ORIZZONTE DELL’IMPERO IDEALE

L'economia sarà abolita e gli economisti saranno licenziati.

Anche la proprietà privata sarà abolita. Il sole brillerà. La terra e il tempo apparterranno all'Eidos. Non ci saranno né banche né grandi possedimenti. Rilke e Heidegger parlano di questo come "il trasferimento dei pesi dalle mani del mercante alle mani dell'angelo".

Ci saranno automobili, ma solo molto, molto belle.

Una delle arti più importanti sarà l'arte della danza. La danza diventerà un dovere politico. Tutti balleranno in cerchio; saranno inoltre promossi il tango, twist, bossa nova, che diventeranno obbligatori. Tutti dovrebbero poter ballare e i funzionari, come in Cina, dovranno inoltre disegnare e comporre poesie.

Verso i contadini ci sarà un atteggiamento votato alla sacralità. Tutta la vita sarà modellata per adattarsi ai contadini. Tutto per i contadini. La popolazione sarà pastorale e coltivatrice. L'agricoltura, il grano, l'uva, la cottura, i pani, così come i tori, le mucche, le pecore e le capre saranno elevati allo stato dell'ideologia statale. Alla vista di una spiga di grano o di un asino, per non parlare di un agricoltore o di un pastore, tutti i cittadini di Platonopoli dovranno accoglierli con il canto. A guidare l'umanità saranno il Pane e il Vino. Tori parlanti con la luna tra le corna serviranno Pane e Vino ai viaggiatori stanchi. 

Tutto intorno ci saranno giardini e foreste, così come animali selvatici insieme agli animali domestici. I lupi padroneggeranno i lavori manuali e aiuteranno i contadini a riparare i carri e cantare canzoni.

Il problema del male e le prospettive della Quarta Teoria Politica

Il progetto Grande Europa, espressione del “Manifesto di Chisinau”, può e deve essere il punto di partenza fondamentale per il risveglio dei popoli europei condannati all’insignificanza politica da più di settanta anni di occupazione coloniale nordamericana. Privata di autonomia e della sua identità spirituale e culturale, l’Europa è vittima di un fenomeno di spoliticizzazione che ha deformato nelle fondamenta il concetto di politico e la dicotomia amico/nemico insita al suo interno. La deformazione liberale del linguaggio è la trappola che, secondo Carl Schmitt, ha ridotto l’idea di “nemico” alla mera competizione sul piano economico. L’individuazione nel liberalismo del “male” (in quanto scuola di pensiero volta alla negazione di affermazioni assolute), rende la Quarta Teoria Politica la base metafisica su cui impostare la propria lotta rivoluzionaria e culturale contro il mondo moderno. Una lotta che, parafrasando Martin Hedigger, più che limitarsi alla conservazione (fenomeno anch’esso prettamente moderno), deve assumere la modalità di un ritorno (Ruckker) alla località del superamento della metafisica: ovvero, laddove il pensiero europeo ha intrapreso la via della modernità.

Il filosofo e mistico russo Vladimir Solov’ev nell’introduzione al suo testo fondamentale I tre dialoghi e il racconto dell’Anticristo si interrogava su cosa realmente fosse il male e su cosa determinasse la sua presenza nel mondo. “Che cos’è il male? Soltanto un difetto di natura, un’imperfezione che svanisce da sé con l’accrescersi del bene, oppure una forza reale che domina il mondo attraverso le sue lusinghe cosicché per sconfiggerlo è necessario avere un appoggio in un altro ordine dell’essere?”

LO STATO-NAZIONE E IL MONDO MULTIPOLARE

La posizione dei difensori del mondo multipolare è del tutto opposta a quella dei globalisti: se uno stato-nazione effettua l’omogeneizzazione della società e favorisce l’atomizzazione dei cittadini, cioè implementa una profonda e reale modernizzazione ed occidentalizzazione, tale stato-nazione non ha importanza, in quanto rappresenta semplicemente un tipo di strumento della globalizzazione. Quello stato-nazione non è conservato degnamente; non ha alcun senso nella prospettiva multipolare.

CONTRO IL MONDO POSTMODERNO

Credo sinceramente che la Quarta Teoria Politica, il nazional-bolscevismo e l’eurasiatismo possano essere di grande utilità per i nostri popoli, i nostri paesi e la nostra civiltà. La parola chiave è “multipolarità” in tutti i sensi: multipolarità geopolitica, culturale, valoriale, economica, e così via.
La visione del nous (intelletto), come definito dal filosofo greco Plotino, corrisponde al nostro ideale. L’intelletto è uno e plurimo al tempo stesso, perché contiene tutti i tipi di differenze in se stesso, non uniformi o miste, ma prese come tali, con tutte le loro particolarità. Il mondo del futuro dovrebbe essere noetico in un certo senso: la molteplicità e la diversità devono essere intesi come una ricchezza e come un tesoro e non come un motivo di inevitabile conflitto. Ci dovrebbero essere molte civiltà, molti poli, molti centri, e molti insiemi di valori sul nostro pianeta, nella nostra umanità.
Tuttavia c’è qualcuno che la pensa diversamente. Chi si oppone a un tale progetto? Quelli che vogliono vuole imporre l’uniformità, il pensiero unico, un unico modo di vivere (americano) e un unico mondo. Lo fanno con la forza e con la persuasione. Essi sono contro la multipolarità. Pertanto, sono contro di noi.

Dobbiamo far esplodere il sistema liberale

Bisogna concentrarsi sul concetto di logos europeo, come ho scritto in Noomakhia. C’è un logos dell’Europa che è apollineo e dionisiaco allo stesso tempo; è patriarcale e solare nell’insieme ed è l’asse della civiltà europea tradizionale, presente nella cultura della civiltà greco-romana e indoeuropea. Oggi questo asse è dominato dal logos di Cibele, del matriarcato e della forma ctonica. La madre si scatena contro il padre, il principio apollineo, e contro il figlio, il principio dionisiaco; questo logos liberista titanico esprime la modernità europea che è anti-europea. Questa lotta per il logos europeo è questione di vita o di morte; non è possibile la pace il diavolo e il Cristo, tra il cielo e la terra, come diceva Heidegger. È necessaria una rivoluzione apollinea totale, politica, culturale ed economica contro le strutture liberali.

Credo che verrà un momento in cui il sistema globalista produrrà delle trasformazioni tanto brutali fino ad implodere. In questo momento il nucleo del logos europeo dovrà tornare ad emergere, pena il nichilismo più totale, il mondo delle macchine. Occorre quindi tenersi pronti in vista di questo momento, che segnerà la possibilità di un nuovo inizio: bisogna conservare la propria identità contro tutte le forze distruttrici. L’educazione alternativa è la via da seguire: si pensi agli scritti dell’autore essenzialmente europeo Dumézil, ma anche a quelli della Nuova Destra francese, senza dimenticare il patrimonio letterario italiano. La romanità deve essere salvata contro tutte le forze che non le consentono di manifestarsi.

IL TERZO TOTALITARISMO

Quindi, il liberalismo è un’ideologia totalitaria e violenta, un mezzo per la repressione politica diretta e indiretta, per la pressione educativa e la feroce propaganda, che si autoproclama come non totalitaria, celando la sua vera natura. Questo è un fatto scientifico. Il concetto di terzo totalitarismo è del tutto coerente con la natura del liberalismo come concetto politico.

La Quarta Teoria Politica accetta pienamente questa nozione, in quanto permette di vedere il quadro completo che unifica tutte e tre le teorie politiche classiche della Modernità: a) liberalismo, b) comunismo e c) nazionalismo (fascismo). Tutte e tre sono totalitarie, sebbene in modo diverso. Allo stesso tempo, la Quarta Teoria Politica denuncia il carattere razzista di tutte e tre le teorie: il razzismo biologico dei nazisti, il razzismo di classe di Marx (evoluzione e progressismo universale) e il razzismo di civiltà, culturale e coloniale dei liberali (che era esplicito fino a metà del XX secolo e poi è diventato subliminale: vedi John Hobson in “The Eurocentric Conception of World Politics”). La Quarta Teoria Politica respinge tutti i tipi di totalitarismo: comunista, fascista e liberale. Il terzo totalitarismo (quello di tipo liberale) oggi è il più pericoloso, in quanto è quello che governa. Combatterlo è il compito principale.

La Quarta Teoria Politica offre una comprensione totalmente nuova del tutto e delle sue parti, al di fuori del contesto delle tre ideologie politiche della Modernità. Questa comprensione può essere chiamata un Mit-sein esistenziale. Ma in questa comprensione esistenziale dell’Essere (Dasein), non c’è l’esistenza atomizzata (la parte, l’individuo), né la somma degli individui (totalitarismo). Nella Quarta Teoria Politica, essere con gli altri significa esistere, costituire una presenza: una presenza viva di fronte alla morte. Noi stiamo insieme solo quando ci troviamo ad affrontare la nostra morte. La morte è sempre profondamente personale e, allo stesso tempo, in lei c’è qualcosa di universale, qualcosa che colpisce tutti. Pertanto, è necessario per noi parlare non di totalitarismo (una concezione meccanica che collega le parti e il tutto), bensì di un olismo esistenziale e organico. Il suo nome è il Popolo. Dasein existiert völkisch. Contro il “terzo totalitarismo”. Per un essere-per-la-morte. Mit-sein. Noi siamo il Popolo.

HEIDEGGER, L’ISLAM E LA QUARTA TEORIA

Riguardo al rapporto che può e deve intercorrere tra Islam e Quarta Teoria Politica si pongono alcuni problemi di natura teorica superabili attraverso il cammino del pensiero. Tali questioni si collocano essenzialmente nella sfera del Soggetto, sul concetto di reversibilità del tempo e sulla localizzazione spazio-temporale dell’Ereignis-Evento inteso come “nuovo apparire divino”: ovvero il passaggio nell’ambito di una nuova dedizione dell’Essere attraverso la quale risplenderà ciò che realmente è. Un simile percorso speculativo dell’intelletto necessita di una premessa fondamentale.

Il prof. Claudio Mutti, nella sua opera Esploratori del Continente, riporta il fatto che durante la conferenza, tenutasi a Teheran nel 2005, sul tema “Heidegger e il futuro della filosofia in Oriente e in Occidente”, il prof. Shahram Pazouki stabilì un confronto tra il filosofo e mistico persiano medievale Sohrawardi (lo Shaykh al-Ishraq – colui che sviluppò il concetto di Oriente interiore, simbolo della luce della sapienza in opposizione all’oblio occidentale, luogo delle tenebre della materia) e il filosofo tedesco, indicando la gnosi islamica e la filosofia di Heidegger come i mezzi ideali per la comunicazione spirituale tra l’Asia e l’Europa.

É stato lo stesso Heidegger a riconoscere come il confronto con l’asiatico fu per il Dasein greco una profonda necessità. E tale confronto, oggigiorno, rappresenta in maniera assai diversa ed entro un orizzonte molto più ampio la decisione sul destino dell’Europa.

USCIRE DAL XX SECOLO. UN’IDEA NUOVA PER IL TERZO MILLENNIO. PER UNA QUARTA TEORIA POLITICA.

La modernità è stata l’era delle ideologie; la postmodernità dichiara di essere l’epoca del tramonto delle ideologie. La prima affermazione è vera, la seconda è una bugia travestita da verità. L’uomo europeo ed occidentale è stato protagonista delle due grandi rivoluzioni del XVIII secolo, quella americana e poi quella francese, figlie dell’illuminismo, poi ha assistito all’irruzione del nazionalismo nel XIX, ha creduto nelle “magnifiche sorti e progressive “ (T. Mamiani) dell’umanità modellata dal progresso scientifico e tecnico di quel secolo, ha vissuto la Rivoluzione Industriale e poi quella collettivista nella Russia del 1917, ha combattuto due tremende guerre nella prima metà del XX secolo, attraverso le quali ha scoperto la potenza distruttrice delle sue armi, prodotto della conoscenza delle legge fisiche e biologiche della natura.
La seconda parte del XX secolo ha poi cambiato completamente i principi ed i valori in cui erano vissute le generazioni precedenti, e, dopo il 1989 ha visto il tramonto dell’esperienza comunista, a favore o contro la quale si era polarizzato il mondo. Nel corso dei due secoli che possiamo definire “modernità”, per la prima volta nella storia gli uomini si sono divisi sulla base di ideologie, ovvero su visioni della vita, teorizzazioni, rappresentazioni della realtà e della vita, costruzioni concettuali da cui scaturivano amicizie o inimicizie irrevocabili. Nel corso del secolo, un grande giurista di profonda cultura storica e filosofica, Carl Schmitt, tematizzò, nella “Teoria del Partigiano” la nuova figura del nemico assoluto, il nemico ideologico, nei confronti del quale non ci poteva più essere conciliazione, ma solo conflitto.

Le Pen-Putin, la coppia dei sogni di De Gaulle

Entrambi patrioti, sovranisti, nemici della globalizzazione: i due statisti sono in sintonia col popolo e ostili all’egemonia Usa sulla scia del leader francese e della teoria «terra contro mare» di Schmitt.

Sbagliano coloro che oggi credono che la partita in Francia sia già chiusa, e che ormai, anche a seguito del “tradimento” di Donald Trump e del suo programma isolazionista, Marine Le Pen sia comunque destinata a soccombere. Più in generale, e sul piano geopo- litico, sbagliano coloro che pensano che le potenze «marittime» abbiano ormai avuto la meglio su quelle «telluriche», per dirla con il Carl Schmitt di Terra e mare (Adelphi). L’opposizione tra terra e mare ha costituito, almeno a par- tire dal XVII secolo, l’asse a partire dal quale si sono nel tempo definiti i rapporti di forza tra gli Stati, e si è instaurata quella dialettica tra equilibrio ed egemonia che ancora oggi determina e misura il tem- po della politica.

Il neoliberalismo è un dogma per fanatici

Quanto durerà l’agonia del liberalismo e della pseudo-civiltà imposta alle nazioni sino ad ora conquistate? La risposta di Dugin, data nel 2012 in un’intervista sul sito Politikus.ru, è la seguente: «Il problema è che i neoliberali credono fermamente che il Fine Supremo della Storia si risolva nella realizzazione delle loro teorie. Non vedono nulla oltre questa matrice di pensiero. Ed è una cosa molto pericolosa, poiché abbiamo a che fare con un movimento imperialistico rafforzato da un temporaneo successo globale (…), per cui non sarà facile debellarlo. Per fare questo, è necessario attuare una revisione completa di molti processi storici».

In altri termini, aggiungeremmo noi, è necessario creare nella dimensione storica una Quarta Via, vale a dire un’alternativa in grado di neutralizzare politicamente, militarmente, finanziariamente la minaccia di questo aggressivo sistema giunto alla conclusione funzionale delle proprie potenzialità storiche. Solo così sarà possibile salvare le nazioni “neoliberalizzate” prima che esse vengano annientate da un’implosione che appare ormai inevitabile.

Focus. Dugin tra Guenon e Putin al tempo della Russia schierata contro il pensiero unico

“Oggi l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della postmodernità, il progetto della modernizzazione liberale va verso la liberazione dell’individuo da tutti i vincoli con la società, con la tradizione spirituale, con la famiglia, con l’umanesimo stesso. Questo liberalismo libera l’individuo da ogni vincolo. Lo libera anche dal suo gender e un giorno anche dalla sua natura umana. Il senso della politica oggi è questo progetto di liberazione. I dirigenti europei non possono arrestare questo processo ma possono solamente continuare: più immigrati, più femminismo, più società aperta, più gender, questa è la linea che non si discute per le élite europee. E non possono cambiare il corso ma più passa il tempo e più la gente si trova in disaccordo. La risposta è la reazione che cresce in Europa e che le élite vogliono fermare, demonizzandola. La realtà non corrisponde più al loro progetto. Le élite europee sono ideologicamente orientate verso il liberalismo ideologico”.

Maschera e volto del postmodernismo contemporaneo

Ne emerge una nozione complessa, una Medusa, in termini simbolici, che pietrifica la modernità incapace di sostenere lo sguardo sull’immagine della propria stessa aberrazione. Questa gorgone postmoderna si dipana entro una nuova topografia politica, entro cui la polarità destra/sinistra viene sostituita dal dualismo centro (conformismo)/periferia (dissenso). In questa dinamica i principi classici del modernismo sfumano in quelli del postmodernismo: la pressione ideologica si riduce, ma diventa più pervasiva; la dittatura delle idee si invera nella dittatura delle cose, reificandosi ulteriormente; l’eredità della sinistra trotzkista e anarchica, mischiata confusamente con intuizioni sparse dei “filosofi del sospetto” (Freud, Marx e Nietzsche, secondo una celebre definizione di Paul Ricoeur), dell’esistenzialismo e dello strutturalismo crea un nuovo milieu culturale, entro cui tutto è sovrastruttura e l’istanza di liberazione tradizionalmente incorporata nell’idea classica di rivoluzione viene inglobata dal sistema e addomesticata al suo interno; il liberalismo classico si converte nel postliberalismo, celebrato dall’avvento della “fine della storia” (Francis Fukuyama) nella liquidità della global market society, dove i conflitti sono ridotti al minimo. Un sogno di oblio e di alienazione della propria coscienza. Un sogno che la rinascita di conflitti culturali e religiosi, di cui profeta inattualissimo e inascoltato fu Samuel P. Huntington, ha spezzato. Eppure il postmodernismo, quale ideologia dell’Occidente, permane. Si manifesta, secondo Dugin, in una serie di principi, teorici e pratici: il rifiuto della ragione (Deleuze e Guattari); la rinuncia all’idea moderna dell’uomo come misura di tutte le cose (“la morte dell’uomo”); il superamento di ogni tabù sessuale e dello stesso concetto di perversione; la rinuncia a ogni identità, in una post-antropologia del “rizoma” (Deleuze); la distruzione di ogni ordine e gerarchia sociale in favore di un’anarchia controllata dai flussi di capitale. Questi elementi, cui Dugin guarda con radicale criticismo, offrono d’altra parte, mediante lo smascheramento del modernismo, oasi, in senso jüngeriano, da cui ripartire in direzione di un paradigma alternativo. La connivenza fra le forze della sinistra “anticonformista” e il sistema postliberale è evidente: «La Quarta Teoria Politica – scrive Dugin prospettando un modello politico e culturale alternativo – deve estrarre la propria “ispirazione oscura” dalla postmodernità, dalla liquidazione del programma dell’illuminismo e dall’avvento della società dei simulacra, interpretando questo processo come un incentivo alla battaglia, piuttosto che come un destino»

PER UN NUOVO INIZIO DI CIVILTA’: DUGIN LEGGE HEIDDEGER

Metafisica del ritardo: “The Metaphysics of Delay” – con questa espressione Dugin definisce la prospettiva di Heidegger. Consapevoli che tale percorso, a partire dal Primo Inizio presocratico si muove in direzione di un Altro Inizio – quello che dà il titolo al saggio – permaniamo in una realtà temporale di attesa, in cui già si scorgono le luci del Deus Adveniens senza coglierne ancora la forma, o ravvisandone l’identità in figure destinate presto a svanire; è la fase in cui l’intensità temporale si condensa, preparando un’accelerazione che tuttavia, ancor oggi permane nella dimensione del “non ancora”. Tale prospettiva metafisica richiede un ripensamento delle strutture stesse tramite cui considerare l’uomo: «l’uomo dell’Inizio» (the man of the Beginning) sarà quello che, aprendosi alla chiamata dell’Essere, potrà corrispondere all’Evento in cui apparirà “l’ultimo Dio” (Der letze Gott), segnando la fine della metafisica dualista e l’oltrepassamento dello spengleriano tramonto dell’Occidente abitato dall’«uomo della Fine» (the man of the End). Giacché «l’uomo dell’Inizio» si confronta proprio con quell’“ultimo Dio”.

DONALD TRUMP: LA PALUDE E IL FUOCO

"La Palude" sta per diventare il nuovo nome della setta globalista: gli adepti della società aperta, i maniaci LGBT, l'esercito di Soros, i post-umanisti e così via. Bonificare la palude non è un imperativo categorico solo per l'America. Si tratta di una sfida globale per tutti noi. Oggi ogni popolo ha la sua "Palude" che lo opprime. Noi, tutti insieme, dobbiamo dare il via alla lotta contro la Palude russa, la Palude tedesca, la Palude italiana eccetera. E' arrivato il momento di liberare le nostre società dall'influenza della Palude. Piuttosto che combattere tra di noi, proviamo a bonificarla insieme. Scaricapalude di tutto il mondo, unitevi!

L'altra questione cruciale è che l'anti-americanismo è giunto al capolinea. Non che fosse una posizione sbagliata, anzi: però oggi sono gli stessi americani ad aver dato il via alla rivoluzione contro quegli aspetti dell'americanismo che tutti noi abbiamo detestato. Ora le classi dirigenti europee, come anche una parte delle élites russe (tutt'ora liberali), non possono essere imputate come prima di essere troppo filo-americane. A questo punto bisogna accusarli semplicemente di ciò che sono: una banda di corrotti, perversi, avidi bankster, distruttori di culture, traizioni ed identità. Soltanto così potremo prosciugare la palude europea. Basta con Hollande, Merkel e Bruxelles, l'Europa agli Europei! Soros e la sua setta dovrebbero essere pubblicamente condannati come criminali. 

Dalla Geografia Sacra alla Geopolitica

Nella rappresentazione bipolare “ricco Nord” – “povero Sud” esiste sempre una componente aggiuntiva che ha un significato autosufficiente e assai rilevante. E’ il “secondo mondo”. Con l’espressione “secondo mondo” si è convenzionalmente inteso contrassegnare il campo socialista integrato nel sistema sovietico. Questo “secondo mondo” non era né il presente “ricco Nord”, in quanto definiti motivi spirituali influenzavano segretamente l’ideologia nominalmente materialistica del socialismo sovietico, né il presente “Terzo Mondo”, dal momento che la piena attitudine allo sviluppo materiale, il “progresso” e altri principi solamente profani stavano alle radici del sistema sovietico. La geopoliticamente eurasiana URSS si trova sia sul territorio della “povera Asia” che sulle terre della sufficientemente “civilizzata” Europa. Durante il periodo socialista, la cintura planetaria del “ricco Nord” era interrotta nell’Eurasia orientale, complicando la chiarezza delle relazioni geopolitiche sull’asse Nord-Sud.
La fine del “Secondo mondo” come civiltà speciale lascia allo spazio eurasiano della vecchia URSS due alternative – o essere integrato nel “ricco Nord” (cioè, l’Occidente e gli USA) o essere gettato nel “povero Sud”, cioè raggiungere il “Terzo Mondo”. Come variante di compromesso, la separazione delle regioni (parte al “Nord” e parte al “Sud”) è anche possibile. Come sempre è stato nei secoli scorsi, l’iniziativa di redistribuzione degli spazi geopolitici in questo processo appartiene al “ricco Nord” che, usando cinicamente i paradossi dello stesso concetto di Secondo mondo”, fissa nuovi confini geopolitici e separa zone di influenza. I fattori nazionali, economici e religiosi servono ai mondialisti solo come strumenti della loro attività cinica dalle motivazioni profondamente materialistiche. Non è sorprendente che oltre la retorica del falso “umanitarismo”, saranno anche spesso e quasi apertamente usate le ragioni “razziste”, invocate per ispirare ai Russi un complesso di “bianca” superiorità nei confronti del sud asiatico e caucasico. A questo è correlato il processo inverso – il rigetto definitivo da parte dei territori meridionali del vecchio “Secondo Mondo” per il “povero Sud” si accompagna all’uso della carta delle tendenze fondamentaliste, dell’inclinazione del popolo alla Tradizione e del revival della religione.

Alain De Benoist, Alexandr Dugin, Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica

Le edizioni Controcorrente di Napoli hanno recentemente dato alle stampe un interessantissimo libro intitolato Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica. Coautori, due pezzi da novanta del calibro di Alain De Benoist e Aleksandr Dugin, che in forma d’intervista, la quale a più riprese assume i connotati di un vero e proprio dialogo, esaminano, delucidandole anche al lettore meno esperto, le questioni che ruotano attorno all’idea-forza di “Eurasia”.

L’interesse di queste 142 pagine sta già sinteticamente inscritto nel titolo.

“Eurasia”, per il geopolitico tradizionalista russo, è “una risposta globale ad un problema globale”. Una risposta a suo modo “internazionalista”, anche se le radici del pensiero eurasiatista non possono che trovarsi in Russia.

Per Dugin non vi è dunque alcuna contraddizione tra l’essere russi ed eurasiatisti. Anzi, secondo il punto di vista che egli fa proprio, l’eurasiatismo s’integra alla perfezione, portandola a compimento, con l’anima più profonda del popolo russo, che non è né propriamente “europeo” né esclusivamente “asiatico”.

Dugin, a proposito della Russia, per distinguerla dalle nazioni europee osserva opportunamente che essa non ha mai assunto la forma dello Stato-nazione, perché sentirsi compiutamente russi non ha a che fare con qualsiasi posizione piccolo-nazionalista. Il che ha garantito che la Russia stessa, ieri come oggi, facesse del “pluralismo delle civiltà”, in opposizione al purtroppo celebre “scontro”, un suo irrinunciabile tratto distintivo.

Così non è stato per gli Stati-nazione che, nell’Europa occidentale, si sono formati secondo un processo plurisecolare che ha fatto tabula rasa delle differenze…

Julius Evola e il tradizionalismo russo

L’opera di Evola è stata scoperta in Russia negli anni 60 dal gruppo assai ristretto degli intellettuali dissidenti anticomunisti, detti “i dissidenti di destra”. Era una piccola cerchia di persone che avevano rifiutato volutamente la partecipazione alla vita culturale sovietica e avevano scelto l’esistenza clandestina. La contestazione della realtà sovietica è stata presso di essi così totale perché si cercavano i principi fondamentali che avrebbero potuto spiegare le radici di questo giudizio negativo assoluto. E’ su queste vie di rifiuto del comunismo che si sono scoperti certi lavori di autori antimoderni e tradizionalisti: soprattutto i libri di Réné Guénon e di Julius Evola. Due personaggi centrali animavano questo gruppo – il filosofo musulmano Geidar Djemal e il poeta non conformista Evgeni Golovin. Grazie ad essi, i “dissidenti di destra” hanno conosciuto i nomi e le idee di questi grandi tradizionalisti del nostro secolo. Negli anni 70 sono state fatte le prime traduzioni dei testi di Evola (“La Tradizione Ermetica”) sempre nel quadro della medesima cerchia e sono state distribuite sotto forma di samizdat. La qualità delle prime traduzioni era assai scadente perché esse venivano eseguite da appassionati poco competenti, ai margini del gruppo degli intellettuali tradizionalisti propriamente detti. Nel 1981 è apparsa nel medesimo ambiente la traduzione di “Heidnische Imperialismus”, il solo libro disponibile presso la Biblioteca Lenin di Mosca.

VERSO UNA GRANDE GUERRA

In verità già siamo in guerra. Una guerra innescata dal conflitto tra due civiltà: la terra della civiltà, oggi rappresentata dalla Russia, e il mare della civiltà, ora rappresentato dagli Stati Uniti.
E’ un conflitto che si ripete nella storia. Gli antagonisti sono due sistemi: l’uno si basa sul commercio, l’altro sul valore dell’uomo; così fu con Cartagine contro Roma, con Atene contro Sparta.
In determinate epoche storiche questo conflitto raggiunge momenti di estrema tensione. Siamo di nuovo in questa fase. Siamo sull’orlo della guerra, di una guerra fatale perché può diventare l’estrema battaglia delle nostre vite. I due grandi avversari – gli Stati Uniti e la Russia – sono potenze nucleari e una guerra tra loro è destinata a coinvolgere tutte le nazioni della Terra. Può determinare la fine dell’umanità. Questo, naturalmente, non è sicuro, ma non può essere affatto escluso.

Russkaja Ideja. Teoria politica e nuove sintesi nella Russia del XXI secolo

La definizione di un «soggetto storico» è la base fondamentale di ogni ideologia politica, e ne determina la struttura. Il soggetto del liberalismo, si è detto sopra, è l’individuo (libero da ogni appartenenza e identità collettiva); quello del comunismo è la classe; il fascismo ha infine come soggetto lo stato o la razza, rispettivamente nella declinazione italiana (mussoliniana) e tedesca (hitleriana). Qual è, dunque, il soggetto della 4TP? Dugin formula diverse ipotesi. La prima prevede un composto dei soggetti delle teorie precedenti, ossia non l’individuo, la classe, lo stato, l’etnia o la nazione prese per sé, ma una combinazione di tutti gli elementi. Nella seconda ipotesi, partendo da Edmund Husserl, Fernand Braudel e Peter Berger, Dugin apre la prospettiva di una desecolarizzazione (la religione come alleata della politica) o di un recupero della dottrina schmittiana del decisionismo. Altra ipotesi è quella di una sociologia dell’immaginazione. Questa facoltà forma il contenuto dell’esistenza umana in base alle sue strutture interne indipendenti, e viene interpretata come un attore autonomo nella sfera politica, in quanto necessaria per progettare – si pensi alle istanze delle proteste del 1968, che riconoscevano l’importanza politica della facoltà dell’immaginazione con lo slogan «immaginazione al potere». L’ultima ipotesi, quella a cui Dugin riserva più attenzione, candida il Dasein heideggeriano26 come soggetto della 4TP. Non viene chiarito il concetto di «esserci» (come lo stesso Heidegger aveva solo abbozzato una analitica esistenziale), ma ci si limita ad affermare che esso può costruire un modello complesso e olistico per condurre una nuova analisi della politica.

COSTRUIRE IL THINK TANK ANTI-LIBERISTA

Ieri con Dugin ho discusso di quattro temi centrali:

1) La costituzione di un panel di accademici italiani che contribuiscano alla creazione di una struttura di ricerca e di formazione sul pensiero anti-liberista, in collaborazione con le università russe.

2) La necessità di costruire soluzioni economico-imprenditoriali che svincolino le aziende e gli Stati dal debito, restituendo alla moneta la fondamentale funzione di unità di misura e di strumento di politica economica a servizio della prosperità e dello sviluppo armonico della società civile.

3) La riconsiderazione di una moneta continentale che affranchi i Paesi dal debito, riconosciuto come primo fattore di asservimento alle oligarchie finanziarie che hanno messo sotto scacco l’Europa e attentano alla sicurezza della Russia.

4) La pubblicazione in italiano del suo ultimo libro “La quarta teoria politica”, già tradotto in una dozzina di lingue, che sarà sponsorizzato congiuntamente da Noi Sovrani e da Lombardia-Russia.

La Lega: "Ultima speranza per l’Italia"

Le sanzioni alla Russia sono state un boomerang per l’economia italiana. A chi giovano?

«La stragrande maggioranza degli italiani sono a favore degli accordi con la Russia ma Matteo Renzi è limitato nelle sue possibilità a causa delle pressioni dei circoli finanziari internazionali».

Se Renzi «non corrisponde» chi potrebbe allora?

«L’unico politico che può rappresentare gli interessi reali degli italiani è Matteo Salvini, perché Berlusconi non gioca più un ruolo importante. Questa stella emergente di Salvini invece, che sostiene il nuovo polo di dialogo con la Russia, è la compensazione di questa mancanza di democrazia sostanziale incarnata da Renzi».

Cosa pensa, a proposito, del gruppo euroscettico appena nato nel Parlamento europeo?

«La coalizione degli euroscettici rappresenta l’alternativa ideologica a questa onnipotenza mondialista. Non è un fenomeno marginale, ma centrale per la politica europea».

 

Aleksandr Dugin, il filosofo antiliberale di Putin che flirta con la Lega

Può il mondo uniformarsi ad un unico modello politico, culturale ed antropologico? Possono gli Stati Uniti attribuirsi una funzione egemonica da un punto di vista geostrategico a scapito del BRICS, le nuove nazioni emergenti? È questa, in sintesi, la domanda posta lunedì 22 giugno allo Spazio Melampo di Milano durante il convegno patrocinato dall’Associazione culturale Lombardia-Russia – legato alla Lega Nord – e dal Circolo Prudhon, associazione culturale “non conformista” – di destra – che presentava il saggio autoprodotto “La rinascita di un Impero – La Russia di Vladimir Putin”, con la prefazione di Alain de Benoist, teorico della Nouvelle droite (‘Nuova destra’) e dell’Europa federale antiamericana, molto apprezzato dagli ambienti più conservatori del Carroccio e del populismo europeo. La locandina sul sito dell’evento riportava fra gli ospiti d’onore «un intellettuale russo di rilievo internazionale». Si tratta di Aleksandr Dugin, il teorico del neoeurasiatismo vicino a Vladimir Putin, traduttore in russo di Julius Evola.

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