Russia, parla Dugin, il guru di Putin: "Isis strumento degli Usa, stiamo andando verso il disastro".

In questo momento storico si parla molto di sanzioni alla Russia. Lei le vive sulla sua pelle perché ha delle difficoltà a viaggiare nei Paesi alleati degli Stati Uniti. Per quale motivo? 

Le sanzioni contro di me sono in vigore negli Stati Uniti ma non ancora in Europa. Vedremo col passare dei mesi o degli anni cosa succederà. È importante perché io sono il primo uomo che è stato sanzionato dagli americani per le sue idee: per i miei pensieri, per le mie dichiarazioni. Io non faccio parte di nessun gruppo terroristico, sono un intellettuale. Questo è emblematico. La democrazia liberale arriva in un momento di contraddizione: nel nome della libertà di espressione si sanzionano le personalità che esprimono opinioni diverse dal Pensiero unico. L'Occidente condanna i totalitarismi, eccetto il terzo totalitarismo, che è quello liberale che censura nel nome della libertà di pensiero e di espressione. La nostra è una realtà orwelliana, o peggio, viviamo nel "migliore dei mondi" di Huxley: il nostro è un totalitarismo soft».  

Alberto Micalizzi intervista il Prof. Alexandr Dugin

In una giornata di visita in Italia per lui indaffaratissima ho trascorso quasi tre ore a pranzo con Alexandr Dugin, politologo e filosofo considerato il guru di Vladimir Putin, toccando numerosi temi politici ed economici e definendo una base di lavoro sulla quale inizieremo ad interagire da subito.
Dugin non è un economista, ma è anche un esperto di economia. Ho deciso quindi di “sfidarlo” sul terreno concreto dei problemi del lavoro, della crescita economica, della cooperazione tra le aziende e sul ruolo della moneta e della finanza. Questo il risultato.

L'UCRAINA TRA RADICI RUSSE E INFLUSSI POLACCO-OCCIDENTALI

 I futuri ucraini e bielorussi sarebbero invece perlopiù divenuti servi della gleba della nobiltà polacca. Questi popoli contadini non svilupparono una cultura scritta di alto livello sino all'Ottocento. Una volta reintegrati i territori ucraini nella compagine statale russa, l'identità originaria venne ripristinata. Questa, perlomeno, la visione russa, talvolta in contrasto con una percezione nazionalista ucraina. Quest'ultima identità è tuttavia molto recente – si sviluppa nel corso dell'Ottocento – e risponde ad esigenze di decentramento locale e pluralismo che, dopo alcune indubbiamente gravi repressioni, vennero riconosciute dall'URSS, in nome di una ideologia federalista. La struttura statale dell'Ucraina sorge così solo nel 1922, quale Repubblica socialista. Essa non comprendeva la Crimea, che rimase parte della Russia fino al 1954, con la donazione simbolica da parte di Chruščëv. 

L'Ucraina aveva inoltre paradossalmente una maggioranza linguistica russa.Anche la questione etnica è complessa. Aldo Ferarri ha rilevato come non sia semplice operare distinzioni all'interno dei tre gruppi che costituiscono gli slavi orientali, così simili sotto un profilo genetico, linguistico – l'ucraino e il russo sono simili, molti ucraini parlano addirittura meglio russo ed è anche sorto un dialetto che mischia le due lingue – e religioso – ucraini e russi sono entrambi ortodossi (anche se nell'occidente dell'Ucraina è presenta la Chiesa uniate, ovvero una Chiesa dell'Oriente europeo tornata in comunione con la Santa Sede). Numerosissimi, poi, i matrimoni misti, che rendono la distinzione fra russi e ucraini non più semplice di quella fra emiliani e romagnoli – secondo un paragone dello stesso Ferrari.

Libri. “The Fourth Political Theory” di Dugin: orizzonti alternativi al Pensiero Unico

Per Dugin la postmodernità conduce al parossismo le tendenze peculiari della modernità in una disgregazione totale del senso e in una piena destrutturazione del reale, su cui il liberalismo moderno ancora poteva fondarsi. La lezione di Baudrillard, Debord, Deleuze e Guattari è ben nota a Dugin, che affronta il pensiero postmoderno con un atteggiamento per certi versi simile a quello tenuto nei confronti della modernità dai nichilisti attivi e dagli esponenti della Rivoluzione Conservatrice. É la medesima prospettiva assunta da Heidegger quando afferma la necessità di una accelerazione del nichilismo: se davvero si intende superare l’avvento della signoria del Nulla è del tutto inutile produrre nuovi idoli o attestarsi su posizioni meramente conservatrici, giacché solo mediante il compimento destinale del nichilismo si potranno aprire squarci salvifici nel panorama a tinte fosche che si profila all’orizzonte. Così per Dugin la postmodernità è inserita inevitabilmente in un ciclo storico dalla metamorfosi necessaria e inevitabile. La decadenza connessa alla contemporaneità è sintomo della conclusione di un ciclo e pone l’uomo di fronte a un bivio: uniformarsi alle tendenze disgregatrici o, viceversa, cavalcarle e sfruttare l’energia in esse latente. Così Dugin dimostra un’accurata conoscenza del pensiero postmoderno e si serve persino di alcune intuizioni sorte in tale fermento culturale al fine di disintegrare completamente le certezze della modernità liberale e condurre l’uomo alla soglia del caos, di quel precategoriale originario che è fonte perenne della totalità manifesta e precede, secondo Dugin, la visione cristallizzata dell’Essere propria della metafisica logocentrica occidentale. Il caos “include in se stesso tutto ciò che è, ma allo stesso tempo tutto ciò che non è. Quindi il caos che include tutto include anche ciò che non è inclusivo (…) quindi il caos non percepisce il logos come Altro, bensì come se stesso” (p. 209). É da questa metafisica del caos che potrà risorgere il logos, che “richiede un salvatore, non può salvarsi da sé. Necessita di qualcosa di opposto a se stesso per essere ripristinato nella situazione critica della postmodernità” (p. 210). Dugin tenta così di innestare nell’arido e spoglio suolo d’Europa un seme rinnovatore, partorito dalla Tradizione in una delle sue forme metamorfiche. Consapevoli che la profezia non è scienza, bensì dono di pochi, non resta che attendere vigili la morte della fenice della nostra Zivilisation in un’attesa accorta e nella costruzione responsabile della sua rinascita come Kultur.

RUSSIA E USA: CIVILTÀ DI TERRA E DI MARE A CONFRONTO

L'Europa ha commesso gravissimi errori. Se Di Rienzo ha sottolineato il ruolo di “grande assente” svolto dalla UE, Ferrari ha maggiormente messo in luce le scelte errate che quest'organo così diviso al suo interno è riuscito malauguratamente a commettere facendo infine fronte comune. Invece che affrontare seriamente le divisioni interne all'Ucraina, proponendo soluzioni di tipo diplomatico e individuando una possibile conciliazione, che tenesse conto, oltre alle legittime ragioni dei manifestanti, del retaggio identitario russo, delle scelte di politica interna dello stato sovrano ucraino e dei tradizionali legami economici, commerciali e strategici fra Russia e Ucraina, la UE ha abbracciato un lettura statica e manichea della crisi ucraina. Sotto gli slogan ispirati a democrazia, diritti umani ed autoderminazione dei popoli hanno agito interessi ben più materiali: da un lato la sudditanza all'aquila statunitense, dall'altro lato l'interesse verso un'annessione dell'Ucraina. I filooccidentali hanno così avuto pieno sostegno, semplicemente in quanto filoeuropei. Invece che proporsi come onesto mediatore, la UE si è schierata apertamente, assumendo un onere politico e militare enorme. La reazione russa, mostratasi nell'annessione della Crimea e nel sostegno ai separatisti del Donbass, non è stata che un'ovvia reazione volta alla tutela dei propri interessi nazionali.

 

Il migliore dei mondi possibili

La protesta di Maidan è stata la risposta a Janukovich quando ha scelto di non entrare immediatamente nell’Unione Europea e nella NATO, questa è stata la risposta del polo occidentale dell’Ucraina. Maidan ha rappresentato la forma del nazionalismo radicale russofobo ucraino; ucraino però della parte ucraina, della parte di Euromaidan. Dopo questo evento c’è stata la risposta dell’Est contro l’Ovest dell’Ucraina: l’unificazione della Crimea e la rivolta popolare del Donbass. Ma come spiegarlo! Questo era inevitabile! Quando questa guerra tra le due identità dei due popoli ucraini è cominciata, dopo la guerra, dopo il sangue versato, ormai non è più possibile pensare di restaurare lo stato ucraino. La tregua degli accordi di Minsk non può salvare la situazione. È tardi per questo. L’unica possibilità di salvare la situazione è di riconoscere il diritto dell’Est dell’Ucraina di uscire da questa costruzione, oggi creata solo dall’Ovest: dare la possibilità alle due identità ucraine, liberamente, senza pressioni esterne di scegliere il proprio destino.

L’aspetto più importante di tutta la questione è la decisione sul futuro del mondo. O il mondo sarà unipolare, o il mondo sarà multipolare. La Russia lotta non solo per i suoi interessi nazionali, o nazionalistici, o imperialistici, ma per la multipolarità, anche perché la stessa Europa, a sua volta, può diventare il polo particolare del mondo multipolare. Questo deve essere compreso, almeno dall’elite intellettuale europea. Grazie.   

Aleksandr Dugin a Milano: La sfida eurasiatica della Russia

Il professor Dugin ha quindi iniziato la sua dissertazione partendo dalla spiegazione del concetto di Eurasia non tanto nella sua dimensione geopolitica o geografica ma soprattutto nella sua dimensione filosofica: “Il concetto di Eurasia è oggettivo, possiede una sua realtà interiore. È una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica incentrata su: individualismo, mondialismo, diritti umani..”. Questa è la sfida eurasiatica: riproporre il “vecchio mondo” in contrasto al “nuovo mondo”, contrapporre ad una modernità assolutizzata e senza radici una modernità con le sue radici, come quella del “vecchio mondo” russo e europeo.

Dugin ha inoltre specificato che: “L’Occidente non è Europa, l’Occidente è il concetto dell’individualismo che ha trovato la sua manifestazione più completa nella società americana. L’Europa colonizzata culturalmente, geopoliticamente, strategicamente dagli Stati Uniti ha perso la sua identità e le sue radici. L’Europa non è più Europa, l’Europa post-moderna è anti-Europa”. L’Eurasia rappresenta quindi l’idea opposta a quella dell’individualismo e del liberalismo americano occidentale. 

Punto focale di questa prospettiva sono le tradizioni, le radici della civiltà. La tradizione è un qualcosa di vivente, non è una realtà data e fissata per sempre, le radici possono crescere come una forma di vita. La vita delle tradizioni rappresenta la forma più alta del concetto di Eurasia.

Igor Strelkov, il nome del Mito russo

Dobbiamo capire che il ruolo di Igor Strelkov è fondamentale. Questo è un modello di idealista russo, conservatore, un vero patriota che ha distrutto l’abisso tra i principi e le azioni; questo abisso è il flagello paralizzante del nostro patriottismo. Quando i russi realizzano nel profondo che i loro valori vengono ridicolizzati, i loro interessi venduti, o che il loro governo è posto sotto il controllo non del migliore, ma del più ignobile, ebbene, loro cosa fanno? Si struggono, belano, incolpano le élites intellettuali (un esempio, Augustin Cochin), o bevono, naturalmente, e formano piccoli movimenti che il Sistema velocemente toglie di mezzo. I più appassionati si lanciano in lotte, aggressioni, accompagnate da un’insensata violenza e sacrificio. Alcuni vengono corrotti per scopi tecnici dell’opposizione, altri sono controllati dalla polizia e dai servizi segreti. Un circolo vizioso. Nessuno riesce a focalizzare l’attenzione sul vero nemico, nessuno specifica i propri propositi, nessuno va fino in fondo alla faccenda, fermamente e a testa alta. Dopotutto, sono ragazzi giovani a sacrificarsi, nazionalisti russi, nazional-bolscevichi, o “Partigiani dell’Estremo Oriente”, che muoiono negli scontri o finiscono in prigione in modo insensato. Cose che non coinvolgono nessuno. I russi continuano i loro sogni di tutti i giorni. Altri sprecano decenni su questioni senza senso per farsi notare. Una visione patetica.

La battaglia per lo Stato. Il risveglio russo

La Novorussia e il suo drammatico destino, espresso in particolare nelle storie di Strelkov, Gubarev, Mozgovoi e altri, che il nostro Narod, i russi, osservano col fiato sospeso, è una delle vie che Putin (la Russia) ha scelto. L’altra via ci porta invece nella direzione del compromesso, degli evidenti traditori, provocatori, tessitori di intrighi, liberali e occidentalizzati (nascosti o dichiarati), che usano la duplicità russa per i loro fini. Sono loro la sesta colonna, che, nella sua essenza, non è diversa dalla quinta. La popolazione obbedisce sempre ai vertici delle amministrazioni. Dopo tutto, essere licenziati, assunti, ricevere bonus e punizioni – in altre parole, sopravvivere – dipende da questo. Il Narod vuole uno Zar come incarnazione della sua più grande volontà attraverso la storia, come una figura sacra, come quella che unisce la Terra e il Cielo, che illumina e dà spiritualità al Narod stesso. Non vede vertici amministrativi. Vede un sovrano. Per il Narod, la Russia è lo Stato del Narod russo e di coloro che vi legano il proprio destino.

La sfida eurasiatica della Russia

In questi tempi assistiamo ad una contrapposizione tra l’Eurasia e l’Occidente, non tra Eurasia e Europa (se si esclude quella americanizzata o post-moderna), in quanto secondo Dughin: “L’Occidente non è Europa, l’Occidente è il concetto dell’individualismo assoluto che ha trovato la sua manifestazione più completa nella società americana. L’Europa colonizzata culturalmente, geopoliticamente, strategicamente dagli Stati Uniti, ha perso la sua identità le sue radici”. L’Eurasia si presenta oggi, quindi, come una proposta di civilizzazione alternativa a quella occidentale contemporanea americano-centrica. È un concetto che ripropone il “vecchio mondo” in contrapposizione al “nuovo mondo”, ad una modernità assolutizzata e senza radici si contrappone una modernità con le sue radici, quella del vecchio mondo russo e europeo.

Intervista ad Aleksander Dugin

“Dopo la presa di Slaviansk da parte degli ucraini, la guerra tra Russia e Ucraina è inevitabile. E Vladimir Putin si trova nella fase più critica di tutta la sua storia politica. A seconda di come agirà, ne andrà di mezzo il suo futuro e soprattutto il futuro della Russia e, lasciatemelo ribadire, anche di voi europei”.

Parla in maniera pacata e riflessiva, Aleksandr Dugin, ma le sue parole sono pietre. Anzi, proiettili. Il professore dell’Università di Mosca, politologo e scrittore molto influente nei circoli culturali vicini al potere russo, ha trascorso qualche giorno tra Milano e il Trentino, ospite di due convegni organizzati dall’Associazione culturale Lombardia Russia e dal think tank “Il Nodo di Gordio” e all’alba di sabato scorso è stato svegliato da una telefonata proveniente da suoi amici di Donetsk.“Slaviansk è caduta, si tratta di una notizia terribile, una vera catastrofe, soprattutto dal punto di vista simbolico e psicologico”, ci ha detto, mentre la luce del sole alpino illuminava la sala del convegno.

«Ucraina, la guerra è inevitabile»

Perché lei è convinto che l'attuale ordine mondiale (o disordine, se preferisce) è destinato a finire? «Perché la geopolitica è una scienza esatta. Ciò che inizia, ha una fine. Siamo entrati nella fase terminale dell'attuale scenario e quello che verrà dopo sarà inevitabilmente uno scenario multipolare: non ci sarà solo più una superpotenza egemone o che vuole esserlo a tutti i costi, ma più potenze mondiali che avranno influenza su differenti aree geografiche del globo. Come ha detto anni fa il filosofo francese Alain De Benoist, io non credo alla fine del mondo, ma sono certo che siamo alla fine di "questo" mondo».

Capire Putin, capire la Russia

Capire Putin equivale a capire l’Altro. La Russia è l’Altro. Noi abbiamo altri valori, un’altra storia, altre idee, un’altra morale, un’altra antropologia, un’altra gnoseologia rispetto all’Occidente liberale. Se l’Occidente identifica i propri valori con quelli universali diviene impossibile capire Putin. Altrimenti si può solo criticarlo e disprezzarlo per tutto quello che fa. Perché lui è l’Altro (rispetto all’occidente moderno), pensa diversamente e agisce diversamente. O lei accetta il diritto ad essere Altro (in questo caso lei ha posto la sua domanda seriamente, e la risposta richiede una profonda conoscenza della storia e della cultura russe), o è giusto una domanda simbolica che dimostra l’assenza di volontà di garantire all’Altro la possibilità di affermare positivamente la sua alterità. In questo caso lei è obbligato a odiare l’Altro. Noi siamo pronti al dialogo basato sulla mutua comprensione di ogni Altro. Ma siamo pronti anche all’odio da parte dell’Occidente. Conosciamo i modi eurocentrici, culturalmente razzisti, universalisti e imperialisti dell’Occidente nei confronti dell’Altro. Quindi è meglio davvero cercare di capirci. Cercate di leggere attentamente i nostri classici… Tentate di comprendere il significato della nostra filosofia cristiano-ortodossa, della nostra teologia, dei nostri autori mistici, delle nostre stelle e dei nostri santi, dei nostri poeti e dei nostri scrittori (Dostoevskij, Pushkin, Gogol). E certamente troverete facilmente la via per capire Putin, capire la Russia, capire tutti noi.

La guerra alla Russia nella sua dimensione ideologica

La guerra contro la Russia è per ora la questione più discussa in Occidente.
E’ ancora una suggestione e una possibilità. Può trasformarsi in realtà a seconda delle decisioni adottate da tutte le parti coinvolte nel conflitto ucraino – Mosca, Washington, Kiev, Bruxelles.
Non voglio discutere qui di tutti gli aspetti e della storia di questo conflitto. Propongo invece l’analisi delle sue radici ideologiche profonde. La mia visione degli eventi principali si basa sulla Quarta Teoria Politica,  i cui principi ho descritto nel mio libro pubblicato con lo stesso nome, apparso in inglese per la casa editrice Arktos qualche anno fa.
Quindi non ho intenzione di studiare la guerra dell’Occidente con la Russia valutando i suoi rischi, i pericoli, i problemi, i costi e le conseguenze, ma di concentrarmi sul suo significato ideologico su scala globale.  Sto pensando al senso di questa guerra e non della guerra stessa (reale o virtuale).

Uniti dall’odio

Prof. Dugin, i media mainstream e le dirigenze politiche occidentali descrivono la recente situazione in Ucraina come un conflitto tra l’alleanza dell’opposizione democratica e liberale pro-europea e un regime autoritario con un dittatore come presidente. È d’accordo?
Dugin: Conosco tale storia e ritengo che questo tipo di analisi sia totalmente sbagliato. Non possiamo dividere il mondo di oggi come nella Guerra Fredda. Non c’è un “mondo democratico” che si erge contro un “mondo antidemocratico”, come molti media occidentali riportano.

Cosa farà la Russia?

 È iniziata con la seconda guerra in Cecenia (1999-2009). La Russia era sotto la pressione di attacchi da parte dei terroristi Ceceni e del possibile separatismo nel Caucaso settentrionale. Putin dovette capire che tutto l’occidente, gli Stati Uniti e l’Unione Europea appoggiarono i separatisti Ceceni e i terroristi islamisti che combattevano contro l’esercito Russo. Questo si sta ripetendo oggi in Siria e si è ripetuto ieri in Libia.  L’Occidente ha dato alle guerriglie Cecene supporto, e questo fu il momento della rivelazione del nuovo conflitto tra potere terrestre e potere marino. Con Putin, il potere terrestre si è riaffermato. Il secondo momento della rivelazione fu l’Agosto 2008, quando il regime filo-occidentale di Sakashwili attackò Zchinwali nell’Ossezia del Sud. La guerra tra la Russia e la Georgia fu il secondo momento di rivelazione.

Manifesto di Millennium

Il nuovo millennio che albeggia sull’orizzonte della Storia ci propone un sostanziale rivolgimento paradigmatico, un rovesciamento delle categorie di pensiero che, in un’epoca di estrema confusione politico-ideologica quale la nostra, impone un ripensamento delle stesse. Alla soglia di una nuova epoca, un nuovo disordine globale si impone: gli uomini devono confrontarsi con l’avvicinamento di più universi culturali, spinti fin verso la collisione ed il reciproco annientamento da una nuova prospettiva mondiale. L’economia, pensata secondo i canoni borghesi, dimostra tutta la propria finitezza, proiettando il futuro umano verso l’apice dello sfruttamento e dell’alienazione. I Popoli, depauperati da ogni sovranità e potere decisionale, rendono ogni autorità alle minoranze che dirigono gli affari mondiali secondo il proprio interesse. Culture e religioni muoiono esangui sugli altari dei simulacri postmoderni. La nuova legge è il Caos.

L’occupazione è occupazione

Non possiamo rispondere a questa importante domanda senza precisazioni storiche. Prima di tutto, la Germania ha perso la Seconda Guerra Mondiale. Nel maggio 1945 c’è stata la resa incondizionata delle forze armate tedesche. La risposta alla totale sconfitta della guerra è stata la completa occupazione da parte delle due potenze maggiori – gli Usa e l’Unione Sovietica. Washington e Mosca non erano solo le potenze maggiori alla fine della guerra; rappresentavano inoltre le due fazioni ideologiche del dopoguerra. Le provincie della Germania orientale, infine anesse dalla Polonia e dall’Unione Sovietica, e la Germania centrale erano occupate dall’esercito Sovietico; la Germania occidentale dall’esercito statunitense e dai suoi alleati, il Regno Unito e la Francia. La Germania era stata divisa dalle forze di occupazione. Nessuna zona della Germania era libera. Parlando francamente, un’occupazione è un’occupazione. Non ci sono dei gradi di occupazione. Con l’ideologia della Guerra Fredda presente su entrambi i lati della Germania occupata, il volto dell’occupazione cambiò. I tedeschi nella DDR furono educati all’idea che l’Unione Sovietica li avesse liberati dal Nazismo e che ora fossero “liberi”. L’occupazione sovietica era considerata nella scuole e nell’educazione come la garanzia della “libertà ed indipendenza”. Lo stesso fenomeno lo vediamo nella DRD, dove l’occupazione delle forze Anglo-Sassoni rieducò la popolazione. Lì ai tedeschi veniva insegnato che furono le potenze occidentali a liberali nel 1945 e che protessero la loro “libertà è democrazia” contro la “minaccia comunista” dall’Est. Ma né i tedeschi della DDR né quelli della DRD erano liberi e sovrani, erano invece ancora occupati.

The Fourth Political Theory” di Dugin: orizzonti alternativi al Pensiero Unico

I “compagni di viaggio” di Dugin sono numerosi: Heidegger, Evola, Guénon, Niekisch, Spengler, Schmitt, Leo Strauss, de Benoist, Husserl, Bateson sono solo alcuni dei numerosi intellettuali citati dal filosofo russo e impiegati nella demolizione dei dogmi fondativi della modernità. La critica al liberalismo non riserva tuttavia al lettore smaliziato intuizioni sorprendenti: Dugin si limita a rielaborare sinteticamente, e talvolta con un certo riduzionismo, delle riflessioni maturate all’interno della cosidetta “letteratura della crisi” e presso gli aderenti alla Rivoluzione Conservatrice. La sintonia con il più volte citato de Benoist è in quest’ambito quasi totale: con il filosofo francese condivide la volontà di oltrepassare l’ormai sterile dicotomia Destra/Sinistra e sostiene parallelamente un’istanza di superamento critico dei modelli politici novecenteschi di comunismo e fascismo, divenuti utili al Sistema stesso in quanto miti incapacitanti e capri espiatori esecaribili alla luce della moderna religione dei diritti umani.

L’alleanza strategica tra la Russia e l’Iran

Direttiva geopolitica. Se osserviamo la struttura degli interessi strategici della Russia e dell’Iran su tutta la zona delle nostre frontiere comuni, vediamo con chiarezza il seguente quadro: gli interessi russo-iraniani quasi sempre e dappertutto sono gli stessi. In Afghanistan, Asia centrale, nella regione del Caspio, nel Caucaso meridionale – abbiamo rigorosamente gli stessi obiettivi: per prevenire la crescita di influenza della NATO (USA e Europa occidentale), vincolare la possibile espansione della potenza cinese, fermare il radicalismo salafita e wahabita, incentrato sull’Arabia Saudita, sul Qatar e certi ambienti in Pakistan. Sia la Russia che l’Iran supportano l’Armenia, ma la Russia e l’Iran sono interessati anche al riavvicinamento con l’Azerbaigian. Sia la Russia che l’Iran beneficerebbero della caduta della marionetta USA Saakashvili in Georgia e l’avvento di una politica più razionale ed equilibrata. Sia la Russia che l’Iran accoglierebbero il riorientamento della Turchia in chiave geopolitica eurasiatica. E anche in Medio Oriente, dove la Russia agisce indirettamente, e l’Iran, al contrario, ha un interesse vitale, oggi siamo pienamente d’accordo sulla questione della Siria, e questo significa che condividiamo la posizione (critica) verso la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar e Israele. Allo stesso tempo, con l’alleanza con l’Iran, la Russia sarà in grado di realizzare il vecchio sogno della sua geopolitica: l’accesso ai mari caldi. Oggi esiste la possibilità per una svolta storica in questo senso.

L’EUROPA E LA RUSSIA

In primo luogo mi sia concesso di esprimere la mia gratitudine per l’invito a venire in questa università di fama mondiale. Ringrazio il professor Aleksandr Dugin per avermi dato il modo di manifestare davanti a Voi il mio pensiero. Credetemi, non esagero se affermo che questo è per me un momento di grande importanza.

Mi è stato chiesto di tenere un discorso sul rapporto fra la Russia e l’Europa. Ma quando esaminiamo il rapporto tra la Russia e l’Europa, non possiamo evitare di parlare anche degli Stati Uniti. È possibile capire l’Europa, la Russia e l’America nella loro relazione reciproca. Se volessi definirle molto brevemente e semplificando le cose, ma badando all’essenza, allora dovrei dire questo: mentre gli Stati Uniti sono una creatura deforme dell’Europa, mentre l’Unione Europea rappresenta il tradimento dell’Europa, oggi è la Russia a custodire l’Europa, a custodire modo di pensare europeo. Con tutti i problemi e tutte le contraddizioni possibili, in ogni caso oggi la Russia è Europa molto più di quanto non lo sia la cosiddetta Unione. Purtroppo non è stata la genuina mentalità europea a conquistare il mondo, ma una forma distorta di essa, l’americanismo, che sulla traccia di René Guénon possiamo definire il regno della quantità, ossia della massa e del denaro.

Il saggio consigliere di Putin

Difficilmente le idee vanno verso ovest. Normalmente sono le idee Occidentali a diffondersi ad Est, non il contrario. La Russia, l’erede di Bisanzio, è l’”Est”, fra altri grandi “Est” quali Dar ul-Islam, Cina, India; tra questi, la Russia è la più vicina all’Ovest ma le differenze sono molte. Questa è probabilmente la ragione per cui Dugin, importante intellettuale contemporaneo russo, solo ora prova a fare un passo verso la consapevolezza occidentale.

Alexander Dugin, giovane, elegante, sottile e ordinato, il professore con la barba dell’Università di Mosca, è un idolo nella sua patria; le sue conferenze sono affollate; i suoi numerosi libri parlano dei più svariati argomenti che vanno dalla cultura pop alla metafisica, dalla filosofia alla teologia, dagli affari esteri alla politica interna.

Parla molte lingue, è un lettore vorace e ha reso popolari in Russia molti filosofi occidentali meno noti. È pronto a sondare le acque ancor più profonde del pensiero mistico ed eterodosso con coraggio sconcertante. E’ un personaggio controverso; adorato ed odiato allo stesso tempo, ma mai noioso.

L'EUROPA FINO A VLADIVOSTOK

Non appena nella concezione della costruzione dello stato si introduce il "tandem" di concetti "Imperium-Dominium", simultaneamente perdono ogni senso ed utilità certe soluzioni sciagurate come il federalismo o, peggio ancora, il confederalismo.
Non posso trattenermi dal citare qui un autore americano, del quale ho conoscenza per un'unica sua citazione, ma molto pertinente:
"Ogni gruppo di persone, quale che sia il loro numero, per quanto simili siano l'una alle altre, e quale che sia la fermezza con cui professano un'opinione comune, alle fine si spezza in piccoli gruppi che sostengono diverse varianti di quell'opinione; in questi sottogruppi emergono sotto-sottogruppi e così via, fino al limite ultimo di questa divisione - quello del singolo individuo".
Queste parole sono attribuite ad  Adam Ostwald, autore di un testo dal titolo "La società umana".

Gli anarchici del XIX secolo e molti altri, fra cui Proudhon, perseverarono nell’errore madornale, consistente nel credere che conflitti e tensioni in seno ai GRANDI gruppi possano quasi sparire, trovando soluzione da sé nei PICCOLI gruppi.
E' questa l'armonia sociale del XIX secolo, l'armonia del piccolo gruppo, in opposizione all'orrore dell'insopportabile dominazione del grande gruppo.
Persino Lenin inventò una sciocchezza storica nell'ambito dell'assurda concezione del  sempre-benfacente-ed-armonioso-piccolo-gruppo", che lo costrinse poi a scrivere dell’estinzione dello stato, nonché a desiderarla e preannunciarla.

LE PREMESSE SPIRITUALI DELLA CULTURA EURASISTA

La definizione del lato spirituale della cultura Eurasista si imbatte in questa difficoltà, che lo «spirituale», in quanto prodotto dell’energia e della forza, si trova sempre in divenire e in movimento. Per cui il contenuto spirituale della cultura non può in alcun modo esprimersi con l’aiuto di sole definizioni statiche. Al contenuto di questa immancabilmente ineriscono mobilità e dinamismo. Il lato spirituale della cultura Eurasista non è mai pura «datità» [dannost'] – essa è sempre al tempo stesso eterna intenzione [zadannost’] , compito e fine. L’uomo Eurasiatico non soltanto esiste, ma si crea nel processo dello sviluppo culturale. Il processo della creatività culturale non è mai pacifico, indolore e lineare. La cultura patisce le stesse malattie di crescita dell’organismo fisico. Il momento negativo della storia, di cui parlò Hegel, sempre si dà a conoscere anche nello sviluppo culturale. Le sue reali manifestazioni sono le rivoluzioni ed i «balzi» culturali, inseparabili dalla storia delle società umane tanto quanto dalla storia del mondo fisico e animale. 

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