4pt

PER UN NUOVO INIZIO DI CIVILTA’: DUGIN LEGGE HEIDDEGER

Metafisica del ritardo: “The Metaphysics of Delay” – con questa espressione Dugin definisce la prospettiva di Heidegger. Consapevoli che tale percorso, a partire dal Primo Inizio presocratico si muove in direzione di un Altro Inizio – quello che dà il titolo al saggio – permaniamo in una realtà temporale di attesa, in cui già si scorgono le luci del Deus Adveniens senza coglierne ancora la forma, o ravvisandone l’identità in figure destinate presto a svanire; è la fase in cui l’intensità temporale si condensa, preparando un’accelerazione che tuttavia, ancor oggi permane nella dimensione del “non ancora”. Tale prospettiva metafisica richiede un ripensamento delle strutture stesse tramite cui considerare l’uomo: «l’uomo dell’Inizio» (the man of the Beginning) sarà quello che, aprendosi alla chiamata dell’Essere, potrà corrispondere all’Evento in cui apparirà “l’ultimo Dio” (Der letze Gott), segnando la fine della metafisica dualista e l’oltrepassamento dello spengleriano tramonto dell’Occidente abitato dall’«uomo della Fine» (the man of the End). Giacché «l’uomo dell’Inizio» si confronta proprio con quell’“ultimo Dio”.

COUNTER-HEGEMONY IN THE THEORY OF THE MULTIPOLAR WORLD

Although the concept of hegemony in Critical Theory is based on Antonio Gramsci’s theory, it is necessary to distinguish this concept’s position on Gramscianism and neo-Gramscianism from how it is understood in the realist and neo-realist schools of IR.

The classical realists use the term “hegemony” in a relative sense and understand it as the “actual and substantial superiority of the potential power of any state over the potential of another one, often neighboring countries.” Hegemony might be understood as a regional phenomenon, as the determination of whether one or another political entity is considered a “hegemon” depends on scale. Thucydides introduced the term itself when he spoke of Athens and Sparta as the hegemons of the Peloponnesian War, and classical realism employs this term in the same way to this day. Such an understanding of hegemony can be described as “strategic” or “relative.”

In neo-realism, “hegemony” is understood in a global (structural) context. The main difference from classical realism lies in that “hegemony” cannot be regarded as a regional phenomenon. It is always a global one. The neorealism of K. Waltz, for example, insists that the balance of two hegemons (in a bipolar world) is the optimal structure of power balance on a world scale[ii]. R. Gilpin believes that hegemony can be combined only with unipolarity, i.e., it is possible for only a single hegemon to exist, this function today being played by the USA.

In both cases, the realists comprehend hegemony as a means of potential correlation between the potentials of different state powers. 

Gramsci's understanding of hegemony is completely different and finds itself in a completely opposite theoretical field. To avoid the misuse of this term in IR, and especially in the TMW, it is necessary to pay attention to Gramsci’s political theory, the context of which is regarded as a major priority in Critical Theory and TMW. Moreover, such an analysis will allows us to more clearly see the conceptual gap between Critical Theory and TMW.

Alain De Benoist, Alexandr Dugin, Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica

Le edizioni Controcorrente di Napoli hanno recentemente dato alle stampe un interessantissimo libro intitolato Eurasia, Vladimir Putin e la grande politica. Coautori, due pezzi da novanta del calibro di Alain De Benoist e Aleksandr Dugin, che in forma d’intervista, la quale a più riprese assume i connotati di un vero e proprio dialogo, esaminano, delucidandole anche al lettore meno esperto, le questioni che ruotano attorno all’idea-forza di “Eurasia”.

L’interesse di queste 142 pagine sta già sinteticamente inscritto nel titolo.

“Eurasia”, per il geopolitico tradizionalista russo, è “una risposta globale ad un problema globale”. Una risposta a suo modo “internazionalista”, anche se le radici del pensiero eurasiatista non possono che trovarsi in Russia.

Per Dugin non vi è dunque alcuna contraddizione tra l’essere russi ed eurasiatisti. Anzi, secondo il punto di vista che egli fa proprio, l’eurasiatismo s’integra alla perfezione, portandola a compimento, con l’anima più profonda del popolo russo, che non è né propriamente “europeo” né esclusivamente “asiatico”.

Dugin, a proposito della Russia, per distinguerla dalle nazioni europee osserva opportunamente che essa non ha mai assunto la forma dello Stato-nazione, perché sentirsi compiutamente russi non ha a che fare con qualsiasi posizione piccolo-nazionalista. Il che ha garantito che la Russia stessa, ieri come oggi, facesse del “pluralismo delle civiltà”, in opposizione al purtroppo celebre “scontro”, un suo irrinunciabile tratto distintivo.

Così non è stato per gli Stati-nazione che, nell’Europa occidentale, si sono formati secondo un processo plurisecolare che ha fatto tabula rasa delle differenze…

Russkaja Ideja. Teoria politica e nuove sintesi nella Russia del XXI secolo

La definizione di un «soggetto storico» è la base fondamentale di ogni ideologia politica, e ne determina la struttura. Il soggetto del liberalismo, si è detto sopra, è l’individuo (libero da ogni appartenenza e identità collettiva); quello del comunismo è la classe; il fascismo ha infine come soggetto lo stato o la razza, rispettivamente nella declinazione italiana (mussoliniana) e tedesca (hitleriana). Qual è, dunque, il soggetto della 4TP? Dugin formula diverse ipotesi. La prima prevede un composto dei soggetti delle teorie precedenti, ossia non l’individuo, la classe, lo stato, l’etnia o la nazione prese per sé, ma una combinazione di tutti gli elementi. Nella seconda ipotesi, partendo da Edmund Husserl, Fernand Braudel e Peter Berger, Dugin apre la prospettiva di una desecolarizzazione (la religione come alleata della politica) o di un recupero della dottrina schmittiana del decisionismo. Altra ipotesi è quella di una sociologia dell’immaginazione. Questa facoltà forma il contenuto dell’esistenza umana in base alle sue strutture interne indipendenti, e viene interpretata come un attore autonomo nella sfera politica, in quanto necessaria per progettare – si pensi alle istanze delle proteste del 1968, che riconoscevano l’importanza politica della facoltà dell’immaginazione con lo slogan «immaginazione al potere». L’ultima ipotesi, quella a cui Dugin riserva più attenzione, candida il Dasein heideggeriano26 come soggetto della 4TP. Non viene chiarito il concetto di «esserci» (come lo stesso Heidegger aveva solo abbozzato una analitica esistenziale), ma ci si limita ad affermare che esso può costruire un modello complesso e olistico per condurre una nuova analisi della politica.

COSTRUIRE IL THINK TANK ANTI-LIBERISTA

Ieri con Dugin ho discusso di quattro temi centrali:

1) La costituzione di un panel di accademici italiani che contribuiscano alla creazione di una struttura di ricerca e di formazione sul pensiero anti-liberista, in collaborazione con le università russe.

2) La necessità di costruire soluzioni economico-imprenditoriali che svincolino le aziende e gli Stati dal debito, restituendo alla moneta la fondamentale funzione di unità di misura e di strumento di politica economica a servizio della prosperità e dello sviluppo armonico della società civile.

3) La riconsiderazione di una moneta continentale che affranchi i Paesi dal debito, riconosciuto come primo fattore di asservimento alle oligarchie finanziarie che hanno messo sotto scacco l’Europa e attentano alla sicurezza della Russia.

4) La pubblicazione in italiano del suo ultimo libro “La quarta teoria politica”, già tradotto in una dozzina di lingue, che sarà sponsorizzato congiuntamente da Noi Sovrani e da Lombardia-Russia.

La Lega: "Ultima speranza per l’Italia"

Le sanzioni alla Russia sono state un boomerang per l’economia italiana. A chi giovano?

«La stragrande maggioranza degli italiani sono a favore degli accordi con la Russia ma Matteo Renzi è limitato nelle sue possibilità a causa delle pressioni dei circoli finanziari internazionali».

Se Renzi «non corrisponde» chi potrebbe allora?

«L’unico politico che può rappresentare gli interessi reali degli italiani è Matteo Salvini, perché Berlusconi non gioca più un ruolo importante. Questa stella emergente di Salvini invece, che sostiene il nuovo polo di dialogo con la Russia, è la compensazione di questa mancanza di democrazia sostanziale incarnata da Renzi».

Cosa pensa, a proposito, del gruppo euroscettico appena nato nel Parlamento europeo?

«La coalizione degli euroscettici rappresenta l’alternativa ideologica a questa onnipotenza mondialista. Non è un fenomeno marginale, ma centrale per la politica europea».

 

Aleksandr Dugin, il filosofo antiliberale di Putin che flirta con la Lega

Può il mondo uniformarsi ad un unico modello politico, culturale ed antropologico? Possono gli Stati Uniti attribuirsi una funzione egemonica da un punto di vista geostrategico a scapito del BRICS, le nuove nazioni emergenti? È questa, in sintesi, la domanda posta lunedì 22 giugno allo Spazio Melampo di Milano durante il convegno patrocinato dall’Associazione culturale Lombardia-Russia – legato alla Lega Nord – e dal Circolo Prudhon, associazione culturale “non conformista” – di destra – che presentava il saggio autoprodotto “La rinascita di un Impero – La Russia di Vladimir Putin”, con la prefazione di Alain de Benoist, teorico della Nouvelle droite (‘Nuova destra’) e dell’Europa federale antiamericana, molto apprezzato dagli ambienti più conservatori del Carroccio e del populismo europeo. La locandina sul sito dell’evento riportava fra gli ospiti d’onore «un intellettuale russo di rilievo internazionale». Si tratta di Aleksandr Dugin, il teorico del neoeurasiatismo vicino a Vladimir Putin, traduttore in russo di Julius Evola.

Russia, parla Dugin, il guru di Putin: "Isis strumento degli Usa, stiamo andando verso il disastro".

In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo? 

Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare dei mesi o degli anni cosa succederà. È importante perché io sono il primo uomo che è stato sanzionato dagli americani per le sue idee: per i miei pensieri, per le mie dichiarazioni. Io non faccio parte di nessun gruppo terroristico, sono un intellettuale. Questo è emblematico. La democrazia liberale arriva in un momento di contraddizione: nel nome della libertà di espressione si sanzionano le personalità che esprimono opinioni diverse dal Pensiero unico. L'Occidente condanna i totalitarismi, eccetto il terzo totalitarismo, che è quello liberale che censura nel nome della libertà di pensiero e di espressione. La nostra è una realtà orwelliana, o peggio, viviamo nel "migliore dei mondi" di Huxley: il nostro è un totalitarismo soft».  

Alberto Micalizzi intervista il Prof. Alexandr Dugin

In una giornata di visita in Italia per lui indaffaratissima ho trascorso quasi tre ore a pranzo con Alexandr Dugin, politologo e filosofo considerato il guru di Vladimir Putin, toccando numerosi temi politici ed economici e definendo una base di lavoro sulla quale inizieremo ad interagire da subito.
Dugin non è un economista, ma è anche un esperto di economia. Ho deciso quindi di “sfidarlo” sul terreno concreto dei problemi del lavoro, della crescita economica, della cooperazione tra le aziende e sul ruolo della moneta e della finanza. Questo il risultato.

Libri. “The Fourth Political Theory” di Dugin: orizzonti alternativi al Pensiero Unico

Per Dugin la postmodernità conduce al parossismo le tendenze peculiari della modernità in una disgregazione totale del senso e in una piena destrutturazione del reale, su cui il liberalismo moderno ancora poteva fondarsi. La lezione di Baudrillard, Debord, Deleuze e Guattari è ben nota a Dugin, che affronta il pensiero postmoderno con un atteggiamento per certi versi simile a quello tenuto nei confronti della modernità dai nichilisti attivi e dagli esponenti della Rivoluzione Conservatrice. É la medesima prospettiva assunta da Heidegger quando afferma la necessità di una accelerazione del nichilismo: se davvero si intende superare l’avvento della signoria del Nulla è del tutto inutile produrre nuovi idoli o attestarsi su posizioni meramente conservatrici, giacché solo mediante il compimento destinale del nichilismo si potranno aprire squarci salvifici nel panorama a tinte fosche che si profila all’orizzonte. Così per Dugin la postmodernità è inserita inevitabilmente in un ciclo storico dalla metamorfosi necessaria e inevitabile. La decadenza connessa alla contemporaneità è sintomo della conclusione di un ciclo e pone l’uomo di fronte a un bivio: uniformarsi alle tendenze disgregatrici o, viceversa, cavalcarle e sfruttare l’energia in esse latente. Così Dugin dimostra un’accurata conoscenza del pensiero postmoderno e si serve persino di alcune intuizioni sorte in tale fermento culturale al fine di disintegrare completamente le certezze della modernità liberale e condurre l’uomo alla soglia del caos, di quel precategoriale originario che è fonte perenne della totalità manifesta e precede, secondo Dugin, la visione cristallizzata dell’Essere propria della metafisica logocentrica occidentale. Il caos “include in se stesso tutto ciò che è, ma allo stesso tempo tutto ciò che non è. Quindi il caos che include tutto include anche ciò che non è inclusivo (…) quindi il caos non percepisce il logos come Altro, bensì come se stesso” (p. 209). É da questa metafisica del caos che potrà risorgere il logos, che “richiede un salvatore, non può salvarsi da sé. Necessita di qualcosa di opposto a se stesso per essere ripristinato nella situazione critica della postmodernità” (p. 210). Dugin tenta così di innestare nell’arido e spoglio suolo d’Europa un seme rinnovatore, partorito dalla Tradizione in una delle sue forme metamorfiche. Consapevoli che la profezia non è scienza, bensì dono di pochi, non resta che attendere vigili la morte della fenice della nostra Zivilisation in un’attesa accorta e nella costruzione responsabile della sua rinascita come Kultur.

Aleksandr Dugin a Milano: La sfida eurasiatica della Russia

Il professor Dugin ha quindi iniziato la sua dissertazione partendo dalla spiegazione del concetto di Eurasia non tanto nella sua dimensione geopolitica o geografica ma soprattutto nella sua dimensione filosofica: “Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica incentrata su: individualismo, mondialismo, diritti umani..”. Questa è la sfida eurasiatica: riproporre il “vecchio mondo” in contrasto al “nuovo mondo”, contrapporre ad una modernità assolutizzata e senza radici una modernità con le sue radici, come quella del “vecchio mondo” russo e europeo.

Dugin ha inoltre specificato che: “L’Occidente non è Europa, l’Occidente è il concetto dell’individualismo che ha trovato la sua manifestazione più completa nella società americana. L’Europa colonizzata culturalmente, geopoliticamente, strategicamente dagli Stati Uniti ha perso la sua identità e le sue radici. L’Europa non è più Europa, l’Europa post-moderna è anti-Europa”. L’Eurasia rappresenta quindi l’idea opposta a quella dell’individualismo e del liberalismo americano occidentale. 

Punto focale di questa prospettiva sono le tradizioni, le radici della civiltà. La tradizione è un qualcosa di vivente, non è una realtà data e fissata per sempre, le radici possono crescere come una forma di vita. La vita delle tradizioni rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

Igor Strelkov, il nome del Mito russo

Dobbiamo capire che il ruolo di Igor Strelkov è fondamentale. Questo è un modello di idealista russo, conservatore, un vero patriota che ha distrutto l’abisso tra i principi e le azioni; questo abisso è il flagello paralizzante del nostro patriottismo. Quando i russi realizzano nel profondo che i loro valori vengono ridicolizzati, i loro interessi venduti, o che il loro governo è posto sotto il controllo non del migliore, ma del più ignobile, ebbene, loro cosa fanno? Si struggono, belano, incolpano le élites intellettuali (un esempio, Augustin Cochin), o bevono, naturalmente, e formano piccoli movimenti che il Sistema velocemente toglie di mezzo. I più appassionati si lanciano in lotte, aggressioni, accompagnate da un’insensata violenza e sacrificio. Alcuni vengono corrotti per scopi tecnici dell’opposizione, altri sono controllati dalla polizia e dai servizi segreti. Un circolo vizioso. Nessuno riesce a focalizzare l’attenzione sul vero nemico, nessuno specifica i propri propositi, nessuno va fino in fondo alla faccenda, fermamente e a testa alta. Dopotutto, sono ragazzi giovani a sacrificarsi, nazionalisti russi, nazional-bolscevichi, o “Partigiani dell’Estremo Oriente”, che muoiono negli scontri o finiscono in prigione in modo insensato. Cose che non coinvolgono nessuno. I russi continuano i loro sogni di tutti i giorni. Altri sprecano decenni su questioni senza senso per farsi notare. Una visione patetica.

La battaglia per lo Stato. Il risveglio russo

La Novorussia e il suo drammatico destino, espresso in particolare nelle storie di Strelkov, Gubarev, Mozgovoi e altri, che il nostro Narod, i russi, osservano col fiato sospeso, è una delle vie che Putin (la Russia) ha scelto. L’altra via ci porta invece nella direzione del compromesso, degli evidenti traditori, provocatori, tessitori di intrighi, liberali e occidentalizzati (nascosti o dichiarati), che usano la duplicità russa per i loro fini. Sono loro la sesta colonna, che, nella sua essenza, non è diversa dalla quinta. La popolazione obbedisce sempre ai vertici delle amministrazioni. Dopo tutto, essere licenziati, assunti, ricevere bonus e punizioni – in altre parole, sopravvivere – dipende da questo. Il Narod vuole uno Zar come incarnazione della sua più grande volontà attraverso la storia, come una figura sacra, come quella che unisce la Terra e il Cielo, che illumina e dà spiritualità al Narod stesso. Non vede vertici amministrativi. Vede un sovrano. Per il Narod, la Russia è lo Stato del Narod russo e di coloro che vi legano il proprio destino.

LA SFIDA EURASIATICA DELLA RUSSIA

Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È un concetto organico che si sviluppa su vari livelli. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica: individualismo, mundialismo, diritti umani... È un concetto che ripropone il vecchio mondo in contrapposizione al “nuovo mondo” gli Stati Uniti: una modernità assolutizzata, senza radici, alla quale si vuole contrapporre una modernità con radici quella del “vecchio mondo” europeo, russo. Punto focale del concetto sono le tradizioni, le radici della civiltà.

La tradizione può essere modernizzata , la tradizione è come una forma di vita, non è una realtà data e fissata per sempre. Le radici crescono come una forma di vita. La vita delle tradizioni, o in altre parole, l’evoluzione delle proprie radici rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

La vita è pluralistica ricca di forme diverse, non è lineare unipolare ma sempre multipolare, questa idea espressa dal concetto di Eurasia si contrappone all’idea di una civilizzazione unipolare, lineare, universale, occidentale, moderna e post-moderna rappresentata dagli Usa con i suoi valori imposti a tutti: diritti umani, mercato, individualismo...

Capire Putin, capire la Russia

Capire Putin equivale a capire l’Altro. La Russia è l’Altro. Noi abbiamo altri valori, un’altra storia, altre idee, un’altra morale, un’altra antropologia, un’altra gnoseologia rispetto all’Occidente liberale. Se l’Occidente identifica i propri valori con quelli universali diviene impossibile capire Putin. Altrimenti si può solo criticarlo e disprezzarlo per tutto quello che fa. Perché lui è l’Altro (rispetto all’occidente moderno), pensa diversamente e agisce diversamente. O lei accetta il diritto ad essere Altro (in questo caso lei ha posto la sua domanda seriamente, e la risposta richiede una profonda conoscenza della storia e della cultura russe), o è giusto una domanda simbolica che dimostra l’assenza di volontà di garantire all’Altro la possibilità di affermare positivamente la sua alterità. In questo caso lei è obbligato a odiare l’Altro. Noi siamo pronti al dialogo basato sulla mutua comprensione di ogni Altro. Ma siamo pronti anche all’odio da parte dell’Occidente. Conosciamo i modi eurocentrici, culturalmente razzisti, universalisti e imperialisti dell’Occidente nei confronti dell’Altro. Quindi è meglio davvero cercare di capirci. Cercate di leggere attentamente i nostri classici… Tentate di comprendere il significato della nostra filosofia cristiano-ortodossa, della nostra teologia, dei nostri autori mistici, delle nostre stelle e dei nostri santi, dei nostri poeti e dei nostri scrittori (Dostoevskij, Pushkin, Gogol). E certamente troverete facilmente la via per capire Putin, capire la Russia, capire tutti noi.

La guerra alla Russia nella sua dimensione ideologica

La guerra contro la Russia è per ora la questione più discussa in Occidente.
E’ ancora una suggestione e una possibilità. Può trasformarsi in realtà a seconda delle decisioni adottate da tutte le parti coinvolte nel conflitto ucraino – Mosca, Washington, Kiev, Bruxelles.
Non voglio discutere qui di tutti gli aspetti e della storia di questo conflitto. Propongo invece l’analisi delle sue radici ideologiche profonde. La mia visione degli eventi principali si basa sulla Quarta Teoria Politica,  i cui principi ho descritto nel mio libro pubblicato con lo stesso nome, apparso in inglese per la casa editrice Arktos qualche anno fa.
Quindi non ho intenzione di studiare la guerra dell’Occidente con la Russia valutando i suoi rischi, i pericoli, i problemi, i costi e le conseguenze, ma di concentrarmi sul suo significato ideologico su scala globale.  Sto pensando al senso di questa guerra e non della guerra stessa (reale o virtuale).

Manifesto di Millennium

Il nuovo millennio che albeggia sull’orizzonte della Storia ci propone un sostanziale rivolgimento paradigmatico, un rovesciamento delle categorie di pensiero che, in un’epoca di estrema confusione politico-ideologica quale la nostra, impone un ripensamento delle stesse. Alla soglia di una nuova epoca, un nuovo disordine globale si impone: gli uomini devono confrontarsi con l’avvicinamento di più universi culturali, spinti fin verso la collisione ed il reciproco annientamento da una nuova prospettiva mondiale. L’economia, pensata secondo i canoni borghesi, dimostra tutta la propria finitezza, proiettando il futuro umano verso l’apice dello sfruttamento e dell’alienazione. I Popoli, depauperati da ogni sovranità e potere decisionale, rendono ogni autorità alle minoranze che dirigono gli affari mondiali secondo il proprio interesse. Culture e religioni muoiono esangui sugli altari dei simulacri postmoderni. La nuova legge è il Caos.

The Fourth Political Theory” di Dugin: orizzonti alternativi al Pensiero Unico

I “compagni di viaggio” di Dugin sono numerosi: Heidegger, Evola, Guénon, Niekisch, Spengler, Schmitt, Leo Strauss, de Benoist, Husserl, Bateson sono solo alcuni dei numerosi intellettuali citati dal filosofo russo e impiegati nella demolizione dei dogmi fondativi della modernità. La critica al liberalismo non riserva tuttavia al lettore smaliziato intuizioni sorprendenti: Dugin si limita a rielaborare sinteticamente, e talvolta con un certo riduzionismo, delle riflessioni maturate all’interno della cosidetta “letteratura della crisi” e presso gli aderenti alla Rivoluzione Conservatrice. La sintonia con il più volte citato de Benoist è in quest’ambito quasi totale: con il filosofo francese condivide la volontà di oltrepassare l’ormai sterile dicotomia Destra/Sinistra e sostiene parallelamente un’istanza di superamento critico dei modelli politici novecenteschi di comunismo e fascismo, divenuti utili al Sistema stesso in quanto miti incapacitanti e capri espiatori esecaribili alla luce della moderna religione dei diritti umani.

L’alleanza strategica tra la Russia e l’Iran

Direttiva geopolitica. Se osserviamo la struttura degli interessi strategici della Russia e dell’Iran su tutta la zona delle nostre frontiere comuni, vediamo con chiarezza il seguente quadro: gli interessi russo-iraniani quasi sempre e dappertutto sono gli stessi. In Afghanistan, Asia centrale, nella regione del Caspio, nel Caucaso meridionale – abbiamo rigorosamente gli stessi obiettivi: per prevenire la crescita di influenza della NATO (USA e Europa occidentale), vincolare la possibile espansione della potenza cinese, fermare il radicalismo salafita e wahabita, incentrato sull’Arabia Saudita, sul Qatar e certi ambienti in Pakistan. Sia la Russia che l’Iran supportano l’Armenia, ma la Russia e l’Iran sono interessati anche al riavvicinamento con l’Azerbaigian. Sia la Russia che l’Iran beneficerebbero della caduta della marionetta USA Saakashvili in Georgia e l’avvento di una politica più razionale ed equilibrata. Sia la Russia che l’Iran accoglierebbero il riorientamento della Turchia in chiave geopolitica eurasiatica. E anche in Medio Oriente, dove la Russia agisce indirettamente, e l’Iran, al contrario, ha un interesse vitale, oggi siamo pienamente d’accordo sulla questione della Siria, e questo significa che condividiamo la posizione (critica) verso la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar e Israele. Allo stesso tempo, con l’alleanza con l’Iran, la Russia sarà in grado di realizzare il vecchio sogno della sua geopolitica: l’accesso ai mari caldi. Oggi esiste la possibilità per una svolta storica in questo senso.

Il saggio consigliere di Putin

Difficilmente le idee vanno verso ovest. Normalmente sono le idee Occidentali a diffondersi ad Est, non il contrario. La Russia, l’erede di Bisanzio, è l’”Est”, fra altri grandi “Est” quali Dar ul-Islam, Cina, India; tra questi, la Russia è la più vicina all’Ovest ma le differenze sono molte. Questa è probabilmente la ragione per cui Dugin, importante intellettuale contemporaneo russo, solo ora prova a fare un passo verso la consapevolezza occidentale.

Alexander Dugin, giovane, elegante, sottile e ordinato, il professore con la barba dell’Università di Mosca, è un idolo nella sua patria; le sue conferenze sono affollate; i suoi numerosi libri parlano dei più svariati argomenti che vanno dalla cultura pop alla metafisica, dalla filosofia alla teologia, dagli affari esteri alla politica interna.

Parla molte lingue, è un lettore vorace e ha reso popolari in Russia molti filosofi occidentali meno noti. È pronto a sondare le acque ancor più profonde del pensiero mistico ed eterodosso con coraggio sconcertante. E’ un personaggio controverso; adorato ed odiato allo stesso tempo, ma mai noioso.

La fortuna di Heidegger in Oriente

Nel 1977 Hans Georg Gadamer notava come Was ist Metaphysik?, la prolusione tenuta da Heidegger a Friburgo in Brisgovia nel 1929, avesse avuto una vasta risonanza fuori dalla Germania e come il pensiero heideggeriano fosse rapidamente penetrato in aree culturali ascrivibili all’Oriente. “È assai rivelativo – scriveva Gadamer – che siano state tanto immediate le traduzioni in giapponese e persino in turco, in lingue cioè che non rientrano nell’area linguistica dell’Europa cristiana. Sembra pertanto che il tentativo heideggeriano di pensare oltre la metafisica abbia riscontrato una precipua disponibilità alla sua ricezione proprio dove la metafisica greco-cristiana non orientava tutto il pensiero come suo sfondo naturale”.

Tre anni più tardi un ex allievo persiano di Heidegger, Ahmed Fardid (1909-1994), diventava l’elemento di spicco di un organismo fondato dall’Imam Khomeyni, il Consiglio Supremo per la Rivoluzione Culturale Islamica, e costituiva il punto di riferimento di un gruppo di intellettuali che si richiamava esplicitamente al pensiero heideggeriano e si contrapponeva al gruppo dei “popperiani”.

La Rivoluzione Conservatrice Russa

Gli autori che hanno studiato la Rivoluzione Conservatrice tedesca o la Rivoluzione Conservatrice tout court (Armin Mohler, Alain de Benoist, Luc Pauwels, Robert Steuckers, ecc.) hanno sempre sottolineato il ruolo della Russia nel processo del divenire del pensiero conservatore-rivoluzionario (RC) e persino all’origine dell’uso del termine stesso – Juri Samarin, “Revolutsionnij conservatism”. Non è possibile inoltre dubitare della Ost-orientierung  e di una certa russofilia, quasi obbligatoria, di questa corrente intellettuale, dai giovani-conservatori ai nazional-bolscevichi tedeschi, passando per i geopolitici della scuola di Haushofer. In questo senso, le celebri idee radicali di Jean Thiriart su “l’impero euro-sovietico da Vladivostok a Dublino” e i famosi aforismi di Alain de Benoist sulla preferenza per gli elmetti dell’Armata Rossa rispetto ai “berretti verdi” americani, restano nel tradizionale quadro della logica RC più stretta. Ma in questo campo è ancora da venire uno studio serio e sufficientemente documentato per apprezzare tutto il valore intellettuale e geopolitico del pensiero RC degli autori russi stessi. Si tratta di un compito estremamente difficile, in assenza di traduzioni degli scritti dei rappresentanti del pensiero RC russo nelle lingue europee. D’altro canto, questa corrente resta pressoché completamente ignorata nella stessa Russia: i comunisti di ieri consideravano ufficialmente questo movimento come “piccolo-borghese” e “nazionalista”, e i democratici di oggi ritengono trattarsi di “sciovinisti”, patrioti e anti-semiti, se non di “nazisti”. Malgrado tutto, l’interesse per gli autori russi della tendenza RC diviene sempre maggiore in Russia, ed è auspicabile che le loro opere e le loro idee vengano riscoperte e rimeditate dall’intellighenzia russa, che incomincia a ridestarsi da un lungo sonno ideologico. E’ già possibile notare che il processo intellettuale di riscoperta dell’eredità nazionale nello stesso campo cuturale presenta oggi in Russia molteplici tratti conservatori-rivoluzionari, sebbene sovente ciò  si produca in modo spontaneo, inconsapevole, naturale. Si può persino osare affermare che la Russia stessa, nella sua essenza, è per natura conservatrice-rivoluzionaria, apertamente o segretamente a seconda delle circostanze esteriori.

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