IL KATECHON NEGATIVO TRA SACRO E POTERE: L’AGONIA DELL’IMPERO AMERICANO E IL NUOVO NOMOS DELLA TERRA

A un anno di distanza dal drammatico e controverso attentato alle torri gemelle consumatosi a New York Tll settembre 2001, Carlo Galli pronunciava una vera e propria omelia funebre sul pensiero di Carl Schmitt (1888-1985): ormai, affermava, «sono in generale tutte le tesi politologiche di Cari Schmitt a trovarsi spaesate [...] nel contesto postmoderno della globalizzazione», al punto che «certo si deve riconoscere che la guerra globale comincia dove la teoria politica schmittiana si esaurisce. Una posizione che l’illustre politologo, seguito da molti altri, avrebbe costantemente ribadito negli anni successivi, incentrata sulla presunta intrinseca inadeguatezza del pensiero del giurista tedesco rispetto al fenomeno della globalizzazione - inteso come radicalmente discontinuo rispetto alla modernità, della quale soltanto Schmitt fu l’interprete, e fenomeno perciò interamente inedito, rispetto al quale tutte le categorie schmittiane risulterebbero inapplicabili -, con ciò dimenticando che l’età moderna si caratterizzò storicamente, tra il resto, proprio per il fatto che essa si aprì con la prima globalizzazione (le scoperte geografiche e l’espansione europea nelle Americhe, in Africa, in India, Cina e Giappone) e si chiuse con una seconda ondata globalizzatrice, quella del colonialismo. Una medesima ansia liquidatoria, e seppur in prospettiva diversa, nei confronti di Schmitt e del sempre ricorrente - perché ineludibile - problema della teologia politica, è emersa negli ultimi anni come prosecuzione di posizioni critiche assai risalenti nel tempo anche in interpreti acuti come Massimo Cacciari e Roberto Esposito.

“LA QUARTA TEORIA POLITICA” DI DUGIN: UNA FILOSOFIA PER UN NUOVO INIZIO

Lo studioso russo si confronta con “il problema del nostro tempo”, non solo con l’aridità esistenziale che lo contraddistingue, ma anche con lo stallo politico e la situazione di paradossale sospensione della storia nella quale siamo costretti a vivere, data la presunta insuperabilità del modello produttivo del capitalismo cognitivo e del sistema politico della governance che lo rappresenta.  Dugin, preso atto dello stato delle cose, si fa latore di un progetto che potrebbe determinare il corso del futuro del mondo. Proposta di grande ambizione la sua, sostenuta però da un atteggiamento pratico, che gli consente di individuare le difficoltà epocali che il percorso implica. Il filosofo, in un contesto storico diverso, riprende le fila della discussione intellettuale imposta dal miglior Spengler, relativa agli anni della decisione. Stiamo attraversando, infatti, anni consimili, in cui si impongono, a chi voglia determinare un cambio di rotta, scelte radicali. Per questo, La Quarta teoria politica, sostiene l’autore, è opera in fieri, un appello lanciato a quanti vogliano essere della partita, affinché contribuiscano all’elaborazione degli obiettivi da conseguire e definiscano i mezzi da utilizzare.

 

QUARTA TEORIA POLITICA E COMUNITARISMO

In Italia la Quarta Teoria Politica (4TP), o rivoluzione/conservatrice declinata nel contesto nazionale specifico del nostro Paese, ha certamente potuto vantare pensatori e intellettuali, perfino soggetti politici organizzati, che ne hanno rappresentato in un certo qual senso antesignani plausibili e credibili. In Italia, il pensiero politico in qualche modo riconducibile alla convergenza delle “estreme” in nome di una filosofia e di una prassi del riscatto dei ceti oppressi nacque nell’immediato dopoguerra nell’ambito di alcune correnti della sinistra missina che, col tempo, all’incirca nella seconda metà degli anni ’50 del XX secolo, si costituirono come movimenti politici autonomi il cui obiettivo consisteva nel collocarsi oltre la consolidata segnaletica politica dicotomica destra/sinistra. In realtà, le correnti politiche di cui sopra originarono precedentemente nel campo ideologico determinato del “fascismo di sinistra” o “fascismo rivoluzionario” e, ancor prima, nel novero delle sintesi politico-filosofiche strutturali di quella che possiamo definire, in buona sostanza, la “tradizione italiana”.

Chi volesse ripercorrere il percorso storico-filosofico alle radici di una sostanziale rivoluzione/conservatrice in Italia e fosse interessato alla genesi delle culture e perfino dei movimenti politici che animarono tale corrente di pensiero centrale nella ridefinizione critica e nell’inquadramento antropologico, storico e politico di quella che fu e che è la “tradizione italiana” o “sintesi nazionale” può leggere, tra gli altri: R. Sideri, Fascisti prima di Mussolini. Il fascismo tra storia e rivoluzione, Settimo Sigillo, 2018; L. L. Rimbotti, Fascismo rivoluzionario. Il fascismo di sinistra dal sansepolcrismo alla Repubblica Sociale, Passaggio al Bosco, 2018; N. Mollicone, L’Aquila e la Fiamma. Storia dell’anima nazional-popolare del MSI, Pagine I Libri de Il Borghese, 2017; A. Villano, Da Evola a Mao. La destra radicale dal neofascismo ai “nazimaoisti”, Luni Editrice, 2017; M. Veneziani, La Rivoluzione Conservatrice in Italia. Genesi e sviluppo della «ideologia italiana» fino ai nostri giorni, SugarCO, 1994; M. Veneziani, Di padre in figlio. Elogio della Tradizione, Laterza, 2002.

Dalla Russia Eterna a Putin

Ho elaborato una visione della Russia Eterna che, nell’attuale fase di transizione politica, non va dimenticata. La Russia, infatti, deve tornare alla sua identità profonda, spirituale. Non è un ritorno conservatore al passato, ma un rivoluzionario salto in avanti nell’Eterno. È possibile essere russi soltanto seguendo un progetto politico che permetta di ricordarci realmente chi siamo. La nozione di Eurasia si sviluppa in questo contesto. La Russia ha infatti un’essenza imperiale, non nazionale: è Terza Roma ma anche erede dell’Impero di Gengis Khan. Questo è il telos – imperiale – dell’attuale fase di transizione. Si tratta di una vera e propria guerra epistemologica. Per questo non sono l’ideologo di Putin, ma della Russia.

 

SPUNTI PER COMPRENDERE LA QUARTA TEORIA POLITICA DI DUGIN

In questo scritto, vogliamo analizzare e provare a dare una chiave di lettura della “Quarta Teoria Politica” del filosofo e saggista Aleksandr Gel’evic Dugin. Non mancheranno degli spunti di riflessione come ha scritto lo stesso Dugin, trattasi di un “cantiere aperto”, accessibile a tutti ed in fase di osservazione e studio. Nella seconda edizione dell’opera, pubblicata da NovaEuropa Edizioni il 1 novembre 2017, troviamo dei testi inediti e la Prefazione scritta dell’autore per il pubblico italiano. L’introduzione dell’editore a cura di Luca Siniscalco, invoglia a comprendere l’ispirazione ermeneutica di Dugin, i suoi studi antropologici, sociologici, filosofici, dell’economia, della geopolitica, delle civiltà e dei tempi in cui viviamo. Anche se non ci convince pienamente… Un primo doveroso e sentito ringraziamento va a Camilla Scarpa.

EVOLA, IL POPULISMO E LA QUARTA TEORIA POLITICA

L’essenza della verità è di tipo sacro. Oggi domina il nulla, ma non è possibile che il nulla esista. Il nulla è solo una forma esteriore, al cui interno arde il sacro. È proprio quando è saltata la trasmissione regolare delle forme del sacro che appare quello che io chiamo Soggetto radicale. E qui torniamo all’Uomo differenziato, che oggi è forse addirittura più importante della Tradizione stessa. Forse la Tradizione è scomparsa proprio per cedere il passo al Soggetto radicale. Da questo punto di vista, paradossalmente il tradizionalismo oggi è più importante della stessa Tradizione. Tutte queste idee, dedotte da Cavalcare la tigre, non implicano ovviamente la restaurazione di ciò che fu, ma la scoperta di aspetti che nel passato nemmeno esistevano.

IL MOMENTO DECISIVO

La guerra fredda è stata lo scontro tra due campi ideologici. Ora non c'è più una chiara distinzione nel campo dell'ideologia, ma piuttosto tra due versioni della stessa democrazia liberale: avanzata nel caso degli Stati Uniti e dell'Ue e in via di sviluppo nel caso della Russia. Di conseguenza si potrebbe presumere che la tensione debba ridursi notevolmente. Ma non è ciò che accade. Quindi  dobbiamo cercare la ragione delle crescenti tensioni in altri campi oltre l'ideologia. La più probabile delle ragioni della "nuova guerra fredda" è questa volta geopolitica.

Ma è legittimo chiedersi se la guerra fredda ideologica tra capitalismo e socialismo non fosse in realtà il momento di un contesto storicamente molto più ampio, la Grande Guerra dei Continenti.

Questa Grande Guerra dei Continenti è la base della comprensione geopolitica della storia: potenza del Mare contro potenza della Terra, Eurasia contro Atlantica. Se concordiamo sul questo, tutto diventa logico e chiaro. C'è la battaglia eterna tra due tipi di civiltà: la civiltà dinamica del Mare (progressista, mercantile) e la civiltà statica della Terra (conservatrice, eroica): Cartagine contro Roma, Atene contro Sparta.

 

Cari europei, liberatevi degli Usa e la Russia vi abbraccerà

La strategia e la filosofia dell’Eurasia si fonda sulla multipolarità. L’Eurasia non è un sinonimo di Russia. Indica il concetto del “grande spazio”, come inteso da Carl Schmitt, di civilizzazione. La Russia è un Paese. L’Eurasia è l’insieme di elementi culturali che esistevano prima della Russia. Quando i russi pensano in termini di civilizzazione nella sua pluralità, con riferimento al tempo, allo spazio, all’uomo, possiamo valorizzare e riconoscere anche altre culture, nel rispetto e nella diversità. L’eurasiatismo è una filosofia contrapposta al globalismo, all’atlantismo, all’universalismo liberale occidentale della modernità e post-modernità.

Siria sotto attacco: prime analisi

I primi attacchi aerei missilistici di Stati Uniti, Regno Unito e Francia sono stati piuttosto improvvisati e di natura simbolica.

Le forze iraniane, russe e di Hezbollah non sono state attaccate. Assad non ha sofferto strategicamente. L'opposizione siriana, che si aspettava molto di più, non ha ottenuto alcun serio vantaggio. A Damasco si svolgono dimostrazioni di massa a sostegno di Assad.
I commentatori russi hanno sottolineato come la Francia stessa non abbia lanciato alcun missile - tutti quelli lanciati appartenevano alle forze militari britanniche e americane.

A giudicare dal fatto che tutti i missili sono stati lanciati su bersagli distanti dalla posizione dei soldati russi, sembra che la linea di Mattis abbia vinto negli Stati Uniti, contrariamente a quella di Bolton, che ha insistito per attaccare direttamente gli iraniani e i russi.
Anche Israele ha insistito su quest'ultimo approccio.

MOSCA COME IDEA

Mosca non è solo una grande città, non è solo una grande capitale, non è solo il simbolo di un impero gigantesco. Mosca è un concetto fondamentale di teologia e geopolitica.

Mosca è stata chiamata la "Terza Roma" non solo come metafora o manifestazione auto-indulgente di un orgoglio strettamente nazionale. Tutto va molto, molto più in profondità. Nell'Ortodossia è presente l'insegnamento speciale delle "tre Rome". La prima era la Roma imperiale prima di Cristo, proprio quella sul cui territorio il Figlio di Dio mise piede sulla terra. Questa Roma era una realtà universale, che univa spazi enormi e una molteplicità di popoli e culture in un'unità di civiltà.

La Seconda Roma, la Nuova Roma, era Costantinopoli, la capitale dell'Impero Romano, che aveva accettato la benedizione del santo battesimo. Da quel momento in poi, l'Impero Romano acquisì un significato puramente ecclesiastico e profondamente cristiano. L'imperatore ortodosso (Basileus), a capo dell'Impero, fu identificato con il personaggio misterioso dalla seconda lettera dell'Apostolo Paolo ai Tessalonicesi: il "frenatore", "katechon", colui che alla fine dei tempi è destinato ad impedire "la venuta del figlio della perdizione".

I Sacerdoti ed I Guerrieri recuperino le loro posizioni essenziali

Io considero Martin Heidegger come il più grande filosofo. Ma esiste una sua parte esplicita, nei suoi scritti, ed una sua implicita. Egli fu in grado di sviluppare una base filosofica per molte differenti applicazioni del suo pensiero che egli stesso non specificò. In tal maniera io ho trovato in Heidegger molti principi di filosofia politica che, però, sono approcciabili solamente se siamo in grado di cogliere alcune allusioni, correzioni, precisazioni che possiamo dedurre dal contesto generale della sua opera filosofica. Tutto ciò non ha quasi nulla a che vedere con il suo personale coinvolgimento politico. E’ qualcosa di più profondo. In tal maniera, essendo a qualsiasi grado dei seguaci della Terza Teoria Politica egli ha posto le condizioni per la fondazione di una Quarta Teoria Politica e Metapolitica. Ciò valga anche per la geofilosofia. Sul piano esplicito egli non ha mai sviluppato nulla in merito ma se consideriamo il significato pieno del Da nel concetto di Da-sein, siamo in grado di scoprire la dimensione fondamentale della cosiddetta geografia, o anche del concetto di ambiente, dei mezzi per comprendere qualcosa di esistenziale. Io lo chiamo orizzonte esistenziale.

Perché leggere “La quarta teoria politica” di Aleksandr Dugin

L’uomo faustiano è stato l’apprendista stregone della società industriale, ha evocato forze titaniche che hanno ingenerato sommovimenti dissolutivi. Goethe, nel Faust, descrisse l’essere umano carpito dalla cupidigia dell’estrazione dell’oro che si trasforma in ricchezza di carta e usura, ma ora siamo a un passaggio ancora più radicale. Se prima la realtà prendeva la misura della moneta, ora nella rete digitale diviene pura virtualità, seguendo iperboliche serie di algoritmi.La fisica e la filosofia contemporanee hanno rivalutato l’idea del Caos, riferita non a un qualunque e informe disordine, ma ai sistemi complessi, alle equazioni con più risultati aperti, i quali, in realtà, costituiscono un ordine più complesso, difficile da afferrare nell’esperienza naturale, ma esistente; quindi il caos, in questa accezione, è una struttura dissipativa del logos, ultima propaggine del suo crollo e della sua decomposizione. Gilles Deleuze e Félix Guattari – non a caso – vorrebbero persuaderci della bontà del postmoderno come aggregato di frammenti non componibili che possono coesistere (rizoma), cui si può ben contrapporre l’intuizione di Alain de Benoist,secondo il quale bisogna invece pensare simultaneamente ciò che appare contraddittoriamente. Dobbiamo quindi ben distinguere tra due tipi di caos: quello postmoderno, che equivale alla confusione compiaciuta nel simulacro della presunta funzionalità tecnologica (gestell),e quello della classicità, cioè lo stato di disordine informe che precede il manifestarsi dell’ordine cosmico nell’alternarsi ciclico della complementarietà degli opposti. Oltre il confine dell’Essere c’è il Nulla, e il movimento verso questo limite è senza fine, ruota a spirale su se stesso. Niente e nessuno possono varcare questo confine verso il non essere, perché non esiste, non è. La condizione caotica dell’oggi, quindi,non è un determinismo, non ha il crisma dell’ineluttabile; è una possibilità, un’opportunità pre-ontologica. Sta tramontando l’estremo Occidente come contraffazione immanente del vivente, non certamente l’intangibile trascendenza del Vero e del Bello. La modernità ha ucciso l’eternità, la postmodernità vuole uccidere il tempo (fine della storia), ma il tempo non può venire meno, perché metafisicamente “immagine mobile dell’eternità”, capace di disporre nell’evento (ereignis) la sconfitta dei titani in favore degli Dei.

Heidegger contra Nihilismus. Una soluzione estetica?

Il presente saggio intende approfondire le riflessioni sull’arte formulate da Martin Heidegger, concentrandosi su L’origine dell’opera d’arte e La volontà di potenza come arte (nel Nietzsche), per rinvenire nella speculazione estetica del filosofo tedesco un luogo elettivo di confronto sulla questione del nichilismo. La nostra ricerca si basa sulla convinzione che il primato ontologico dell’arte, intesa da Heidegger come luogo di disvelamento della verità, possa condurre a una forma di oasi feconda all’interno dell’epoca del nichilismo. Per comprendere a fondo la presente nozione, il confronto con Nietzsche, e con la soluzione artistica contra Nihilismus da lui prospettata, ci è parso un compito ineludibile. Procedendo da questa comparazione e dall’analisi dei testi heideggeriani si può evidenziare come l’abissale ermeneutica dell’autore di Meßkirch rinvenga nell’arte il luogo più adatto all’apparizione dell’evento (Ereignis) della verità dell’Essere, ma come nel contempo la sua posizione filosofica cautelare non permetta il riconoscimento delle modalità specifiche dell’oltrepassamento del nichilismo; sfondo ineludibile della teoresi heideggeriana rimane la necessaria disponibilità e apertura esistenziale alla “pietà del pensiero” e all’apparizione destinale del Dio.

ORIZZONTE DELL’IMPERO IDEALE

L'economia sarà abolita e gli economisti saranno licenziati.

Anche la proprietà privata sarà abolita. Il sole brillerà. La terra e il tempo apparterranno all'Eidos. Non ci saranno né banche né grandi possedimenti. Rilke e Heidegger parlano di questo come "il trasferimento dei pesi dalle mani del mercante alle mani dell'angelo".

Ci saranno automobili, ma solo molto, molto belle.

Una delle arti più importanti sarà l'arte della danza. La danza diventerà un dovere politico. Tutti balleranno in cerchio; saranno inoltre promossi il tango, twist, bossa nova, che diventeranno obbligatori. Tutti dovrebbero poter ballare e i funzionari, come in Cina, dovranno inoltre disegnare e comporre poesie.

Verso i contadini ci sarà un atteggiamento votato alla sacralità. Tutta la vita sarà modellata per adattarsi ai contadini. Tutto per i contadini. La popolazione sarà pastorale e coltivatrice. L'agricoltura, il grano, l'uva, la cottura, i pani, così come i tori, le mucche, le pecore e le capre saranno elevati allo stato dell'ideologia statale. Alla vista di una spiga di grano o di un asino, per non parlare di un agricoltore o di un pastore, tutti i cittadini di Platonopoli dovranno accoglierli con il canto. A guidare l'umanità saranno il Pane e il Vino. Tori parlanti con la luna tra le corna serviranno Pane e Vino ai viaggiatori stanchi. 

Tutto intorno ci saranno giardini e foreste, così come animali selvatici insieme agli animali domestici. I lupi padroneggeranno i lavori manuali e aiuteranno i contadini a riparare i carri e cantare canzoni.

Il problema del male e le prospettive della Quarta Teoria Politica

Il progetto Grande Europa, espressione del “Manifesto di Chisinau”, può e deve essere il punto di partenza fondamentale per il risveglio dei popoli europei condannati all’insignificanza politica da più di settanta anni di occupazione coloniale nordamericana. Privata di autonomia e della sua identità spirituale e culturale, l’Europa è vittima di un fenomeno di spoliticizzazione che ha deformato nelle fondamenta il concetto di politico e la dicotomia amico/nemico insita al suo interno. La deformazione liberale del linguaggio è la trappola che, secondo Carl Schmitt, ha ridotto l’idea di “nemico” alla mera competizione sul piano economico. L’individuazione nel liberalismo del “male” (in quanto scuola di pensiero volta alla negazione di affermazioni assolute), rende la Quarta Teoria Politica la base metafisica su cui impostare la propria lotta rivoluzionaria e culturale contro il mondo moderno. Una lotta che, parafrasando Martin Hedigger, più che limitarsi alla conservazione (fenomeno anch’esso prettamente moderno), deve assumere la modalità di un ritorno (Ruckker) alla località del superamento della metafisica: ovvero, laddove il pensiero europeo ha intrapreso la via della modernità.

Il filosofo e mistico russo Vladimir Solov’ev nell’introduzione al suo testo fondamentale I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo si interrogava su cosa realmente fosse il male e su cosa determinasse la sua presenza nel mondo. “Che cos’è il male? Soltanto un difetto di natura, un’imperfezione che svanisce da sé con l’accrescersi del bene, oppure una forza reale che domina il mondo attraverso le sue lusinghe cosicché per sconfiggerlo è necessario avere un appoggio in un altro ordine dell’essere?”

LO STATO-NAZIONE E IL MONDO MULTIPOLARE

La posizione dei difensori del mondo multipolare è del tutto opposta a quella dei globalisti: se uno stato-nazione effettua l’omogeneizzazione della società e favorisce l’atomizzazione dei cittadini, cioè implementa una profonda e reale modernizzazione ed occidentalizzazione, tale stato-nazione non ha importanza, in quanto rappresenta semplicemente un tipo di strumento della globalizzazione. Quello stato-nazione non è conservato degnamente; non ha alcun senso nella prospettiva multipolare.

CONTRO IL MONDO POSTMODERNO

Credo sinceramente che la Quarta Teoria Politica, il nazional-bolscevismo e l’eurasiatismo possano essere di grande utilità per i nostri popoli, i nostri paesi e la nostra civiltà. La parola chiave è “multipolarità” in tutti i sensi: multipolarità geopolitica, culturale, valoriale, economica, e così via.
La visione del nous (intelletto), come definito dal filosofo greco Plotino, corrisponde al nostro ideale. L’intelletto è uno e plurimo al tempo stesso, perché contiene tutti i tipi di differenze in se stesso, non uniformi o miste, ma prese come tali, con tutte le loro particolarità. Il mondo del futuro dovrebbe essere noetico in un certo senso: la molteplicità e la diversità devono essere intesi come una ricchezza e come un tesoro e non come un motivo di inevitabile conflitto. Ci dovrebbero essere molte civiltà, molti poli, molti centri, e molti insiemi di valori sul nostro pianeta, nella nostra umanità.
Tuttavia c’è qualcuno che la pensa diversamente. Chi si oppone a un tale progetto? Quelli che vogliono vuole imporre l’uniformità, il pensiero unico, un unico modo di vivere (americano) e un unico mondo. Lo fanno con la forza e con la persuasione. Essi sono contro la multipolarità. Pertanto, sono contro di noi.

Dobbiamo far esplodere il sistema liberale

Bisogna concentrarsi sul concetto di logos europeo, come ho scritto in Noomakhia. C’è un logos dell’Europa che è apollineo e dionisiaco allo stesso tempo; è patriarcale e solare nell’insieme ed è l’asse della civiltà europea tradizionale, presente nella cultura della civiltà greco-romana e indoeuropea. Oggi questo asse è dominato dal logos di Cibele, del matriarcato e della forma ctonica. La madre si scatena contro il padre, il principio apollineo, e contro il figlio, il principio dionisiaco; questo logos liberista titanico esprime la modernità europea che è anti-europea. Questa lotta per il logos europeo è questione di vita o di morte; non è possibile la pace il diavolo e il Cristo, tra il cielo e la terra, come diceva Heidegger. È necessaria una rivoluzione apollinea totale, politica, culturale ed economica contro le strutture liberali.

Credo che verrà un momento in cui il sistema globalista produrrà delle trasformazioni tanto brutali fino ad implodere. In questo momento il nucleo del logos europeo dovrà tornare ad emergere, pena il nichilismo più totale, il mondo delle macchine. Occorre quindi tenersi pronti in vista di questo momento, che segnerà la possibilità di un nuovo inizio: bisogna conservare la propria identità contro tutte le forze distruttrici. L’educazione alternativa è la via da seguire: si pensi agli scritti dell’autore essenzialmente europeo Dumézil, ma anche a quelli della Nuova Destra francese, senza dimenticare il patrimonio letterario italiano. La romanità deve essere salvata contro tutte le forze che non le consentono di manifestarsi.

IL TERZO TOTALITARISMO

Quindi, il liberalismo è un’ideologia totalitaria e violenta, un mezzo per la repressione politica diretta e indiretta, per la pressione educativa e la feroce propaganda, che si autoproclama come non totalitaria, celando la sua vera natura. Questo è un fatto scientifico. Il concetto di terzo totalitarismo è del tutto coerente con la natura del liberalismo come concetto politico.

La Quarta Teoria Politica accetta pienamente questa nozione, in quanto permette di vedere il quadro completo che unifica tutte e tre le teorie politiche classiche della Modernità: a) liberalismo, b) comunismo e c) nazionalismo (fascismo). Tutte e tre sono totalitarie, sebbene in modo diverso. Allo stesso tempo, la Quarta Teoria Politica denuncia il carattere razzista di tutte e tre le teorie: il razzismo biologico dei nazisti, il razzismo di classe di Marx (evoluzione e progressismo universale) e il razzismo di civiltà, culturale e coloniale dei liberali (che era esplicito fino a metà del XX secolo e poi è diventato subliminale: vedi John Hobson in “The Eurocentric Conception of World Politics”). La Quarta Teoria Politica respinge tutti i tipi di totalitarismo: comunista, fascista e liberale. Il terzo totalitarismo (quello di tipo liberale) oggi è il più pericoloso, in quanto è quello che governa. Combatterlo è il compito principale.

La Quarta Teoria Politica offre una comprensione totalmente nuova del tutto e delle sue parti, al di fuori del contesto delle tre ideologie politiche della Modernità. Questa comprensione può essere chiamata un Mit-sein esistenziale. Ma in questa comprensione esistenziale dell’Essere (Dasein), non c’è l’esistenza atomizzata (la parte, l’individuo), né la somma degli individui (totalitarismo). Nella Quarta Teoria Politica, essere con gli altri significa esistere, costituire una presenza: una presenza viva di fronte alla morte. Noi stiamo insieme solo quando ci troviamo ad affrontare la nostra morte. La morte è sempre profondamente personale e, allo stesso tempo, in lei c’è qualcosa di universale, qualcosa che colpisce tutti. Pertanto, è necessario per noi parlare non di totalitarismo (una concezione meccanica che collega le parti e il tutto), bensì di un olismo esistenziale e organico. Il suo nome è il Popolo. Dasein existiert völkisch. Contro il “terzo totalitarismo”. Per un essere-per-la-morte. Mit-sein. Noi siamo il Popolo.

HEIDEGGER, L’ISLAM E LA QUARTA TEORIA

Riguardo al rapporto che può e deve intercorrere tra Islam e Quarta Teoria Politica si pongono alcuni problemi di natura teorica superabili attraverso il cammino del pensiero. Tali questioni si collocano essenzialmente nella sfera del Soggetto, sul concetto di reversibilità del tempo e sulla localizzazione spazio-temporale dell’Ereignis-Evento inteso come “nuovo apparire divino”: ovvero il passaggio nell’ambito di una nuova dedizione dell’Essere attraverso la quale risplenderà ciò che realmente è. Un simile percorso speculativo dell’intelletto necessita di una premessa fondamentale.

Il prof. Claudio Mutti, nella sua opera Esploratori del Continente, riporta il fatto che durante la conferenza, tenutasi a Teheran nel 2005, sul tema “Heidegger e il futuro della filosofia in Oriente e in Occidente”, il prof. Shahram Pazouki stabilì un confronto tra il filosofo e mistico persiano medievale Sohrawardi (lo Shaykh al-Ishraq – colui che sviluppò il concetto di Oriente interiore, simbolo della luce della sapienza in opposizione all’oblio occidentale, luogo delle tenebre della materia) e il filosofo tedesco, indicando la gnosi islamica e la filosofia di Heidegger come i mezzi ideali per la comunicazione spirituale tra l’Asia e l’Europa.

É stato lo stesso Heidegger a riconoscere come il confronto con l’asiatico fu per il Dasein greco una profonda necessità. E tale confronto, oggigiorno, rappresenta in maniera assai diversa ed entro un orizzonte molto più ampio la decisione sul destino dell’Europa.

USCIRE DAL XX SECOLO. UN’IDEA NUOVA PER IL TERZO MILLENNIO. PER UNA QUARTA TEORIA POLITICA.

La modernità è stata l’era delle ideologie; la postmodernità dichiara di essere l’epoca del tramonto delle ideologie. La prima affermazione è vera, la seconda è una bugia travestita da verità. L’uomo europeo ed occidentale è stato protagonista delle due grandi rivoluzioni del XVIII secolo, quella americana e poi quella francese, figlie dell’illuminismo, poi ha assistito all’irruzione del nazionalismo nel XIX, ha creduto nelle “magnifiche sorti e progressive “ (T. Mamiani) dell’umanità modellata dal progresso scientifico e tecnico di quel secolo, ha vissuto la Rivoluzione Industriale e poi quella collettivista nella Russia del 1917, ha combattuto due tremende guerre nella prima metà del XX secolo, attraverso le quali ha scoperto la potenza distruttrice delle sue armi, prodotto della conoscenza delle legge fisiche e biologiche della natura.
La seconda parte del XX secolo ha poi cambiato completamente i principi ed i valori in cui erano vissute le generazioni precedenti, e, dopo il 1989 ha visto il tramonto dell’esperienza comunista, a favore o contro la quale si era polarizzato il mondo. Nel corso dei due secoli che possiamo definire “modernità”, per la prima volta nella storia gli uomini si sono divisi sulla base di ideologie, ovvero su visioni della vita, teorizzazioni, rappresentazioni della realtà e della vita, costruzioni concettuali da cui scaturivano amicizie o inimicizie irrevocabili. Nel corso del secolo, un grande giurista di profonda cultura storica e filosofica, Carl Schmitt, tematizzò, nella “Teoria del Partigiano” la nuova figura del nemico assoluto, il nemico ideologico, nei confronti del quale non ci poteva più essere conciliazione, ma solo conflitto.

Le Pen-Putin, la coppia dei sogni di De Gaulle

Entrambi patrioti, sovranisti, nemici della globalizzazione: i due statisti sono in sintonia col popolo e ostili all’egemonia Usa sulla scia del leader francese e della teoria «terra contro mare» di Schmitt.

Sbagliano coloro che oggi credono che la partita in Francia sia già chiusa, e che ormai, anche a seguito del “tradimento” di Donald Trump e del suo programma isolazionista, Marine Le Pen sia comunque destinata a soccombere. Più in generale, e sul piano geopo- litico, sbagliano coloro che pensano che le potenze «marittime» abbiano ormai avuto la meglio su quelle «telluriche», per dirla con il Carl Schmitt di Terra e mare (Adelphi). L’opposizione tra terra e mare ha costituito, almeno a par- tire dal XVII secolo, l’asse a partire dal quale si sono nel tempo definiti i rapporti di forza tra gli Stati, e si è instaurata quella dialettica tra equilibrio ed egemonia che ancora oggi determina e misura il tem- po della politica.

Il neoliberalismo è un dogma per fanatici

Quanto durerà l’agonia del liberalismo e della pseudo-civiltà imposta alle nazioni sino ad ora conquistate? La risposta di Dugin, data nel 2012 in un’intervista sul sito Politikus.ru, è la seguente: «Il problema è che i neoliberali credono fermamente che il Fine Supremo della Storia si risolva nella realizzazione delle loro teorie. Non vedono nulla oltre questa matrice di pensiero. Ed è una cosa molto pericolosa, poiché abbiamo a che fare con un movimento imperialistico rafforzato da un temporaneo successo globale (…), per cui non sarà facile debellarlo. Per fare questo, è necessario attuare una revisione completa di molti processi storici».

In altri termini, aggiungeremmo noi, è necessario creare nella dimensione storica una Quarta Via, vale a dire un’alternativa in grado di neutralizzare politicamente, militarmente, finanziariamente la minaccia di questo aggressivo sistema giunto alla conclusione funzionale delle proprie potenzialità storiche. Solo così sarà possibile salvare le nazioni “neoliberalizzate” prima che esse vengano annientate da un’implosione che appare ormai inevitabile.

Focus. Dugin tra Guenon e Putin al tempo della Russia schierata contro il pensiero unico

“Oggi l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della postmodernità, il progetto della modernizzazione liberale va verso la liberazione dell’individuo da tutti i vincoli con la società, con la tradizione spirituale, con la famiglia, con l’umanesimo stesso. Questo liberalismo libera l’individuo da ogni vincolo. Lo libera anche dal suo gender e un giorno anche dalla sua natura umana. Il senso della politica oggi è questo progetto di liberazione. I dirigenti europei non possono arrestare questo processo ma possono solamente continuare: più immigrati, più femminismo, più società aperta, più gender, questa è la linea che non si discute per le élite europee. E non possono cambiare il corso ma più passa il tempo e più la gente si trova in disaccordo. La risposta è la reazione che cresce in Europa e che le élite vogliono fermare, demonizzandola. La realtà non corrisponde più al loro progetto. Le élite europee sono ideologicamente orientate verso il liberalismo ideologico”.

Maschera e volto del postmodernismo contemporaneo

Ne emerge una nozione complessa, una Medusa, in termini simbolici, che pietrifica la modernità incapace di sostenere lo sguardo sull’immagine della propria stessa aberrazione. Questa gorgone postmoderna si dipana entro una nuova topografia politica, entro cui la polarità destra/sinistra viene sostituita dal dualismo centro (conformismo)/periferia (dissenso). In questa dinamica i principi classici del modernismo sfumano in quelli del postmodernismo: la pressione ideologica si riduce, ma diventa più pervasiva; la dittatura delle idee si invera nella dittatura delle cose, reificandosi ulteriormente; l’eredità della sinistra trotzkista e anarchica, mischiata confusamente con intuizioni sparse dei “filosofi del sospetto” (Freud, Marx e Nietzsche, secondo una celebre definizione di Paul Ricoeur), dell’esistenzialismo e dello strutturalismo crea un nuovo milieu culturale, entro cui tutto è sovrastruttura e l’istanza di liberazione tradizionalmente incorporata nell’idea classica di rivoluzione viene inglobata dal sistema e addomesticata al suo interno; il liberalismo classico si converte nel postliberalismo, celebrato dall’avvento della “fine della storia” (Francis Fukuyama) nella liquidità della global market society, dove i conflitti sono ridotti al minimo. Un sogno di oblio e di alienazione della propria coscienza. Un sogno che la rinascita di conflitti culturali e religiosi, di cui profeta inattualissimo e inascoltato fu Samuel P. Huntington, ha spezzato. Eppure il postmodernismo, quale ideologia dell’Occidente, permane. Si manifesta, secondo Dugin, in una serie di principi, teorici e pratici: il rifiuto della ragione (Deleuze e Guattari); la rinuncia all’idea moderna dell’uomo come misura di tutte le cose (“la morte dell’uomo”); il superamento di ogni tabù sessuale e dello stesso concetto di perversione; la rinuncia a ogni identità, in una post-antropologia del “rizoma” (Deleuze); la distruzione di ogni ordine e gerarchia sociale in favore di un’anarchia controllata dai flussi di capitale. Questi elementi, cui Dugin guarda con radicale criticismo, offrono d’altra parte, mediante lo smascheramento del modernismo, oasi, in senso jüngeriano, da cui ripartire in direzione di un paradigma alternativo. La connivenza fra le forze della sinistra “anticonformista” e il sistema postliberale è evidente: «La Quarta Teoria Politica – scrive Dugin prospettando un modello politico e culturale alternativo – deve estrarre la propria “ispirazione oscura” dalla postmodernità, dalla liquidazione del programma dell’illuminismo e dall’avvento della società dei simulacra, interpretando questo processo come un incentivo alla battaglia, piuttosto che come un destino»

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