist and neo-realist schools of IR.

The classical realists use the term “hegemony” in a relative sense and understand it as the “actual and substantial superiority of the potential power of any state over the potential of another one, often neighboring countries.” Hegemony might be understood as a regional phenomenon, as the determination of whether one or another political entity is considered a “hegemon” depends on scale. Thucydides introduced the term itself when he spoke of Athens and Sparta as the hegemons of the Peloponnesian War, and classical realism employs this term in the same way to this day. Such an understanding of hegemony can be described as “strategic” or “relative.”

In neo-realism, “hegemony” is understood in a global (structural) context. The main difference from classical realism lies in that “hegemony” cannot be regarded as a regional phenomenon. It is always a global one. The neorealism of K. Waltz, for example, insists that the balance of two hegemons (in a bipolar world) is the optimal structure of power balance on a world scale[ii]. R. Gilpin believes that hegemony can be combined only with unipolarity, i.e., it is possible for only a single hegemon to exist, this function today being played by the USA.

In both cases, the realists comprehend hegemony as a means of potential correlation between the potentials of different state powers. 

Gramsci's understanding of hegemony is completely different and finds itself in a completely opposite theoretical field. To avoid the misuse of this term in IR, and especially in the TMW, it is necessary to pay attention to Gramsci’s political theory, the context of which is regarded as a major priority in Critical Theory and TMW. Moreover, such an analysis will allows us to more clearly see the conceptual gap between Critical Theory and TMW.

Dalla Geografia Sacra alla Geopolitica

Nella rappresentazione bipolare “ricco Nord” – “povero Sud” esiste sempre una componente aggiuntiva che ha un significato autosufficiente e assai rilevante. E’ il “secondo mondo”. Con l’espressione “secondo mondo” si è convenzionalmente inteso contrassegnare il campo socialista integrato nel sistema sovietico. Questo “secondo mondo” non era né il presente “ricco Nord”, in quanto definiti motivi spirituali influenzavano segretamente l’ideologia nominalmente materialistica del socialismo sovietico, né il presente “Terzo Mondo”, dal momento che la piena attitudine allo sviluppo materiale, il “progresso” e altri principi solamente profani stavano alle radici del sistema sovietico. La geopoliticamente eurasiana URSS si trova sia sul territorio della “povera Asia” che sulle terre della sufficientemente “civilizzata” Europa. Durante il periodo socialista, la cintura planetaria del “ricco Nord” era interrotta nell’Eurasia orientale, complicando la chiarezza delle relazioni geopolitiche sull’asse Nord-Sud.
La fine del “Secondo mondo” come civiltà speciale lascia allo spazio eurasiano della vecchia URSS due alternative – o essere integrato nel “ricco Nord” (cioè, l’Occidente e gli USA) o essere gettato nel “povero Sud”, cioè raggiungere il “Terzo Mondo”. Come variante di compromesso, la separazione delle regioni (parte al “Nord” e parte al “Sud”) è anche possibile. Come sempre è stato nei secoli scorsi, l’iniziativa di redistribuzione degli spazi geopolitici in questo processo appartiene al “ricco Nord” che, usando cinicamente i paradossi dello stesso concetto di Secondo mondo”, fissa nuovi confini geopolitici e separa zone di influenza. I fattori nazionali, economici e religiosi servono ai mondialisti solo come strumenti della loro attività cinica dalle motivazioni profondamente materialistiche. Non è sorprendente che oltre la retorica del falso “umanitarismo”, saranno anche spesso e quasi apertamente usate le ragioni “razziste”, invocate per ispirare ai Russi un complesso di “bianca” superiorità nei confronti del sud asiatico e caucasico. A questo è correlato il processo inverso – il rigetto definitivo da parte dei territori meridionali del vecchio “Secondo Mondo” per il “povero Sud” si accompagna all’uso della carta delle tendenze fondamentaliste, dell’inclinazione del popolo alla Tradizione e del revival della religione.

Alain De Benoist, Alexandr Dugin, Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica

Le edizioni Controcorrente di Napoli hanno recentemente dato alle stampe un interessantissimo libro intitolato Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica. Coautori, due pezzi da novanta del calibro di Alain De Benoist e Aleksandr Dugin, che in forma d’intervista, la quale a più riprese assume i connotati di un vero e proprio dialogo, esaminano, delucidandole anche al lettore meno esperto, le questioni che ruotano attorno all’idea-forza di “Eurasia”.

L’interesse di queste 142 pagine sta già sinteticamente inscritto nel titolo.

“Eurasia”, per il geopolitico tradizionalista russo, è “una risposta globale ad un problema globale”. Una risposta a suo modo “internazionalista”, anche se le radici del pensiero eurasiatista non possono che trovarsi in Russia.

Per Dugin non vi è dunque alcuna contraddizione tra l’essere russi ed eurasiatisti. Anzi, secondo il punto di vista che egli fa proprio, l’eurasiatismo s’integra alla perfezione, portandola a compimento, con l’anima più profonda del popolo russo, che non è né propriamente “europeo” né esclusivamente “asiatico”.

Dugin, a proposito della Russia, per distinguerla dalle nazioni europee osserva opportunamente che essa non ha mai assunto la forma dello Stato-nazione, perché sentirsi compiutamente russi non ha a che fare con qualsiasi posizione piccolo-nazionalista. Il che ha garantito che la Russia stessa, ieri come oggi, facesse del “pluralismo delle civiltà”, in opposizione al purtroppo celebre “scontro”, un suo irrinunciabile tratto distintivo.

Così non è stato per gli Stati-nazione che, nell’Europa occidentale, si sono formati secondo un processo plurisecolare che ha fatto tabula rasa delle differenze…

Aleksandr Dugin a Milano: La sfida eurasiatica della Russia

Il professor Dugin ha quindi iniziato la sua dissertazione partendo dalla spiegazione del concetto di Eurasia non tanto nella sua dimensione geopolitica o geografica ma soprattutto nella sua dimensione filosofica: “Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica incentrata su: individualismo, mondialismo, diritti umani..”. Questa è la sfida eurasiatica: riproporre il “vecchio mondo” in contrasto al “nuovo mondo”, contrapporre ad una modernità assolutizzata e senza radici una modernità con le sue radici, come quella del “vecchio mondo” russo e europeo.

Dugin ha inoltre specificato che: “L’Occidente non è Europa, l’Occidente è il concetto dell’individualismo che ha trovato la sua manifestazione più completa nella società americana. L’Europa colonizzata culturalmente, geopoliticamente, strategicamente dagli Stati Uniti ha perso la sua identità e le sue radici. L’Europa non è più Europa, l’Europa post-moderna è anti-Europa”. L’Eurasia rappresenta quindi l’idea opposta a quella dell’individualismo e del liberalismo americano occidentale. 

Punto focale di questa prospettiva sono le tradizioni, le radici della civiltà. La tradizione è un qualcosa di vivente, non è una realtà data e fissata per sempre, le radici possono crescere come una forma di vita. La vita delle tradizioni rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

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